Darà fastidio ai fan di Donnarumma, ma al 2° minuto del primo tempo Gianluigi, detto Gigio, ha davvero rischiato di affossare la propria squadra. La palla aveva attraversato tutta l'area di rigore per giungere al modesto Shaw che l'aveva appoggiata in porta. Il portiere azzurro non aveva seguito l'azione, come già gli era capitato in occasione dei 2 gol presi contro l'Austria (uno annullato) e di quello incassato contro la Spagna. Si è fatto trovare fermo sulle gambe, per cui non è riuscito ad abbozzare un passo più in là o ad allungare il braccio, interventi che gli avrebbero consentito di evitare la rete senza eccessivi patemi.

A Wembley c'era un clima da "la partita è soltanto una formalità perché si sa che dobbiamo vincere noi Inglesi", qualcosa di simile a quello che c'era un tempo nelle finali della Coppa Intercontinentale. Cosa avesse persuaso gli Inglesi che la vittoria dovesse spettare a loro, non lo si capiva, ma si percepiva che i britannici ne erano convinti. E certo la dormita di Donnarumma aveva gettato un'ideale tanica di benzina sul falò che già ardeva nella capitale inglese. L'Italia, per giunta sembrava intontita come lo stesso Gigio. Quando il nostro portiere, dopo pochi minuti, si sbracciava platealmente per stimolare i compagni, era evidente che stava dando coraggio in primis a sé stesso.

L'Inghilterra, però, perdeva l'occasione, in quanto non approfittava del comprensibile sbandamento azzurro. Gli italiani apparivano in difficoltà, ma per tutta la prima fase i sudditi di Sua Maestà non arrivavano mai alla porta azzurra, anche se venivano respinti con affanno ai limiti dell'area in 3-4 occasioni. Col passare del tempo, invece, era l'Italia che tirava qualche stoccata. Insigne, volenterosissimo, appariva purtroppo troppo nervoso per essere preciso e Immobile si rivelava, dal punto di vista puramente calcistico, incapace di intendere e di volere.

Non confondete il pressing alto con la presenza fissa di 4-5 uomini al limite dell'area avversaria, nel momento in cui gli altri fanno ripartire l'azione. Gli Inglesi erano sempre lì al limite della nostra, pronti a contrastarci, ma non lo facevano, si limitavano a indietreggiare in buon ordine, come se il loro scopo fosse quello di ritardare la nostra costruzione, senza cercare di toglierci il pallone in quella zona. Passo dopo passo, gli avversari si ritrovavano a fare catenaccio nella propria metà campo, con una piramide di 10 uomini davanti al portiere, che si trasformava, se gli Italiani avanzavano troppo, nella classica doppia linea sovrapposta sulla trequarti difensiva. Il numero dei giocatori sulle linee (3, 4, 5 o quanti ne volete...) contava poco, perché l'obiettivo era fare massa come ai bei tempi del Padova di Nereo Rocco. Lì stava l'errore degli Inglesi, nell'applicare una tattica sacrosanta quando si è in difficoltà, ma senza senso, quando lo sono gli avversari.

In occasione del pareggio dell'Italia, Pickford salvava su Verratti in una situazione simile a quella in cui l'Italia aveva subito rete. Era la prova che il gol preso da Gigio era evitabile. Bonucci ribadiva in rete, ma la sua reattività sui difensori avversari non toglieva che Pickford aveva fatto il suo. 
Tirando le somme, al 90° si faceva mente locale che Donnarumma aveva subito solo 2 tiri, di cui uno era stato un colpo di testa destinato ad andare alto. Il portiere azzurro, per evitare rischi, aveva alzato sulla traversa. Pickford, invece, era stato il migliore dei suoi. Agli effetti della filosofia del calcio, il pareggio era giusto, perché i goal erano stati uno per parte e nel calcio contano solo quelli.

Già nei 90 regolamentari, l'Italia aveva iniziato a perdere i pezzi e continuava a perdere titolari nei tempi supplementari. L'Inghilterra cominciava a temere i calci di rigore, nei quali gli Italiani si erano fatti valere contro gli spagnoli, per cui attaccava, senza però mai arrivare ai guantoni di Donnarumma. Si arrivava così alla lotteria dei penalty, che lotteria non è, perché è un vero e proprio test di concentrazione, freddezza e bravura.
Gigio Donnarumma, novello dio Giano Bifronte degli antichi Romani, mostrava il suo volto migliore, ma non solo e non tanto sui rigori parati. Quando Rashford, molto sicuro di sé, ha interrotto la rincorsa sul suo penalty, Donnarumma ha compiuto un capolavoro che altri non fanno in tutta la carriera, perché è rimasto fermo, distraendo il fortissimo inglese quel tanto che bastava da costringerlo ad allargare il tiro sul palo esterno.
Chi ha giocato in porta sa quale capolavoro di freddezza sia stato quello del portiere azzurro, anche conoscendo i trucchi dell'avversario.
Quando ha sbagliato Saha, l'Italia è esplosa, mentre Wembley è precipitata nell'incubo come il Brasile contro l'Uruguay nel 1950. Come quel Brasile non seppe chiudere la partita dopo il vantaggio, ma si cullò sull'unico goal fatto, così l'Inghilterra ha pensato solo a gestire la sua rete. Come l'Uruguay del '50, l'Italia è riuscita ad assorbire il colpo nel corso del primo tempo, per poi punire gli avversari nel secondo. Come il Brasile del 1950 era convinto di aver già vinto, così l'Inghilterra di ieri era convinta che la coppa fosse già sua, magari per qualche postilla del regolamento e, come succede in questi casi, le reazioni alla delusione sono state spropositate.

Nel 1950 si registrò un'impennata di suicidi fra i brasiliani dopo la sconfitta, ieri fra gli Inglesi si è registrata un'esplosione di infantilità e cafoneria gratuita. Passando uno per uno da Ceferin per la medaglia del secondo posto, i sudditi di Sua Maestà se la sono tolta platealente di fronte alla telecamera subito dopo averla ricevuta. Il gesto era un evidente rifiuto di riconoscere e, quindi, di legittimare la vittoria italiana. Il Principe William, che avrebbe dovuto avere una certa sensibilità per i doveri ufficiali, si è defilato, mentre era previsto che premiasse i vincitori. La sua è apparsa una fuga alla chetichella che un uomo del suo rango e col suo ruolo non avrebbe dovuto mettere in atto.

L'arbitro è stato severo solo con gli azzurri e, nei supplementari, ha fatto battere un calcio di punizione senza far rientrare in campo Jorgjnho, fuori per infortunio. Per il resto, pur mostrando una certa benevolenza verso i padroni di casa, è stato un direttore ragionevolmente accettabile. Forse i nostri avversari si aspettavano altro.

Donnarumma? Ne ho parlato a sufficienza. Con lui si sta cercando di gonfiare il solito pupo ovvero di creare il fenomeno a tavolino. Ieri, piaccia o no ai suoi menestrelli (che lo propongono per il Nobel) ha dimostrato di essere quasi eccezionale se può concentrarsi sulla singola azione, come in occasione dei calci di rigore. Ha mostrato, anche e per l'ennesima volta, che non è nulla di straordinario se deve seguire gli sviluppi del gioco in movimento.  Le cose non si escludono e convivono nel giocatore, definendone il valore molto in alto, anche se non ai livelli che i suoi fan vorrebbero.

Ogni uomo deve ricevere le lodi che merita e Donnarumma le merita tutte, per quello che ha fatto ai calci di rigore. Va fatto notare, tuttavia che, fra ottavi e finale, ha fatto 4 errori in fotocopia, pur essendo in gran forma, come ha dimostrato ai calci di rigore. Troppi, per l'Oscar, l'Emmy, il Nobel, il David di Donatello e consimili riconoscimenti. Conviene aspettare che cresca.