Occasione sprecata. Il Cagliari si dimostra poco lungimirante. Il patron rossoblù Tommaso Giulini, dopo l'esonero di Massimo Rastelli, ha scelto l'opzione più facile ma meno ambiziosa: Diego Lopez. L'ex difensore uruguaiano ha indossato per 12 anni la maglia isolana, diventandone leader e capitano. Poi l'esperienza in panchina (in coppia con Ivo Pulga) al Sant'Elia.

Un personaggio legato al club rossoblù e ai suoi tifosi. Dopo le feroci critiche nei confronti di Rastelli (non tanto per i risultati ma per il - non - gioco espresso durante questi due anni e poco più), Giulini ha optato per la soluzione più semplice, riportando a Cagliari - legandolo contrattualmente per un anno e mezzo - un idolo dei supporters isolani. Inattacabile, ma dal curriculum non esaltante come allenatore viste le esperienze poco esaltanti a Bologna e Palermo.

Una scelta che dimostra la poca "personalità" presente all'interno della società sarda, forse scottata dall'esperienza Zeman, messo sotto contratto per portare entusiasmo e bel gioco nel Golfo degli Angeli, ma rivelatosi una scelta azzardata e poco redditizia (a causa anche di una campagna acquisti non esaltante). Probabilmente per questo motivo Giulini ha preferito dare uno sguardo al portafoglio, pensando al presente piuttosto che al futuro, forte anche degli investimenti estivi per Pavoletti e Sardegna Arena (lo stadio provvisorio che sostituisce il Sant'Elia in attesa del nuovo impianto di proprietà).

Il dopo Rastelli poteva (e doveva) essere più lungimirante. Le tanto sbandierate ambizioni europee della società nel breve-medio termine vanno a scontrarsi con queste scelte. Diego Lopez salvo colpi di scena porterà la barca al porto, ossia permetterà al Cagliari di mantenere la categoria, ma difficilmente (prendendo in esame le precedenti esperienze da allenatore dell'uruguaiano) permetterà alla squadra di fare quel salto di qualità in termini di gioco.

Certo, a metà ottobre è difficile trovare l'allenatore ideale per iniziare un nuovo ciclo (a stagione in corso) ma le alternative non mancavano. Due nomi su tutti: Guidolin e Mazzarri. Due curricula che parlano da soli. Il primo forse più fragile mentalmente (più volte ha sottolineato la sua difficoltà a reggere le pressioni della stampa italiana), il secondo non impeccabile dal punto di vista della comunicazione. Ma entrambi nella loro carriera hanno dimostrato di saper dare un'identità alle squadre allenate, raggiungendo anche risultati importanti con società di media carattura.