Cari Lettori e cara Redazione di VxL, 
come sapete l’economia sportiva, un po’ anche per deformazione professionale, è una mia passione. Per chi ha già provato a leggere alcuni dei miei precedenti articoli, resistendo eroicamente al richiamo di Morfeo e del suo abbraccio sonnifero, avrà già avuto modo di trovarne qualche stralcio nei miei post. Nell’ultimo periodo, ho maturato il desiderio di poterne fare una sorta rubrica sul tema, con lo scopo di accendere confronti e discussioni che possano delucidare nell’insieme concetti sempre più importanti nel calcio moderno. Al di là di quanto io possa scrivere (che non sarà mai abbastanza), il vero valore aggiunto starà nell’interesse e negli interventi di coloro che condividono questa mia passione, i quali aiuteranno i lettori (sottoscritto compreso) a saperne sempre di più. Sperando dunque di fare un qualcosa di gradito, di magari simpatico e (credetemi) con tutta l’umiltà di questo mondo, mi accingo a fare questo esperimento che, in un certo senso, è anche una piccola avventura. Buona lettura! 

 

Mentre la sentenza emessa nei confronti del Manchester City continua a tenere banco a livello mediatico, a botta calda la UEFA ha deciso di pungolare ancora l’intero sistema calcio, rilasciando una dichiarazione per certi versi esplosiva. Da quanto è emerso infatti, Ceferin e collaboratori si accingono a dichiarare guerra a una malsana metodica. Una sorta di escamotage con cui diverse squadre, in questi ultimi dieci anni, hanno cercato di rispettare i parametri del Financial Fair Play con l’inganno. Si tratta delle cosiddette plusvalenze fittizie. Per chi non ne avesse mai sentito parlare, per un simile fenomeno il Chievo Verona fu penalizzato di 3 punti in classifica nel 2018. Pena che poi si fece ancor più grave un anno dopo, dopo che si vide sequestrati quasi 10 milioni di euro dalla finanza. Sebbene in principio ciò parve come un caso isolato, oggi la UEFA sembra non essere più di tale parere. Si pensa infatti come questo sistema fraudolento sia in realtà molto diffuso, anche (e forse soprattutto) tra i grandi club europei. Un problema grosso per la UEFA, perché le plusvalenze in bilancio hanno un effetto diretto sul rispetto dei parametri del Financial Fair Play. Di cosa si sta parlando però, esattamente? Per snocciolare al meglio e in maniera semplice la questione, bisogna aver chiaro: 

  1. Che cosa si intenda per plusvalenza in economia
  2. Quali siano le principali plusvalenze nelle società di calcio
  3. In che modo le plusvalenze abbiano effetto sul FFP

Andando per gradi, partiamo dunque dal primo punto: che cosa s’intende per plusvalenza? Concetto calato direttamente dalla dimensione dell’economia aziendale, è una forma di ricavo (o provente) di cui un’azienda gode quando:

  • vende un bene durevole (macchina, impianto, diritto, marchio) di sua proprietà 
  • tale vendita avviene a un prezzo superiore al valore con cui tale bene è registrato a bilancio

Molto importante è il concetto di valore registrato a bilancio, o meglio, valore netto contabile (VNC per gli amici). I beni durevoli, meglio noti anche come Immobilizzazioni, sul bilancio vedono ridurre il proprio valore col passare degli anni, sino a quando si azzerano. Tale riduzione avviene attraverso il cosiddetto processo di ammortamento. In altre parole, se quest’anno compro un macchinario a 100.000 €, questo non avrà sempre lo stesso valore nel mio bilancio, ma si ridurrà ogni anno, fino a quando non si sarà completamente azzerato. Che cosa succede allora nel caso io vada a rivendere tale macchinario a un mio concorrente? Se il prezzo al quale lo rivenderò sarà superiore al suo valore netto in bilancio, allora la differenza tra questi due valori darà origine a una plusvalenza. Al contrario, nel caso il prezzo sia inferiore, avrò una minusvalenza. Ecco qui 2 esempi, per comprendere meglio: 

  • Es.1: 70.000 (prezzo) - 60.000 (VNC) = + 10.000 (plusvalenza)
  • Es. 2: 55.000 (prezzo) - 60.000 (VNC) = - 5.000 (minusvalenza)

Passiamo così al secondo punto. Sperando di essere stato il più chiaro e semplice possibile, tale logica avviene anche nelle società di calcio. In esse, al posto di impianti e macchinari, le immobilizzazioni tipiche sono i cartellini dei giocatori. Essi rappresentano infatti il diritto di sfruttare le prestazioni del giocatore per un certo numero di anni, ovvero la durata del contratto stipulato. Il valore del cartellino al momento dell’acquisto equivale al prezzo con il quale la società lo acquista da un altro club. Essendo però un’immobilizzazione, in bilancio tale valore si riduce nel corso degli anni, azzerandosi al termine dell’ultimo anno di contratto. Al di là di qualche piccola differenza dunque, tutto avviene come descritto nel punto precedente. Immaginate che un club abbia acquistato giocatore a 30 milioni, facendogli firmare un contratto triennale. Il valore del suo cartellino si riduce in bilancio, in base a quote che cambiano sulla base della durata del contratto. In questo caso il suo contratto è triennale, dunque diminuirà di un terzo ogni anno. Nel caso il club lo voglia rivendere al termine del primo anno di contratto, che cifra dovrà pretendere per fare plusvalenza? La risposta è una cifra superiore ai 20 milioni, ovvero il valore netto contabile del cartellino dopo un anno di contratto (30.000.000 - 1/3 di 30.000.000).

Giungendo infine al terzo punto, questa appena descritta è una normale pratica di bilancio, da sempre (o quasi) utilizzata nel sistema del calcio professionistico. Perché allora la UEFA pare volersi accanire contro una metodica che, in un certo senso, è sempre stata ordinaria amministrazione? Prima di tutto, bisogna chiarire un concetto. Le plusvalenze in bilancio sono veri e propri ricavi, dunque aumentano l’utile o riducono le perdite di esercizio. Ciò comporta il fatto che sono un mezzo con cui le società possono rientrare nei parametri dettati dal Financial Fair Play, il quale ha come cardine fondamentale proprio il pareggio di bilancio. Ora, essendo che la quotazione di un cartellino non è pratica univoca, né oggettiva o scientifica, esiste il rischio che tale valore venga gonfiato, al fine di ottenere una plusvalenza maggiorata, appunto fittizia. In altre parole, un modo alternativo e scorretto di rimanere all’interno dei parametri del FFP. 

Dal mio personale punto di vista, la UEFA ha solide ragioni di doversi preoccupare. Detto ciò, il rischio in questi casi è sempre quello di creare norme correttive troppo stringenti o comunque poco equilibrate. È pensiero di molti infatti, che il vero intento della UEFA non sia solo combattere le plusvalenze fittizie, ma la dinamica stessa di usare le plusvalenze da player trading per sistemare i bilanci. Rendendo tale dinamica totalmente inefficace ai fini del FFP, la UEFA eliminerebbe così il problema alla radice. Per quanto mi riguarda, questo sarebbe il tipico caso in cui, pur di eliminare un’emicrania snervante e dolorosa, si giunge a tagliarsi di netto la testa. In altre parole, una simile visione non rappresenterebbe una soluzione e sarebbe esageratamente punitiva. A pagarne le conseguenze, come sempre, sarebbero le società più piccole, ovvero quelle dedite alla crescita e valorizzazione dei giovani. Il che porterebbe a un impoverimento di un sistema ancora critico in sue diverse sfaccettature. Quali alternative esistano? In tutta sincerità, è difficile immaginarsene qualcuna nel concreto, ma come spesso si usa dire, diamo tempo al tempo. E, nel mentre, speriamo che tutto proceda per il bene del calcio, dello spettacolo e di chi ha cuore l’intero sistema. 


Un abbraccio.

Novak