Ho visto dal vivo il Milan di Rivera, Prati e Rosato. Ho visto quello in B. Questo vuol dire che le mie primavere sono tante.
Fino al 2012 ho sempre sentito quanto il Milan fosse temuto e rispettato, ma poi qualcosa si è rotto e da allora nessuno è riuscito a ricomporre i pezzi.

Ieri sera in una nota trasmissione sportiva ho visto cosa vuol dire toccare il fondo della mancanza di rispetto verso la nostra squadra! Si parlava ovviamente di Higuain e della Supercoppa: le risatine da quattro soldi sul Pipita che vuole darsela a gambe dopo sei mesi e sul cappotto che la Juve ci infliggerà domani sera, mi risultavano intollerabili, al limite del vomitevole.

Sono sempre stato in prima fila nel criticare la società Milan, anche nella figura dell’ultima proprietà, nella cui confusionaria gestione sta la frittata Higuaìn, la dilettantesca decisione di come operare sul mercato e molto altro. Ma la presa in giro non mi sta bene! L’altezzosita di alcuni interisti e juventini, il loro tono di sufficienza e scherno è veramente fuori luogo. Forse anche in momenti davvero tremendi come questi per il Milan, farebbero bene a non dimenticare mai, gli uni che vincono una Champions ogni 45 anni, gli altri che ne hanno collezionate la miseria di due, perdendone sette!

Cio’ non mi fa recedere comunque di un passo dal pungolare il fondo che ci gestisce: se siamo arrivati a questi livelli, significa che il traguardo della credibilità e del rispetto internazionale, oggi, sono distanti esattamente come uno, due o tre anni fa! 

Non basta chiamarsi Elliott per riconquistare il rispetto: occorrono i fatti. E i fatti partono dalla capacità di essere chiari con stampa, tifo e dipendenti, siano essi manager o giocatori. Il passo successivo è essere capaci di dare una vera svolta tecnica ad una squadra che non azzecca una sessione di mercato da anni. In queste cose, al momento, siamo allo stesso identico livello dell’ultimo Berlusconi e di Yonghong Lì.

Serve ben altro per ridare valore ad un brand: si deve partire dal rispetto e dal timore sportivo che questo brand incute negli avversari: quegli avversari che oggi se la ridono.