Scrollarsi di dosso l’etichetta del sopravvalutato non è mai semplice quando il tuo palcoscenico è la massima serie del campionato italiano: la critica infatti, non smette praticamente mai di tenere sotto osservazione i suoi obiettivi, quei calciatori che a volte promettono tanto, anzi tantissimo, ma si rivelano poi ben presto essere dei clamorosi flop. Forse perché si tende ad esaltarne troppo presto le effimere qualità, quando giovanissimi si presentano di fronte al grande pubblico, magari senza quella paura di sbagliare che potrebbe limitarne la personalità e le giocate. Ma insomma, non si può mica credere che una stagione, o ancora peggio qualche spezzone di gara possano davvero rappresentare l’identikit di un calciatore, dipinto in fretta e furia dai media come astro nascente del pallone, per poi trasformarsi nel giro di poche annate successive in un normalissimo comprimario pronto a spolverare le panchine di un top club. Questa la triste verità del nostro calcio, intossicato soprattutto da ciò che si è creato intorno al terreno di gioco, ovvero un incredibile sciame di insetti pronti a pungere senza pietà le proprie vittime. Sono molti i giovani talenti italiani ad essere stati ingeriti da questo sistema, più conforme al mondo dello spettacolo piuttosto che a quello dello sport: negli ultimi anni infatti, non solo la Serie A si è ritrovata un passo indietro rispetto agli altri campionati, ma anche la nazionale ne ha risentito in modo catastrofico, con l’incredibile mancata qualificazione ai Mondiali di Russia 2018

Ma iniziamo a fare un po’ di chiarezza pratica su tale argomentazione teorica: perché potrebbe essere "anche" responsabilità dei media il vistoso calo riscontrato negli ultimi anni nella qualità del calcio nostrano?  

Partiamo da un primo punto che in parte potrebbe spiegare questo fenomeno, anche se ovviamente si traduce comunque in un’ipotesi opinabile da altri punti di vista.  

Che cosa succede quando si decide di “gonfiare” le caratteristiche di un giovane calciatore, solo perché reduce da un paio di prestazioni brillanti in Serie A? In prima battuta, quest’ultimo potrebbe iniziare a montarsi la testa ed entrare in rotta di collisione con allenatore e compagni di squadra, sentendosi magari una prima donna all’interno dello spogliatoio e ciò potrebbe condizionarne le prestazioni future. Successivamente potrebbe inoltre, doversi confrontare con avversari superiori rispetto ai precedenti e credere di essere invincibili, e dunque sottovalutare la compagine nemica, potrebbe essere un errore talmente grave da non potervi più rimediare.

Insomma, gli esempi da riportare non sarebbero di certo pochi, anche se nella stragrande maggioranza dei casi il calciatore in sé non ha grosse colpe, dato che non ha scelto egli stesso di essere esaltato come un fenomeno ieri, per ritrovarsi oggi bollato come perenne incompiuto.

Un esempio che però in qualche modo viene fuori da questo terribile schema è la carriera che Domenico Berardi si sta costruendo ormai stagione dopo stagione: l’attaccante del Sassuolo infatti, nelle sue prime annate con i neroverdi aveva impressionato a suon di goal la critica calciofila, la quale non aveva perso tempo nel collocarlo tra i più cristallini e promettenti dei talenti mai sbocciati in serie A. Dapprima tale atteggiamento nei suoi confronti non aveva provocato altro che danni, con un vistoso abbassamento nella qualità del gioco prodotto dal ragazzo originario di Cariati, un piccolo paesino in provincia di Cosenza. Dalla doppia cifra abbondantemente superata nelle prime due stagioni disputate nella massima serie del campionato italiano con un totale di ben 31 reti, il talento di Berardi ha iniziato ad eclissarsi dietro alla stella addossatagli dai media entusiasti di vederlo segnare a ripetizione. Nelle successive stagioni infatti, il suo rendimento cala a dismisura, in modo anche piuttosto clamoroso, con sole 16 reti messe a segno in ben 81 presenze disputate nei 3 anni susseguenti al suo exploit. E così, impazienti come sempre, ancora una volta i nostri esperti di calcio, o almeno così si definiscono, gli piantano in fronte una nuova etichetta, quella del sopravvalutato, dipingendo la sagoma di questo ragazzo come l’ombra sbiadita del fenomeno che non è mai stato davvero, ed il quale purtroppo si è rivelato tutto fumo e niente arrosto. Eppure, con enorme sorpresa dei più, nel corso della precedente annata trascorsa agli ordini di mister De Zerbi, Domenico Berardi è tornato nuovamente a stupire, segnando con una ritrovata continuità, la quale per molto tempo sembrava essere svanita nel nulla. Divenuto marcatore all time della storia del proprio club in Serie A, il mancino cresciuto nelle giovanili del Cosenza si sta rapidamente riprendendo quel palcoscenico che gli era appartenuto in precedenza, rappresentando anche una figura degna di sostegno e ammirazione da parte del proprio allenatore, il suo staff e dei compagni di squadra.

Tale storia di riscatto è appena iniziata, e dato che il ragazzo ha soltanto 26 anni, ciò potrebbe proiettarlo nuovamente verso quel salto di qualità fallito in passato, ma che se tentato nel momento giusto di una carriera ancora in ascesa, potrebbe tramutarsi in una splendida parabola che punta verso l'infinito.