Roma, a mio avviso, è la città più bella del mondo, e soprattutto lo è in primavera. Roma non è una città, ma un museo da attraversare il punta di piedi, come disse Alberto Sordi. Ciò che si respira a Roma in primavera non è aria, è un'atmosfera che sembra essersi fermata nel tempo, ti sembra di vivere in un altro mondo, lontano da quello conosciuto. Tutto sembra un set cinematografico, si respira romanità ovunque, si sente romanità ovunque. In qualsiasi altro posto del mondo ti potresti perdere, non capire più dove sei, a Roma no. L'ho sempre ammesso di aver un debole per Roma, città, artisti, tifosi giallorossi. Una passione strana per uno che vive a due passi da un'altra grande bella città come Venezia. Ma Venezia è più fredda, più estranea, assolutamente bella e maledetta, ma poco coinvolgente. Da Sordi, De Dica, Verdone, a Sora Lella, Gigi Proietti, Brignano, Mattioli, Amendola, da Baglioni, Zero, Venditti, Fabrizio Moro e molti altri ancora. Un esercito di artisti che hanno portato e portano Roma nel cuore. A far cresce questa "passione" ha contribuito anche l'amicizia con Massimo, conosciuto a militare. È venerdì 16 aprile 1993, sono appena arrivato alla stazione Termini e lui è lì puntuale ad accogliermi. Tempo di arrivare a casa sua, appoggiare il borsone, conoscere sua mamma, e via con la sua Vespa....rigorosamente giallorossa, per un primo tour cittadino. Mi sembra e essere dentro ad un film, girare per Roma seduto dietro su una Vespa, sa molto di anni 60 e de "La dolce vita". Ogni angolo un monumento, ogni sampietrino emana storia, mi sento come un bambino nel campo dei balocchi. Gira e rigira, Massimo ad un certo punto si ferma in una sorta di pub, saluta tutti i suoi amici, tutti con soprannomi improbabili tipo, "el carota" "er bisonte" "er caimano", quest'ultimo sembra un sosia del famoso "er monnezza" Tomas Miliam. Mi sorge spontanea una domanda, e in disparte gli chiedo, "Max ma i tuoi amici sanno che sono juventino?", lui mi guarda e con un semisorriso mi fa....ora lo scoprirai. Si avvicina uno grande e grosso e mi fa:"ao che tu saresti er gobbo?" ecco lo sanno. Strette di mano, pacche sulla spalla, mi ritrovo con una birra in mano. Sembra quasi non gli dia fastidio la mia fede calcistica, a tutti tranne uno che mi squadra dall'alto al basso ma non si avvicina. Max gli si avvicina gli dice due parole, lui alza le spalle e mi viene a salutare. " e così domenica verrai in curva con noi ad assistere ad una vera partita di calcio?" Tra le altre cose per le quali ha sempre amato Roma, c'è anche il senso di appartenenza di una città e dei suoi tifosi per la propria squadra del cuore, ovviamente lo stesso vale anche per i laziali. Chi come me è nato e vive in provincia in un posto dove non esiste una vera e propria squadra, se non quelli locali quasi amatoriali, l'essere juventino, milanista o interista, diventa una passione vera ma allo stesso tempo priva di quella atmosfera che si vive abitando nella stessa città della squadra. Al di là del calore e del folklore, che possono variare a seconda della città, penso che poter vivere una passione come il tifo nella città dove è nata, vive si allena e gioca proprio la tua squadra, sia un vantaggio e un plus non da poco conto. Io stesso avere la Juventus a 400 chilometri da me, non è semplice e molto spesso devo approfittare di andare a vederla quando viene a Verona Udine o Bologna, e ovviamente è tutt'altra cosa che seguirla in casa. Poter raggiungere lo stadio a piedi, in motorino o con qualche mezzo pubblico e un vantaggio assoluto che si riflette anche e soprattutto nel modo di vivere la propria fede calcistica. In città il sabato si respirava soltanto aria di derby. Donne, uomini, bambini, di tutte le fasce d'età erano immersi in una sorta di trans agonistica che per quei giorni dimenticava tutto il resto. Più che la speranza e la voglia di vincere quella partita, si sentiva la paura di perderla, perché come mi hanno spiegato e fatto capire bene Massimo e i suoi amici, perdere significa avere per mesi e mesi una spada di Damocle sulla testa. Arriva la domenica mattina. Inizia tutto un rito di preparativi, ordinari e scaramantici, che accompagnano l'inizio della partita. Dall'orario della sveglia, al come vestirsi, a cosa mangiare e soprattutto all'orario preciso del ritrovo con gli altri per poi raggiungere lo stadio Olimpico. Il ritrovo era a una via di mezzo tra l'abitazione e lo stadio, ci si è arrivati in Vespa, poi da lì tutti a piedi. Per strada persone in pellegrinaggio, camminano colorati di giallorosso, o biancoazzuro. Cori da una parte e dall'altra si intonano a squarcia gola per incitamento o per esorcizzare la tensione che sale pian piano ma innarestabile. Si arriva allo stadio, mezz'ora prima dell'inizio della partita, perché Massimo voleva farmi provare la sensazione di entrare in curva sud già piena. La sensazione che ho provato appena affacciato in curva e con tutto l'Olimpico davanti a me è stata incredibile. Il tutto culminato quando dalla curva è partito l'inno "Roma Roma Roma", un tripudio di sciarpe, bandiere, una preghiera cantata da tutti ma proprio tutti come un mantra, come una religiosa omelia. Ammetto che mi sono venuti i brividi e gli occhi rossi davanti a tanta passione. A ventidue anni, con pochissime esperienza del genere vissute, c'è mancato veramente poco ad una mia conversione. La Roma era la Roma di Boskov, di Giannini (il principe), Rizzitelli, Carnevale, Mihailovjc. La Lazio di Zoff, di Signori e Gascoigne. Il derby fini' zero a zero. Onestamente non ricordo praticamente nulla della partita, tanto ero rapito dal clima e da cosa succedeva in curva e nello stadio in generale. Finita la partita pian piano, molto pian piano si fece ritorno. Tornai a prendermi il borsone e tornai alla stazione per ritornare a casa. Salutai calorosamente Max, lo ringraziai di tutto e soprattutto per avermi fatto vivere una esperienza indimenticabile. Il giorno dopo, il 19 aprile, era il mio compleanno, è stato uno dei regali più belli, che ancora porto le sensazioni indescrivibili dentro di me dopo quasi trent'anni. Sono juventino, la passione per il calcio e per la mia Juventus non si discutono, ma non ho paura di ammettere che quella passione, quelle sensazioni le ho vissute solo quel giorno.

Tutt'oggi sono innamorato di Roma città e simpatizzante, se così si può dire, del mondo giallorosso, perché ho ancora un legame forte con Max che non ci mette la scala a ricordarmi la sua passione, e perché ciò che ho vissuto in quel week end me lo tengo stretto dentro.
Grazie Max e amici giallorossi.