“Berardi è un giocatore di grandissimo talento, un calciatore moderno che gioca con e per la squadra a tutto campo e tempo. La vivacità, le intuizioni, il temperamento, la forza fisica, la resistenza unita ad una buona tecnica fanno parte del suo bagaglio. È un giocatore vero che conosce il gioco e lo interpreta in modo totale, si fa trovare nel posto giusto al momento giusto così come le sue soluzioni sono quasi sempre corrette. Pur con tante qualità ha grandi margini di miglioramento possedendo volontà e la giovane età, tutto questo fa sperare in un futuro ricco di soddisfazioni. È un giovane introverso ma con la testa sulle spalle, non credo che la popolarità gli farà perdere l’entusiasmo, la generosità e la voglia di migliorarsi. Dovrà perfezionare la tecnica, e i tempi di smarcamento, però, mantenendo la freschezza creativa unitamente alle capacità fisiche ed agonistiche fuori dal comune, può riuscirci. La passione, unita ad una intelligenza calcistica elevata, gli consentiranno di uscire dall’egoismo e dall’individualismo nonostante un ambiente nazionale che in questo non l’aiuta. Sarà quindi difficile distrarre questo ragazzo forte di carattere e di grande personalità.”[1]

Così parlava dell’attaccante del Sassuolo, nell’ormai non più recentissimo 2014, il Maestro Arrigo Sacchi, uno che qualche talento lo ha allenato nella sua carriera, in particolare nel glorioso periodo rossonero in cui ha rivoluzionato il concetto stesso di calcio.
Un’investitura di promessa gloriosa che ha incontrato tantissimi consensi, tanto che in molti prevedevano per l’attaccante calabrese prospettive ben diverse rispetto alla dimensione in cui pare essersi a tratti smarrito.

Un calciatore estroso, principalmente esterno in un attacco a tre, ha dimostrato in molte occasioni sprazzi di estrema classe e di tecnica sopraffina, alternata ad autentiche cadute verticali in termini di atteggiamento e rendimento, soprattutto realizzativo.

Nella seconda giornata del torneo, contro la Sampdoria, una tripletta devastante nella prima frazione di gioco che ha frantumato gli uomini del suo mentore Di Francesco e che hanno, di fatto, consegnato i primi 3 punti del torneo al suo club, ha riportato in auge il grande tema: Berardi è un campione o no?


- GLI ESORDI
Domenico Berardi nasce sulla costa ionica cosentina, a Cariati, nell’agosto del 1994. A 14 anni entra a far parte dei giovani del Cosenza, ma neanche sedicenne viene prelevato dal Sassuolo, che si convinse, curiosamente, vedendolo giocare a calcetto e a seguito di un provino organizzato dal cugino, in quanto la squadra neroverde, all’epoca, non aveva osservatori in Calabria[2]. Il suo talento cristallino gli consente di fare il suo esordio in Serie B a 18 anni, nella stagione 2012/13, divenendo un punto fermo della storica promozione in Serie A degli emiliani guidati allora dall’ex tecnico della Roma: le sue 11 reti contribuirono in modo determinante alla conquista non solo della promozione ma, addirittura, del campionato cadetto.
Le giocate messe in mostra alla sua prima annata da professionista attirano niente meno che i campioni d’Italia della Juventus, che lo acquisisce in comproprietà, lasciandolo alla formazione in cui è esploso, per assaggiare con continuità il difficoltoso palcoscenico della massima serie.
Prestazioni eccezionali alla stagione d’esordio in A lasciano intravedere qualcosa di diverso rispetto agli altri elementi della sua generazione: è il 12 gennaio 2014, e al Mapei Stadium arriva il Milan, che in 13 minuti si porta sullo 0-2 firmato Robinho e Balotelli. Ma il Diavolo non ha fatto i conti con un autentico prodigio: Berardi segna tre reti nel primo tempo e arriva, a inizio ripresa, a calare addirittura il poker (la partita si concluderà sul 4-3). Solo la leggenda Silvio Piola fu capace di segnare quattro reti ad un’età minore di Mimmo, che si erse definitivamente ad autentico leader tecnico della squadra e che pareva aver disegnato quella notte solo l’alba di un futuro splendente da campione assicurato.

In quella occasione, tra l’altro, Max Allegri guidò per l’ultima volta la squadra rossonera, con cui si separò a seguito proprio dell’inattesa quanto sonora sconfitta.
Una prima stagione chiusa col botto, che gli vale la prima chiamata con la Nazionale under-21, della quale diventa uno dei pilastri.
La stagione seguente segna altre 15 reti, conseguendo una nuova salvezza con la squadra, ottenendo anche il riconoscimento a livello internazionale, venendo inserito tra i giovani più promettenti al mondo dalla rivista Don Balon per tre anni di fila (2013, 2014 e 2015)[3].
Nella stagione 2015/16 riuscì a centrare la qualificazione memorabile in Europa League con la sua squadra, divenendo, l’anno successivo, il miglior realizzatore nelle coppe europee per i neroverdi con 5 reti (e fu anche il primo marcatore in assoluto del team) e in generale il miglior realizzatore della storia segnando il 45° gol contro la “sua” Inter nel gennaio 2016, regalando il successo per 1-0 ai padroni di casa.


- BERARDI: CROCE E DELIZIA
Se da una parte i numeri delle prime stagioni parlano chiaro, dall’altra non mancano diversi episodi che ne hanno probabilmente condizionato la crescita a livelli diversi.
Già nell’ultimo turno della stagione in B, in occasione del trionfo firmato Missiroli al 96’ con il Livorno che valse l’aritmetica promozione, venne espulso e squalificato per tre giornate, a cui se ne aggiunse un’altra per il gran rifiuto a partecipare agli Europei di categoria Under-19, che gli costarono 9 mesi di allontanamento dalla maglia azzurra. Piccoli squilli di limiti che hanno condizionato la consacrazione definitiva del gioiellino mancino.
Il nervosismo frequente in cui è incorso, che lui stesso ammetterà in alcune interviste, lo hanno portato a subire diversi provvedimenti disciplinari: clamorosa fu la gomitata rifilata a Juan Jesus in occasione di Inter-Sassuolo nel 2014, che gli costò espulsione, squalifica e richiamo da parte di mister e società, che bacchettarono in quell’occasione l’eccessiva intemperanza dell’attaccante, capace di perdere la testa tanto quanto quella di spaccare le partite con giocate, reti e assist.
Inoltre, le ultime stagioni sono state caratterizzate da infortuni, rigori sbagliati che sembravano divenuti una maledizione e continui scontri con arbitri, fischi mal digeriti e una incostanza che non gli ha permesso di rendere rispetto alle attese che si erano create sul suo conto.


IL GRAN RIFIUTO
Berardi si è reso inoltre protagonista di un gran rifiuto al passaggio alla Juventus, palesando in modo chiaro la sua autentica fede interista. Nonostante l’interesse di entrambe le società, alla fine nessuna ottenne i diritti del cosentino, che rimase al Sassuolo.
Una vicenda che fu un caso mediatico per qualche giorno, e che mostrò ancora una volta, stavolta dal lato comunicativo, quanto margine di crescita era ancora necessario.
La Juventus, che avendolo acquistato nel 2013 aveva chiaramente intuito le doti tecniche fuori dal comune, abbandonò poi l’idea di portarlo tra le sue fila, complice il forte ostruzionismo del calciatore e la preoccupazione per i suoi “colpi di testa”.


BERARDI E’ UNA BANDIERA?
Premessa: in un periodo storico in cui si parla di assenza di bandiere, di continui cambi di casacca senza più alcun sentimento con la maglia e senza alcun legame con le piazze, Berardi dovrebbe essere considerato un’eccezione, in quanto nella sua carriera da professionista si trova all’ottavo anno consecutivo con la stessa maglia: un qualcosa di strabiliante, di questi tempi.

Eppure, il vice-capitano della squadra non ha mai dato l’impressione di essere una “bandiera” nel senso stretto del termine: saranno le voci di mercato che puntualmente piombano in ogni sessione di mercato, saranno le sue bizze giovanili (che, per sua stessa ammissione, si sono placate con il tempo) ma sicuramente non traspare un attaccamento eccessivo per la causa del Sassuolo, sebbene lui stesso giustificò il mancato passaggio alla Juventus con la voglia di giocare l’Europa con la sua squadra e con l’intenzione di continuare nel suo processo di maturazione calcistica (il che sarebbe apprezzabile), oltre al fatto che lui ha sempre desiderato giocare e non sedersi in panchina.

Eppure, in tutta onestà, chi scrive vede un Berardi molto legato alla “tranquillità” che gli offre una piazza senza grosse pressioni, più che una verace passione per questi colori; sia ben chiaro, lui è un professionista ed è libero di fare le sue scelte, ma per essere una bandiera, a volte, non basta solo la militanza, ma servirebbe un qualcosa di differente.


CAMPIONE O NO?
E arriviamo alla domanda che mi ha spinto a realizzare questo articolo: Berardi è un campione?
Rispondendo di getto, verrebbe da dire no, allo stato attuale.
Legandomi al discorso relativo alla “fedeltà” al Sassuolo, Mimmo appare come un calciatore che non ha grosse ambizioni, a cui piace la sua dimensione ideale e preferisce giocare senza eccessive aspettative. Non è un male in senso stretto, ma restare al Sassuolo non vuol dire per forza limitare il proprio potenziale: potrebbe divenire il leader di una squadra che può ambire, anno dopo anno, perlomeno a sgomitare per arrivare in Europa dove già ci è arrivata.

Se ciò non è possibile, tentare il passaggio in una realtà più complicata, se è vero che è rischioso da una parte, dall’altra garantirebbe la possibilità di mettersi alla prova, di averle provate tutte e di non provare alcun rimpianto.

E’ questa la paura di chi scrive e sicuramente di tanti altri appassionati: un talento come Berardi non deve essere sprecato e dev’essere messo nelle condizioni di poter brillare, sia che decida di restare al Sassuolo sia che decida di andare in futuro in altri lidi.

Però, deve essere consapevole che la normalità non basta: deve essere coraggioso, osare.
In chiave nazionale lo stesso Mancini lo ha convocato a inizio mandato, convinto della bontà dei suoi mezzi, innegabilmente validi.
Sta a lui dimostrare tutto, soprattutto quest’anno: la stagione è iniziata bene e sarebbe importante vivere un’annata di livello sia personale che di squadra, magari mettendo in difficoltà il CT nello scegliere chi convocare per la spedizione europea.

E’ la stagione decisiva: o spicca il volo e diventa un top player a tutti gli effetti, o rimarrà nel suo nido, a svolgere il suo compito senza sussulti.

Solo lui ha il potere di svoltare una carriera che può essere molto più ricca di titoli e successi di quanto fatto finora; solo lui può passare da calciatore "normale" a "eccezionale".

 


[1] Arrigo Sacchi, La Gazzetta dello Sport, 14 gennaio 2014.

[2] https://www.canalesassuolo.it/lino-marzorati-berardi-tecnica-ed-esplosivita-sta-diventando-un-campione/

[3] https://www.101greatgoals.com/blog/the-top-101-youngsters-in-world-football-don-balon-list-2015/