Il Paese dalla quattro P. Così può essere chiamato Casarsa, a pochi minuti da Pordenone. Questo perchè il cartello che dà il benvenuto recita: Paese di Pier Paolo Pasolini. Nella Casa Colussi, dimora della famiglia materna di Pasolini e che è stata anche sua abitazione nel  periodo che andava dal '43 al '49 è ospitato il centro studi dedicato all'immenso Poeta. Al più importante poeta degli ultimi decenni che il nostro Paese ha avuto, ha amato ed anche odiato. Tante stanze ed ogni stanza contiene un qualcosa di pasoliniano. Come il suo essere pittore, i suoi manifesti politici e soprattutto il suo essere calciatore. Una stanza intera, a righe rosse e blu, i colori del suo Bologna, sua città natale. Foto bellissime, lui che corre, lui ala, lui noto come lo “Stukas”. Così lo chiamavano gli amici. Una stanza intera, tra le diverse stanze, forse quella più grezza, più vera, quella che esprimeva la libertà. Quella libertà che solo un calcio al pallone riusciva a darti, scacciando via ogni pregiudizio, ogni tutto. Tu e il pallone. Tu e il campo. Tu e i tuoi compagni di squadra. Ma quella libertà di essere se stessi oltre quel calcio era negata a Pasolini come oggi è negata a tantissime persone. Sei omosessuale? Rischi di essere vittima di aggressione squadriste per la strada. L'Italia ha avuto durante il fascismo centinaia di deportati e confinati solo per il loro essere omosessuali.
E la cosa incredibile è che lo Stato, dopo la caduta del fascismo e la liberazione non li ha mai riabilitati.
Una pagina nera che ci trasciniamo da decenni, al piede, le cui conseguenze si son viste in quelle urla da ultras della peggiore specie nel Parlamento italiano.
Festeggiare per aver affossato una legge che puniva chi commetteva razzismo omotransfobico. E la libertà di poter manifestare le proprie idee contro l'omosessualità, era, nonostante tutto, garantita. Anche se va detto che l'estrema tolleranza verso le idee intolleranti hanno prodotto solo delle mostruosità. Ieri, come oggi. Pasolini massacrato per il suo essere omosessuale, Pasolini, massacrato per le sue idee, Pasolini, massacrato per aver osato mettere in discussione un sistema fallito e corrotto. Cosa è cambiato da quel tempo? Son passati quasi cinquant'anni da quando venne ucciso. I giornalisti, pubblicisti, blogger, operatori dell'informazione che osano fare inchiesta e andare contro il sistema, in Italia sono minacciati, vengono uccisi rendendo la vita impossibile, sono sotto scorta. E tutto questo in uno dei Paesi fondatori dell'Unione Europea. Non brilliamo per la libertà di stampa in Italia, siamo in posizioni imbarazzanti nelle classifiche mondiali, ma ancor più imbarazzante è che chi fa inchiesta deve giustificarsi. Informare per formare, si diceva. Non siamo liberi di essere liberi, credere, obbedire, combattere si diceva sotto il fascismo, oggi a Bolzano, città delle due dittature, si può leggere che nessuno ha il diritto di obbedire.

Viviamo un tempo difficile, avvelenato. Anche il calcio non è più quello di una volta, almeno quello professionista. Si racconta che la genuinità del calcio oggi la si può vivere in quello femminile, la cui vocazione ora va o torna indietro, dipende da come ci si alza la mattina, ma il movimento cresce, l'entusiasmo pure, perchè l'unica cosa che interessa è rincorrere quella palla per fare un goal. Un goal che ti possa far assaporare un pezzettino di libertà che la società di oggi non è in grado ancora di garantirti e che Pasolini ha cercato di conquistare ogni giorno della sua vita, a modo suo.