Certo, non aveva l'immensa classe di Andrea Pirlo, Don Andrès Iniesta, Xavi. Ma Gattuso aveva quella fame che quasi tutti gli invidiavano, ecco perchè anche lui rientra nella cerchia dei migliori centrocampisti degli ultimi venti anni. Col Milan ha vinto tutto quello che c'era da vincere. E proprio lì è tornato, dopo tredici anni da giocatore, per chiudere il conto e aiutare la sua famiglia a risalire da uno dei momenti più bassi della sua storia. Sì, perchè per Gattuso la parola Milan significa "famiglia".

Non avrebbe mai potuto rifiutare una proposta del genere, mai. Con tutti i rischi del caso, sia chiaro. Rischi che avranno valutato anche i dirigenti rossoneri. Scelta coraggiosa quella del duo Fassone - Mirabelli, dopo i cari saluti a Vincenzo Montella, probabilmente mai entrato in sintonia con la nuova proprietà, o quel poco che ne conosciamo.

Inizia l'era Gattuso, dunque.
Gli anni di gioventù in Scozia lo hanno temprato, la scuola di Carlo Ancelotti lo ha disciplinato e formato. Sicuramente Ringhio porterà la sua famigerata grinta e la voglia di lottare su ogni pallone a costo di vendere la pelle. Porterà dedizione, attenzione, lavoro e fatica. Già dal suo sguardo, ieri in conferenza, si sono capite tante cose. Occhio a non farlo arrabbiare, insomma. Nel Dna del tecnico ci sono senso di abnegazione e di appartenenza, caratteristiche che a questa squadra mancano.
Attenzione, però. Non può bastare solo la "garra" ad una squadra di calcio, soprattutto a questi livelli. La spinta emotiva dovrà essere solo la miccia per innescare tutto il resto. Il Milan necessita di una organizzazione di gioco precisa, di un "11" titolare chiaro, di una fase difensiva solida, di carisma e gol. Rino sarà in grado di portare qualcosa di tutto ciò? La breve carriera di Gattuso, di contro, ci lascia inevitabilmente qualche dubbio a riguardo. Le sue squadre hanno sì dimostrato grande concentrazione e dedizione, la fase difensiva del Pisa, per esempio, era impeccabile. Ma il Pisa (oltre ai noti problemi finanziari) ha collezionato numerosi 0-0 e a malapena puntava alla salvezza. L'avventura di Palermo meglio non menzionarla. Quella col Sion idem. All'Ofri Creta quasi è passato solo come il buon samaritano di turno, aiutando la società a pagare gli ingaggi dei giocatori e sbraitando nelle conferenze.

Una cosa è certa, a Ringhio piacciono le situazioni complicate. E quella del Milan lo è. Gattuso è stato ed è un trascinatore. Ora però deve essere allenatore e non di una squadra qualunque. In sede di presentazione ha dichiarato che i principi del nuovo Milan (in contrasto con le idee montelliane) saranno verticalizzazione e rapidità. Resterà la difesa a 3 e si proverà a far convivere Kessié e Biglia a centrocampo, due ce non ha proprio la palla in verticale nelle loro corde. Per lo meno Bonaventura tornerà ad essere decisivo in fase offensiva.  I dubbi tecnici rimangono, quelli del cuore non sono mai esistiti. A molti tifosi brillano gli occhi nel vedere tornare il loro gladiatore, altri invece fanno spallucce ormai rassegnati al caos generale di questa stagione.

Comunque vada, Gattuso dovrà essere supportato da tutti, affinchè, per il bene della sua carriera, non faccia la fine di Seedorf, Brocchi e Inzaghi. Buona fortuna Ringhio, ne avrai bisogno.