La disfatta "milanese" contro la Svezia ha il sapore amaro della sconfitta annunciata. Quanto successo a San Siro è solo la conseguenza di ciò che, da anni, la politica del calcio italiano è incapace di mettere a posto.
Le sconfitte nello sport sono una possibilità che non bisogna mai scartare, ma arrivare all'appuntamento più importante dell'anno con una squadra che non ha né capo né coda, in un paese in cui il calcio è più di uno sport, e per una compagine pluridecorata come quella azzurra, è inaccettabile!

Non mi soffermo sul valore dei giocatori azzurri scesi in campo nella doppia sfida di PlayOff, e nemmeno sulle loro responsabilità. Finirei per giudicare il singolo, ma non mi pare questo il caso di farlo. Quello che non ha funzionato in questo scorcio di storia della Nazionale è tutto il contesto azzurro. Ancor prima che la partita con la Svezia fosse finita si aveva la sensazione che solo un miracolo calcistico potesse portare gli azzurri ai mondiali. In campo, però, si è visto come, a livello individuale, la differenza tecnica fosse netta, eppure è bastato un minimo di organizzazione da parte degli svedesi per vedere vanificato il bagaglio tecnico che appartiene ai nostri calciatori. Detto in maniera semplice e diretta, la sensazione che ho avuto, davanti alla TV, è quella che si affrontassero una squadra che aveva studiato nei minimi dettagli quello da fare in campo, la Svezia, ed una che in campo era scesa senza idee, quasi il risultato fosse qualcosa di acquisito per diritto divino, l’Italia. Nel calcio di oggi non bastano i campioni, i fuoriclasse o le legende, servono anche le idee e l'organizzazione.

Per tutto questo esistono gli allenatori o, per meglio dire, i CT, e le federazioni. Il nostro CT dov'era? In due anni che direttive ha impartito ai suoi convocati? In che modo ha sfruttato l’esperienza di personaggi come Buffon, De Rossi, Chiellini, Barzagli e altri affinché potessero incanalare al meglio quanto ancora erano in grado di dare sul campo?

E ancora: cosa faceva “il governo” del calcio mentre la nazionale arrancava anche contro squadre meno quotate delle Svezia stessa? In base a quale logica si prolungava il contratto di un CT che non è riuscito in nessun modo a impensierire l’unico avversario “vero” del girone, la Spagna?

Oggi il calcio italiano si lecca le ferite di una gestione discutibile del settore tecnico. A cosa sono serviti gli stages se per vedere il miglior centrocampista italiano in quanto a mole di gioco prodotto negli ultimi 2/3 campionati (tale Jorgino, oriundo, ma convocabile) abbiamo dovuto aspettare l’ultima partita, quella della disperazione? A cosa sono serviti due anni di lavoro se nelle due formazioni azzurre schierate contro gli svedesi i titolari erano per 8/11 gli stessi dell’europeo del 2016?

Ci sarebbero ancora molte altre domande da fare, ma credo che quelle appena poste siano sufficienti a spiegare cosa abbiamo, sportivamente, vissuto. Sembra facile oggi sparare su CT e FIGC, ma bisogna farlo. E’ questo il momento di tirare le somme. Di mettere fine ad uno scempio che va avanti da anni e non solo a livello di Nazionale.

Siamo diventati il paese in cui lo sport nazionale vede le proprie istituzioni impegnate a fare giustizia sommaria a destra e manca, a litigare per le poltrone, per averle o per tenersele strette, a guerreggiare per gli spiccioli mentre altri paesi godono di ricchezzesmisurate”. Siamo il paese dei piagnistei infiniti su come lo stato non sia presente, su come sia difficile fare uno stadio, su come è brutto che vinca solo la Juventus (qui parlo da tifoso, fiero di essere tale). Basta!!! Nello sport le chiacchiere non segnano goal, non costruiscono stadi, non vincono competizioni. Servono conoscenza e competenza. Programmazione e azione. Non ci servono più i “politici pallonari” che vivono di apparenza. Dateci gente che capisca di sport e di calcio, che sappia capire dove sta il meglio e portarlo anche da noi. Ridateci il nostro caro calcio!!!

Forza Italia!