Fiumi crescenti di bla, bla, bla, dopo la bella epopea del mondiale femminile. Poi, lentamente, forse neanche tanto lentamente a dirla tutta, l'entusiasmo è iniziato a scemare, poi a spegnersi. Guarda caso proprio nel momento in cui le calciatrici della SerieA hanno iniziato a pretendere la cosa più ovvia che potessero pretendere. La fine delle discriminazioni, il salto reale nel professionismo e non considerare più il calcio femminile come affare di dilettanti. 
Alla prima occasione giusta il sistema ha punito. C'è chi parla di autogol delle calciatrici. Certo, è come quelle sciocchezze che alcuni dicono che per riconoscere un diritto devi prima preparare il campo al diritto. Di questo passo saremmo ancora ai tempi della schiavitù. Il comunicato delle calciatrici era di buon senso. O tutte in campo o nessuna. Il risultato? Nessuno scudetto assegnato, la Juventus prima in classifica, il secondo posto Champions assegnato, alla Fiorentina, beffato il Milan, mentre Orobica e Tavagnacco retrocesse.
Cioè non si assegna lo scudetto, ma si può retrocedere, quando ancora società come il Tavagnacco avevano le carte in regola per difendere la categoria. Finirà nelle aule del tribunale probabilmente questa situazione. Va detto che il delitto perfetto a livello etico, morale e sportivo è stato compiuto.
Il calcio femminile in Italia cresce e crescerà ancora, qualcuno probabilmente lo continua a considerare inferiore, vuole ancora le discriminazioni, perchè crede che il calcio sia roba per maschi.
Servirà una rivoluzione probabilmente per cambiare questo modo meschino di pensare. Arriverà e partirà proprio dalle donne nel calcio, saranno loro a cambiare il calcio, è solo questione di tempo.