Caro Mister Trapattoni,
indegnamente, tenuto conto del mio scarso valore di apprendista di giornale confrontato al Suo immenso valore di sportivo, Le formulo i più cari Auguri per i suoi (primi) ottant'anni.

So che, in prima gioventù, Lei vantò un passato di ottimo atleta, con la maglia rossonera (se ricordo, a vita) e con la casacca azzurra della nazionale.
Chiunque abbia più o meno la mia età non può dimenticare, tra i molti ricordi, una tenzone che La vide opposta con ECCELLENTE risultato niente meno che al divino Pelè.
I ricordi e l'affetto di uno juventino, quale io sono, non possono peraltro che avere un anno ZERO: quello in cui Lei fu chiamato da un assai lungimirante Boniperti (indimenticato anch'egli) a sostituire Carletto Parola (quello della rovesciata sulle figurine).

Ricordo quando, giovanissimo e con una esperienza certamente inferiore alla Sua serietà ed alla sua grinta Lei prese in mano le redini della squadra.
Ricordo molte delle sue battute, ricordo molti insegnamenti rivolti al campo, ai cui bordi spesso eravamo accolti noi giovani tifosi.
Non starò a rinvangare il suo Palmarès juventino, che fu seguito, poi, da altre soddisfazioni altrettanto grandi in Italia e nel Mondo. Per quello bastano le enciclopedie del Calcio.
Non starò a sottolineare la fortuna, peraltro meritata, di cui Lei ebbe a godere, vivendo in un periodo in cui, anche solo in Italia, poté trovarsi circondato, fra giocatori amici ed avversari, da una miriade di autentici campioni. 

Ciò che desidero ricordare, con immensa malinconia, sono i TEMPI in cui Lei visse ed operò.
Erano tempi che oggi sono definiti superati, come oramai sorpassati  sono considerati coloro che, come chi scrive, li rimpiangono.
Erano, in una parola, tempi a misura d'uomo.
Erano tempi in cui un Presidente (e per Noi, che Presidente !) era il vero nocchiero della nave.
Erano tempi in cui, in campo, il Capitano era il vero Rappresentante della squadra ed in cui la fascia non passava così facilmente da una manica ad un altra.
Erano tempi in cui il Mister era un vero stratega e rispondeva delle proprie azioni, delle proprie scelte, delle proprie strategie.
Gli interessi economici, i librimastri, le considerazioni di bilancio, non erano probabilmente meno importanti di oggi, in consuntivo, ma i risvolti sociali erano più trasparenti, più immediati, più intuibili.

E non è  tutto.
Anche per quanto riguarda la permanenza "media" di un giocatore di buon livello, i dati relativi alla anzianità di casacca erano decisamente più estesi nel tempo.
I fuoriclasse (che non erano pochi) erano ingaggiati praticamente a vita.

Gianni Rivera arrivò al Milan, credo a 17 anni, e non fu mai ceduto.
Roberto Bettega non abbandonò mai la Juventus.
Gaetano Scirea non abbandonò più la maglia, dopo un breve inizio, mi pare, all'Atalanta.

Nessuno giostrava sulle plusvalenze di bilancio. In epoca pre "sentenza Bosman", non esistevano, credo, nemmeno i parametri zero.
Al di là dei discorsi prettamente amministrativi, che poco competono ai tifosi, anche l'ambiente di squadra ed intorno alla squadra era assai ben vivibile.
Chiunque, a qualsiasi titolo utile, fosse chiamato vicino alla squadra era considerato un amico, ed amichevolmente accolto per quanto poteva offrire.
I giocatori stessi non erano circondati da blindature da star.
La rosa dei collaboratori formali era ridotta a ruoli indispensabili: Medico sociale, fisioterapisti, allenatore in seconda, allenatore portieri, dirigenti accompagnatori e pochi altri.
Oggi sono ritenuti indispensabili stuoli di collaboratori differenti, dai vari trainers ai motivatori psicologici, passando per mille altre figure paraprofessionali.
Le società sono divenute sorte di mostri mitologici dalle troppe teste in cui resta difficile riconoscere compiti specifici e responsabilità.
E sono divenute impenetrabili.
Chi, ancora a titolo professionalmente utile ma estraneo nell'organigramma societario, si sia trovato ad accogliere Ronaldo a Torino, mi ha raccontato il suo stupore nel non aver riconosciuto, nell'Ospite, la Regina di Inghilerra o il Presidente degli Stati Uniti, tanto ferrea era stata la strategia del Servizio d'Ordine.

Orbene, Mister Trap, Lei è stato certamente un Grande, forse uno dei più grandi, per noi juventini (non me ne vogliano Lippi, Capello, Conte od Allegri), ma per me, inguaribile Romantico, Lei ricorda e ricorderà sempre quei tempi meravigliosi.
Erano i tempi in cui, il 15 di agosto, si andava a Villar Perosa (senza prenotazione, beninteso).

Erano i tempi in cui,  scrutando fra le montagne, si vedeva, dieci minuti prima della partitella, spuntare la figura dell'elicottero dell'Avvocato Agnelli.

Buon Compleanno a Giovanni Trapattoni