E' un trionfo ad ogni livello: 7,5 milioni di spettatori per la partita contro il Brasile, una fase a gironi che ai colleghi maschi manca dal 2006, lo scalpo di Nazionali più quotate. A questo trionfo ci si è preparati in anni ed anni di sofferenza e a celebrarlo accodati giornalisti, politici (quelli, in particolare, si sono avventati come mosche al miele) e osservatori. Il commissario tecnico Bertolini che dice, in un'intervista, che "finalmente l'Italia ama il calcio femminile, rappresentiamo i valori di sportività che i nostri colleghi uomini hanno perso, presi solo dalla tensione". Morace, leggenda del calcio femminile italiano e commentatrice Sky, dice: "Vi accorgete solo ora del calcio femminile? Non sapete cosa vi siete persi". E, un po' amaramente, ammette: "Se fossi stata un uomo, ora avrei parecchi zeri in più sul mio conto in banca". Dobbiamo essere più speranzosi o pessimisti?

Le difficoltà - Come al solito propongo ai lettori un gioco, rispondete a tre domande: la vostra squadra del cuore ha una sezione femminile? Chi ha vinto l'ultimo campionato italiano? Sapete almeno il nome di 4 giocatrici della Nazionale, con annesso team d'appartenenza? Se vi siete fermati ad una domanda, non temete: chi scrive ha totalizzato un poco onorevole punteggio di 2/3, malgrado dovesse prepararsi per scrivere l'articolo. Se però facessimo la domanda a parti invertite, dubito che qualcuno avrebbe grossi problemi a non arrivare a punteggio pieno.

I media - Bene, questo è il problema. Non lo è solo del calcio, sia chiaro. In Italia è un problema più grave perché il calcio è il nostro sport nazionale, ma dubito che la Nazionale femminile di basket in America o quella di cricket in India (ho preso un paese e uno sport a caso) siano seguite con la stessa spasmodica attenzione dei loro omologhi maschili. Però spesso i media nei paesi più progressisti, partendo dalla consapevolezza che questa differenza di attenzione esiste, cercano di ridurla dando spazi e paginoni allo sport femminile. In Italia abbiamo un problema anche su questo: i media seguono le foto soft porno di Icardi, i like su Twitter di Dzeko, le sparate di Ferrero sulla D'Amico (anche se questo ormai è un po' argomento vintage). Però, quando una donna entra nelle prime pagine di un giornale sportivo, è quasi sempre una wag (fidanzata di un calciatore maschio, di solito modella), per alimentare un po' il "voyeurismo" di noi lettori maschi. Una sezione di calcio femminile, se escludiamo l'ultimo anno e mezzo/due anni, non lo aveva praticamente nessun giornale sportivo. E comunque, di solito, le notizie della serie A femminile vengono dopo la Serie C, il golf maschile, le già citate foto d'Icardi, paginone di mercato.

La politica - Non si sta dando un giudizio moralistico, sia chiaro: i giornali sportivi scrivono di quello che vogliono, hanno un pubblico prevalentemente maschile, che spesso salta a piedi uniti le sezioni di sport femminile. E la maggioranza di loro non ha conti così floridi da potersi permettere di rischiare in una "campagna di rieducazione di massa", che non è nemmeno il loro compito. Quello, teoricamente, dovrebbero farlo le istituzioni politiche e sportive. Il problema è che, per il momento, le stesse sembrano più interessate a prendere i dividendi elettorali e d'immagine delle gesta delle calciatrici guidate da Bertolini. Politici di ogni schieramento, da Salvini a Renzi, dalla Meloni a Fico, dalla Gelmini a Zingaretti si sono affrettati a congratularsi per il risultato delle azzurre. Cosa lodevolissima, ma ci si poteva chiedere dove fossero la maggioranza di loro un anno fa, quando la Serie A femminile era pronta a scioperare per i bassi stipendi.

Se volessero recuperare del tempo, si potrebbe lavorare per convertire il loro status: da semiprofessioniste, che guadagnano stipendi da fame rispetto ai loro colleghi uomini, a professioniste vere e proprie. Se ne parla da un anno, alcune società come Juve e Fiorentina lo avrebbero fatto anche a partire da questo campionato, altre (come la Lazio) hanno considerato l'idea interessante, ma non sostenibile finanziariamente: significherebbe aumentare le spese di 3-4 milioni l'anno, ma anche accollarsi alcune spese che non tutte le società assicurano, inclusi i forfait per i trasferimenti. La FIGC, all'indomani della vittoria, una proposta l'ha fatta. Ora servirebbe una sponda parlamentare, più che twitteristica. Poi, se avanzasse del tempo, ci sarebbe la possibilità d'incentivare la fondazione di scuole calcio femminili, in modo da raggiungere le 100.000 tesserate che Bertolini spererebbe di avere. Una maniera per ridurre un gap che ancora esiste con le Nazionali più forti del mondo ed avere un bacino più ampio dal quale pescare. Politiche di riduzione del gap salariale e incoraggiamenti verso le quali si stanno orientando parecchi altri paesi, non solo nel calcio.

Per quanto riguarda il sistema calcio, la situazione non è migliore: i vertici delle categorie maschili, spesso, si sono resi protagonisti di episodi di misoginia. Nel 2014, l'allora presidente della Lega Nazionale Dilettanti Carlo Tavecchio, da lì a poco eletto presidente della FIGC, diceva in un'intervista: "Le donne sono state sempre considerate come un soggetto handicappato dal punto di vista atletico [...], invece abbiamo scoperto che sono molto simili ai loro colleghi uomini". Una scoperta da segnare negli annali, probabilmente il segreto che lo ha portato dritto fino alla presidenza (dove, per la cronaca, solo 5 delegati dei 90 che possono eleggere il presidente sono in quota calcio femminile). Tornando a noi, l'intervista a Tavecchio aveva scatenato un'ondata d'indignazione arrivata fino ai vertici di UEFA e FIGC, oltre alle più alte sfere della politica. Il problema è che, una volta smaltita l'indignazione, non si sono fatti gesti concreti per cambiare la situazione in positivo, e la questione femminile nel calcio è ripiombata sotto una cappa di silenzio. In seguito, Tavecchio ha avuto il tempo di prendersi una denucia per molestie a danno dell'allenatrice della Lazio femminile, Elisabetta Cortani. La LND è una fucina di dichiarazioni controverse, se è vero che nel 2015 il suo presidente, Belloli, in una riunione fiume diceva "Basta! Non si può dare sempre soldi a queste quattro lesbiche!". Un misto incredibile di misoginia, omofobia e (cosa su cui gli articoli non si sono soffermati abbastanza) taccagneria, che gli è costato 4 mesi d'inibizione.

Si potrebbe dire (sperare?) che Tavecchio e Belloli siano due orchi che vivono in una torre d'avorio e che, fuori dalla LND ci sia un meraviglioso mondo fatto di progressismo e in prima linea per le pari opportunità. Si potrebbe, ma non sarebbe la verità: a febbraio Fulvio Collovati, non l'ultimo arrivato, in diretta sulla RAI aveva detto: "Quando sento le donne parlare di tattica mi si rivolta lo stomaco, perché una donna non capisce come un uomo", frase sulla quale non aveva nemmeno ritrattato quando in TV gli avevano spiegato che ci sono anche calciatrici e commentatrici, "sì ma non capiscono al 100%". Venendo a notizie fresche (quasi) di giornata, abbiamo Alessandro Cecchi Paone, forse dopo una telefonata veloce a Belloli, dichiara che "la metà della nazionale è composta da ragazze lesbiche [...] che potrebbero fare coming out dopo il Mondiale" e che, spiega, "sfogano la loro parte più maschile in attività considerate da uomo, come il calcio". Non si sa se in maniera volontaria o meno, ma è un condensato di stereotipi contro cui la maggioranza delle ragazze che abbiamo mandato in Francia combatte, probabilmente, sin da piccole.

Le società - Un ultimo problema riguarda anche noi tifosi: alla presentazione della Nazionale italiana su Facebook qualcuno ha avuto da ridire sulla presenza al centro della foto del capitano, Sara Gama, nata a Trieste da madre italiana e padre congolese (è abbastanza frustrante doverlo specificare). Gli stessi che, magari, leggendo sui titoli dei giornali che "Il capitano Sara Gama ha bloccato come un muro tutte le avanzate della Giamaica" se la sono immaginata castana e con gli occhi azzurri. Ma facciamo finta che questo sia derubricabile "solo" come razzismo dei fischiatori orfani di Balotelli. Comunque la situazione non è rosea: sui social, fra gli applausi, c'è anche chi dice che il calcio femminile è penoso e da abolire. Sullo sfondo, a alimentare questi commenti ci sono anche tifoserie che hanno sempre rivendicato il carattere "macho" di calciare un pallone. Ultimo caso triste è stato il volantino dei tifosi della Lazio che definiva la curva "trincea", nella quale non dovevano entrare (almeno per le prime 10 file) "donne, mogli o fidanzate". Al tifoso che non avesse voluto accettare la direttiva, si consigliava di passare un pomeriggio con la ragazza a Villa Borghese. Gli Irriducibili, il commando ultras autore del volantino, non hanno mai chiesto scusa per il gesto, Lotito ha stigmatizzato. Se poi scendiamo di categoria, ci sono parecchi arbitri donne insultate per il solo fatto di essere donne.

In Italia, il 25% dei tifosi negli stadi sono di sesso femminile; in Francia e Germania il 30%. Il primato, però, delle donne tifose lo ha la Turchia: per rispondere alle violenze degli Ultras, il governo ha cominciato a chiudere la curva agli uomini dopo episodi di particolare gravità. Questo ha aumentato il bacino potenziale di tifosi per le società, tant'è che oggi il 60% dei tifosi in Turchia sono donne. L'obiettivo delle società non dovrebbe essere quello di "cacciare i maschi dalle curve", ma di educarli ad essere più inclusivi nel tifo e di dare alle ragazze lo stesso diritto di cittadinanza degli uomini. Magari alcuni commandi ultras potrebbero scoprire che non sono così incompetenti e che, anzi, è anche piacevole avere della compagnia femminile nello stadio.

Non è tutto nero - "Ringraziamo i tifosi italiani, accorsi così tanti in Francia, non ce lo aspettavamo, oggi. Anche all’uscita dall’hotel ci hanno incoraggiato. Noi ci siamo, ci siamo sempre state, ma in Italia la donna deve sempre guadagnarsi il rispetto. Un po’ ci fa sorridere e un po’ ci dà forza. Non vogliamo fermarci qua". Da questa dichiarazione di Girelli, attaccante che ha segnato una tripletta contro la Giamaica, dovremmo ripartire. Perché è vero, le difficoltà ci sono (e non abbiamo l'impressione di esserci limitati nel raccontarle), però è anche vero che non tutto è nero. La Nazionale riscuote apprezzamenti; una partita che fino a qualche anno fa sarebbe stata trasmessa su Rai Sport 2, magari nemmeno in diretta, fa 7,5 mln di telespettatori; le "nostre ragazze", termine che si è diffuso a macchia d'olio dopo la partita con l'Australia, hanno già ottenuto (lo ricordiamo ancora, da sfavorite) un risultato migliore di tutte le Nazionali ai Mondiali dal Lippi II in poi. Intanto, a livello di costume, un anno fa è uscita una bambola fatta ad immagine e somiglianza di Sara Gama, a dimostrazione che il calcio non è un'attività proibita per le ragazze.

Investimenti coraggiosi - Il punto vero di svolta è stato negli ultimi due anni, quando i presidenti di varie società maschili hanno deciso che era il momento d'investire nel calcio femminile. Così nascono collaborazioni e veri e propri acquisti di società pre-esistenti per trasformarle in parte della società-madre: la Juventus, la Roma, l'Atalanta, la Fiorentina, il Milan, il Chievo, il Sassuolo e il Verona hanno comprato (e talvolta ribattezato) società più o meno importanti a livello di calcio femminile. Le hanno sostenute finanziariamente, a livello d'infrastrutture e con eventi promozionali in contemporanea con i calciatori uomini. I risultati si vedono: l'ultima sfida scudetto (Fiorentina-Juventus) ha registrato il record di spettatori nella storia del calcio femminile, con 39.000 biglietti. Manco a dirlo, da due anni vince la Juventus. I tifosi avversari si augurano che ad un certo punto a Torino si molli la presa almeno su uno dei due campionati... 

Un lungo applauso - Poi, che questo Mondiale fosse diverso, lo si sentiva nell'aria: vuoi per gli Azzurri che negli ultimi anni non ci danno troppe soddisfazioni, vuoi per una diversa attenzione mediatica. Una lunga preparazione, che era passata per l'acquisizione da parte di Sky dei diritti del campionato e della Coppa Italia. Per quello che è successo con i club, non dovremmo stupirci del successo delle Azzurre: più sostenute, più visibili, in onda sulla TV nazionale. Poi ci hanno chiaramente messo chiaramente del loro, giocando tre partite di personalità e ottenendo le prime due vittorie contro Giamaica ed Australia che hanno riscaldato il cuore di tantissimi spettatori. E i tifosi, se hanno la possibilità di vederlo che giochi bene, te lo fanno sentire l'affetto. E poi, vuoi mettere la soddisfazione che dà battere le australiane, a cui la federcalcio ha sconsigliato di "Giocare in un campionato di livello inferiore come quello italiano?".

Qualcosa si muove - Anche ai tifosi una possibilità di redenzione andrebbe data. In effetti, qualcosa inizia a muoversi: questa primavera, quando si capiva che l'avventura di Gattuso con il Milan sarebbe finita male, parecchi tifosi invocavano Carolina Morace come nuovo allenatore, in virtù dei risultati straordinari della sua squadra (Valentina Giacinti, la sua bomber, è diventata capocannoniere con 21 centri quest'anno). Una bella soddisfazione per lei, che però aveva risposto "Sto bene dove sto". E lo stesso Gattuso aveva detto in conferenza stampa, dopo le frasi di Collovati, che "Io parlo spesso con Carolina, è una persona molto competente di calcio, come tante altre donne". E' un peccato che entrambi siano stati esonerati a fine stagione, però questo è un segno di un mondo che, a passi microscopici, si sta aprendo un minimo. Sempre uno dei campioni del mondo del 2006, quando era uscita la dichiarazioni delle "quattro lesbiche", si era messo in prima linea per difendere il movimento: Francesco Totti aveva detto che "siamo tutti un'unica famiglia" e che "il calcio è il motore dello sport italiano, e il rispetto che si deve avere per il calcio femminile deve essere paritario a quello maschile". Una dichiarazione da apprezzare, soprattutto in era Tavecchio. Un altro passo importante è stata la lunga battaglia legale che ha coinvolto LND e FIGC per l'assegnazione dei campionati: alla fine, la FIGC, dopo diversi ribaltamenti di fronte, ha preso sotto la sua egida le Serie A e B del nostro campionato femminile. Adesso la legge proposta da Gravina potrebbe essere il trionfo del movimento, dopo anni infernali.

Il difficile arriva ora - Quello che stiamo facendo è fantastico, e le nostre giocatori sono fantastiche. L'unica cosa è che il Mondiale c'è solo un mese all'anno, una volta ogni quattro anni. La grande sfida sarà il dopo: riusciranno le nostre ragazze ad emozionarci ancora? O ci ricorderemo il 2019 come "l'anno in cui ho visto un mondiale femminile"? La risposta a questo interrogativo passa anche per i club del nostro campionato: alla loro capacità di strutturarsi definitivamente e di emanciparsi a livello mediatico dalla casa-madre; di creare tifoserie entusiaste che acquistino anche il merchandising dei vari club femminili; a fare in modo che questo mondiale non si trasformi (ci perdonino gli appassionati) in una sorta di Giro d'Italia, durante il quale siamo tutti ciclisti, salvo aver dimenticato tutto ad un paio di mesi dalla sua fine. Inoltre, si spera che si riesca a migliorare la governance e la percezione collettiva delle donne nel calcio, in modo che si possa investire in maniera seria su di esso. Intanto, però, godiamoci il momento: la nostra nazionale è agli ottavi, martedì dobbiamo vedercela con la Cina per continuare a sperare. Le Azzurre sono già nella storia come la selezione più seguita (e dunque più amata) della storia d'Italia: ora tocca solamente sperare che diventino anche la più forte, del futuro avremo tempo per parlare. Per ora è sufficente un semplice "Forza Azzurre!"

PS. Per il gioco, la Nazionale campione d'Italia è la Juventus, mentre la nostra formazione contro il Brasile era la seguente:

Giuliani (Juventus); Guagni (Fiorentina), Gama (Juventus), Linari (Atletico Madrid), Bartoli (Roma) (71' Boattin, Juve); Galli (Juventus), Giugliano (Milan), Cernoia (Juventus); Girelli (Juventus) (78' Mauro, Fiorentina); Giacinti (Milan) (63' Bergamaschi, Milan), Bonansea (Juventus). Ct. Bertolini

Alè Italia