L’uruguaiano Rodrigo Bentancur arriva a Torino nella stagione 2017/2018 con un colpo di mercato derivato dalla trattativa che nell’estate 2015 aveva portato Carlos Tevez al Boca Juniors.
Un giovane di buona prospettiva dal momento che il classe 1997 è considerato in sud America un vero e proprio talento. Uno dei pezzi più pregiati del panorama argentino.
Il ragazzo, atteso con elevate aspettative, trova ad allenarlo Massimiliano Allegri, a cui il ragazzo piace. Per il mister bianconero Rodrigo necessita soltanto di un periodo di decantazione per ambientarsi e per adattarsi ai ritmi della nostra Serie A, così come tutti i giocatori che provengono da un campionato dal ritmo lento come quello argentino.

Una volta trascorso il periodo di apprendistato, Bentancur si fa subito notare e apprezzare per una maturità e una capacità di stare in campo superiore alla media dei ragazzi della sua età. Allegri lo fa quindi esordire il 26 agosto 2017 nella partita di campionato Genoa-Juventus, facendolo subentrare a partita in corso a Miralem Pjanić, nel ruolo di “volante” davanti alla difesa. Il tecnico livornese, che di calcio capisce come pochi, si accorge rapidamente che il ragazzo nato a Nueva Helvecia fatica a destreggiarsi in quella posizione, non avendo le giocate tipiche del play puro. Per fare l’uomo d’ordine davanti alla difesa gli manca un pizzico di sensibilità nel tocco di palla, il lancio in profondità e le giocate in verticale. Caratteristiche che non appartengono al repertorio di “El Lolo”. Rodrigo è più una guardia che un play, rimanendo in ambito cestistico, con uno stile di gioco basato sul gioco corto, sulla fisicità, sulla corsa e sull’irruenza.
Allegri lo schiera allora come mezzala destra per sfruttarne le doti di corsa e fisicità. Ma una mezzala moderna non può prescindere dalla capacità di inserirsi in area di rigore avversaria per cercare la realizzazione diretta, cosa nella quale eccelle il tedesco Khedira, titolare inamovibile di quella mattonella di campo, ma non Bentancur. I due gol nelle tre stagioni e mezza fino ad ora disputate a Torino lo testimoniano e il ragazzo dovrà quindi accontentarsi di giocare spezzoni di partita o di essere schierato in caso di assenza del teutonico di padre tunisino Sami.

Nell’estate 2019, sulla panchina bianconera, arriva Maurizio Sarri, che lo prova addirittura nelle vesti di trequartista, ruolo nel quale sono richieste qualità di rapidità, rifinitura, fantasia, creatività, ultimo passaggio e prolificità sotto porta. Un insieme di caratteristiche che l’uruguaiano non porta nella sua dote, con il buon Maurizio costretto a ripiegare e a riproporlo come vice Pjanić davanti alla difesa e come mezzala destra da alternare al titolare Khedira.

E arriviamo a quest’ultima stagione, dove è Andrea Pirlo che si sta occupando di cercare una definitiva collocazione a questo talento mai completamente sbocciato. All’ex califfo del centrocampo bianconero bastano pochi allenamenti per effettuare una precisa radiografia di Bentancur ed emettere una diagnosi ben precisa: l’uruguaiano non è un regista, ma nemmeno una mezzala. Il tecnico bianconero ne apprezza però le qualità ed è convinto che possa offrire il meglio di sé giocando in un centrocampo a due, con compiti di recupero palloni, pressing e marcature preventive, lasciando i compiti di organizzazione del gioco ad un altro compagno di reparto a cui Bentancur potrà dare assistenza e fare da bodyguard sfruttando le sue grandi qualità fisico - atletiche. Una sorta di centrocampista “universale”, ruolo che richiede abilità, pertinenze e capacità sempre più trasversali e meno specialistiche dal momento che nel calcio moderno conta sempre più la polifunzionalità a discapito della super specializzazione, al fine di poter esercitare padronanza e dominio del gioco di ogni tipo di contesto. Qualità di cui Rodrigo Bentancur dispone e che possono diventare decisive in un calcio sempre più raffinato, perfezionato, avanzato tatticamente, in cui le strategie, il pressing e la copertura degli spazi stanno assumendo livelli e valori sempre più elevati.

Rodrigo non sarà mai un regista nel vero termine della parola, ma pur mantenendo le proprie caratteristiche potrà diventare un grande centrocampista. Questo però, solo se sarà in grado di arrivare a quella maturazione e quella continuità che fino ad ora più volte gli hanno fatto difetto, che gli consentiranno di caricarsi la squadra sulle spalle nei momenti topici delle partite prendendo in mano pallone, responsabilità leadership pur non disponendo dei piedi vellutati e della visione di gioco di giocatori come Pirlo stesso piuttosto che Xavi, Guardiola, Modric, Kroos o Thiago Alcantara, solo per citarne alcuni.

Sta proprio nella capacità di stare e resistere nelle difficoltà, così come nel saperne uscire, ciò che differenzia i campioni dai buoni giocatori. Capacità che appartengono al DNA del centrocampista uruguagio, a cui sarà quindi demandata la decisione di “cosa vorrà fare da grande”: rimanere un buon giocatore o fare il definitivo salto di qualità, diventando un vero top player nel proprio ruolo?