Ebbene sì, la Serie A è infetta.
Ma ad aver contagiato le vene burocratiche della massima lega italiana, questa volta non è stato il temuto Coronavirus, ma un morbo forse peggiore.
Quello della stupidità.

Lo so, quanto ho appena affermato è pesante ma, in tutta sincerità, non credo di essere andato così lontano dalla realtà. Come volevasi dimostrare, la scelta di rinviare alcune (e non tutte) delle partite che si sarebbero dovute disputare nella giornata di ieri, alla fine, si è dimostrata assai infelice e colma di controindicazioni. La domanda che sta infatti ora frullando in testa a molti è la seguente: e adesso che succede? Della serie errare è umano, perseverare è diabolico, la Lega di Serie A sta ripetendo, ad uno ad uno, tutti gli errori già commessi nella settimana precedente. Uno in particolare: essere assolutamente certi che lunedì 9 marzo la situazione sarà tornata a completa normalità. E se così non fosse? Se l’emergenza dovesse rimanere alta, o comunque venire confermata per un’altra settimana, significa che la Serie A sarà ancora una volta rimandata? Fino a quando si potrà andare avanti così? Come già detto e ribadito, la scelta del rinvio ha creato un pericoloso precedente, che ha già fatto un’altra vittima proprio nella serata di ieri.
Lo scontro che oggi avrebbe visto confrontarsi Sampdoria e Verona è stata rimandata. Motivo del rinvio, ancora una volta, il fatto che non si possa giocare a porte chiuse. Il che significa, a rigor di logica, che finché lo stato di allerta contagio non sarà completamente scemato, difficilmente si tornerà a giocare. Che problema c’è, avranno pensato i vertici della Serie A? In un modo o nell’altro recupereremo. Peccato che il tempo, a quanto pare, non è dalla loro parte. Alcune voci interne hanno infatti prospettato come, in caso di ennesimo rinvio, far disputare tutte le partite potrebbe diventare quasi impossibile. Si passerebbe così dai fantasmi di un campionato “falsato”, alla catastrofe di un campionato “annullato”. E questa volta a perderci sarebbero tutti. 

Ci aspettano dunque 3 giorni febbrili a dir poco. E non a caso utilizzo questo termine, febbrile. Perché la Serie A in questo momento è realmente febbricitante, a causa di un morbo virulento e malvagio. Un virus che mette in ginocchio le facoltà mentali, prima ancora di quelle fisiche. Che porta a parlare prima, pensare poi. Un po’ quello che è accaduto nella conferenza stampa del presidente Del Pino, il quale ha pensato bene di utilizzare tale spazio per rispondere a Marotta, piuttosto che spiegare la situazione. Risultato, dopo che il sangue è cominciato a scorrere sul terreno dello scontro mediatico, si è deciso infine di convocare questa benedetta riunione straordinaria. Riunione che avrà quale scopo, di fondo? Semplice: decidere come diamine si recupererà quel che resta dell’ultima giornata, così come che posizione prendere in vista della prossima domenica. E, sebbene a tale riunione manchino ancora 48 ore, le ipotesi riguardo simili questioni non si sono fatte attendere. Ecco dunque sfilare un lungo novero di tesi, riflessioni, vaneggiamenti come se non ci fosse un domani. Come se trovare una risposta a questioni serie e gravose venisse vista come un’intricata partita di Risiko. Ah, giusto per la cronaca, nessuno tocchi la Kamchatka, ci sono affezionato. Scherzi a parte, il marasma che si sta venendo a creare è pericoloso, perché non fa altro che aggravare una situazione già gravosa di suo.
E il peggio è che, non mi stancherò di ripeterlo, tutto ciò si poteva evitare. Ma tant’è, il passato è passato e bisogna guardare avanti. Sì, ma come? Qual è questa benedetta ricetta, questa panacea che dovrebbe risolvere tutti i mali, se non del mondo, almeno del calcio italiano? La realtà è che questa ricetta perfetta non esiste. Non esiste in particolare a causa della logica tenuta sino ad ora. Se infatti le partite si devono giocare solo a porte aperte, ergo quando l’emergenza sarà rientrata, è necessario avere una data di riferimento. Trattandosi di un’epidemia, la cui durata è quasi del tutto imprevedibile, tale assunto crolla come un castello di carta. Questo, mi vedo costretto a sottolinearlo ancora una volta, perché è il principio di base a essere sbagliato. Per quanto possa essere brutto, giocare alcune partite (si spera poche) a porte chiuse è il male minore. 

Di fronte a un’emergenza, l’essere intelligente si adatta. E con intelligente non si intende il sapiente o il saggio. Da una delle sue tante definizioni, l’intelligenza è la capacità di risolvere problemi nuovi e inattesi.  Quando studiavo psicologia, essa si traduceva semplicemente nella capacità di adattarsi all’ambiente sulla base delle proprie caratteristiche genetiche. E infatti, di fronte al Coronavirus ci siamo adattati un po’ tutti. Non andare in posti affollati, starnutire nel gomito, lavarsi le mani sino quasi consumarle, evitare ove necessario il contatto, rimanere addirittura chiuso in casa se si vive nelle zone rosse. Tutti si adattano e così avrebbe dovuto fare il calcio: ovviare alla situazione, accettare la medicina anche se amara.
Come purtroppo spesso capita, ed è capitato in passato, il calcio non ha voluto adattarsi. Invece di fare il proprio dovere, distaccando la gente per almeno 90 minuti dai propri pensieri anche se solo attraverso la televisione, ha deciso di strafare. Ha voluto bloccare tutto, ergendosi a immagine e simbolo della nazione, dimostrando l’inettitudine di chi lo guida, nonché inasprendo le acredini secolari che lo animano. E in questo modo ha peggiorato la propria immagine, quella del paese e forse, Dio non voglia, aggravato la psicosi generale. Se hanno fermato ancora una volta il calcio, vuol dire che questo Coronavirus è pericolosissimo, diceva già spaventata la mia vicina di casa ieri sera. Che dire: bene, bravo, bis griderebbe lo spettatore più sarcastico e maligno dalla platea. La speranza è che, dopo la tempesta, torni a regnare la calma, anche se pare improbabile. A mio avviso, l’unica scelta sensata sarebbe quella di salvare il salvabile: spostare le partite di Coppa Italia e utilizzare la metà settimana per recuperare i match rinviati. Non sarà così. Non c’è il tempo materiale perché ciò avvenga e, comunque sia, non risolverebbe tutti i problemi. A questo punto, l’unica cosa che possiamo sperare è che mercoledì si trovi un accordo condiviso, possibilmente unanime, e si possa ricominciare. Anche se, e questa è una certezza, la correttezza e credibilità di questo campionato sono oramai irrecuperabili. Vittime di quello che, come ho risposto alla mia vicina ieri sera, sono vittime di un morbo antipatico tanto quanto quello protagonista dell’attuale epidemia.
Quello del cojona-virus (chiedo venia per il francesismo). 


Un abbraccio

Novak