Data astrale: 24 Febbraio 2019. A Firenze si gioca Fiorentina-Inter, una partita complessa per entrambe le squadre, nei concitati minuti di recupero Chiesa crossa, il pallone colpisce fra il petto e la spalla di D'Ambrosio poi rotola impercettibilmente sul braccio. Per l'arbitro Abisso è calcio di rigore. A nulla servono le proteste interiste, il VAR conferma. Il giorno dopo, Rizzoli ammetterà l'errore dell'arbitro Abisso, non era rigore.

Storia nota, direte voi, storia vecchia e oramai messa negli archivi. Non proprio. La partita Fiorentina-Inter, per chi scrive, può essere considerata come il punto di partenza e di non ritorno sulla questione fallo di mano/rigore in serie A. Da quel giorno, nonostante l’introduzione del VAR, la relazione fra il "tocco di braccia/mano" in area e la concessione del  rigore è diventata difficilmente comprensibile. Gli sviluppi sono diventati strambi e futuristici. La naturale conseguenza, nonché la più preoccupante, è il susseguirsi di decisioni contraddittorie che porta tifosi, dirigenti e addetti ai lavori a fomentare la cultura del sospetto.

Affinché sia rigore, il regolamento contempla un movimento della mano verso il pallone e non viceversa, vi è poi l'intenzionalità di colpire la palla col braccio e infine la distanza fra pallone e giocatore avversario. Criteri non troppo oggettivi per offrire certezza al gioco. Le integrazioni hanno complicato il lavoro con la verifica del movimento naturale o innaturale del corpo in aggiunta all’aderenza del braccio al corpo e la distanza per poi buttarla sulla discrezionalità dell'arbitro. Discrezionalità che è sinonimo di incertezza. Così gli arbitri e gli assistenti VAR, intenti a comprare goniometri in cartoleria per calcolare l'angolo creato dal braccio sul corpo o un flessometro per misurare le distanze o a seguire un corso di criminologia per studiare la volontarietà dell'infrazione, si sono ritrovati a essere gli esecutori materiali di un regolamento confuso.

Si pensi al rigore concesso al Napoli, poi sbagliato da Insigne, nella partita Napoli-Juventus 1-2, arbitro Rocchi, con Alex Sandro che colpisce il pallone con il petto e poi con il braccio sul tocco di Ruiz. Distanza fra i giocatori? Qualche centimetro. Il rigore viene assegnato perché il braccio è troppo largo. Rizzoli promuove la scelta dell’arbitro. La posizione del braccio prevale quindi sulla distanza e sulla volontarietà.

Nella partita Juventus-Milan, l'azione incriminata è un cross di Calhanoglu, intercettato con un braccio da Alex Sandro, sempre lui, che in scivolata rivolge la schiena alla palla. Situazione non proprio solare, il movimento del braccio non va verso la palla ma il braccio probabilmente aumenta la sagoma del giocatore, non ho con me un goniometro per calcolare l'angolo ma prometto sarà il mio prossimo acquisto. Rizzoli ammette l'errore dell'arbitro Fabbri, era rigore. La posizione del braccio prevale quindi sul movimento del braccio rispetto alla palla.

Sia Abisso che Fabbri hanno sbagliato ma oramai è chiaro che fare l’arbitro è uno dei mestieri più difficili del mondo. Con enorme felicità, gli sviluppi futuri del regolamento parlano dell'eliminazione del criterio della volontarietà. Si farà affidamento solo sul movimento del corpo e sulla posizione del braccio. Insomma, niente più corsi di criminologia per gli arbitri. Non eliminerà il problema ma è un passo verso la certezza. Per evitare altri casi dubbi forse sarebbe meglio lasciare il solo criterio della posizione del braccio (largo o aderente al corpo) ed eliminare anche il criterio del movimento corporeo che, a quanto pare,  non serve a molto perché per i vertici della categoria arbitrale crea solo interpretazioni sbagliate.