In questi giorni mi è capitato di soffermarmi più di una volta a leggere le parole di Cesare Prandelli. Le sue dimissioni, sportivamente incomprensibili, mi hanno sorpreso ma quello che più mi ha lasciato di stucco sono state le sue considerazioni. E sono sensazioni difficili da spiegare, ma per un attimo ho avuto il presentimento che il calcio stia morendo. Non parlo dell'industria che ormai da anni ha imparato a far girare fior di quattrini, ma di quello sport capace di emozionare, di accendere i sogni di ogni bambino e perchè no, capace di far vestire da supereroi i suoi protagonisti. In realtà poi ti accorgi che questi personaggi non sono nient'altro che degli esseri umani come tutti gli altri e che anche loro possono mettere a nudo le loro paure, le loro debolezze. L' esposizione mediatica che negli anni è diventata sempre più influente ed incisiva di certo non aiuta a passare momenti complicati, lontano dai riflettori. Non so cosa ci sia dietro questa scelta e sicuramente non sta a me nè a nessun'altro giudicarla, anche perchè deve sicuramente esserci un motivo certamente valido che ha spinto Prandelli a questo gesto, per certi versi "estremo". Sarebbe stato infatti sicuramente più semplice ripetere quanto fatto al Genoa due anni fa, che navigava in condizioni certamente peggiori che questa Fiorentina. Arrivare a fine stagione, salutare con un arrivederci e grazie e chi si è visto, si è visto.

Per questo leggendo quella lettera in maniera più cinica, più razionale, grazie anche ad uno scambio di battute con un grande blogger come Arsenico, l'emozione scaturita dalla prima lettura a caldo, è finita per trasformarsi in un pezzo freddo che non ha fatto nient'altro che lasciarmi con un pò di amaro in bocca. Perchè è vero che spesso la vita ci mette davanti a prove apparentemente insuperabili, dolori troppo grandi che talvolta tolgono anche la voglia di vivere, figurarsi di giocare o allenare. Ma è anche vero che spesso lo sport potrebbe aiutare ad alleviare il dolore, potrebbe trasformarsi in un sano portatore di entusiasmo e positività anche nei momenti più bui.

Ho apprezzato moltissimo un grandissimo lottatore come Sinisa Mihajlovic, che nonostante si sia trovato ad affrontare un nemico enorme, non ha voluto mettere da parte la sua passione, ho pensato a quei padri che non vivono di rendita, che non possono permettersi di scegliere, perchè l'unico loro obiettivo è quello di portare il pane a tavola. Ecco, quelli io li chiamo EROI perchè in fondo quando arriva quell'ombra a mangiarti dentro, devi trovare in te stesso la forza per riaccendere la luce. Marco Mengoni cantava così: "sostengono gli eroi che quando il gioco si fa duro è da giocare", e devi giocare con la passione, ma non per lo sport, né per il lavoro, ma per i tuoi FIGLI.
Ti sei fermato sul più bello Cesare ed io spero non sia davvero la fine della tua carriera da allenatore, perchè ad ogni modo un SIGNORE quale hai sempre dimostrato di essere, non merita un finale così. Ed anche se non è assolutamente nel tuo stile, io spero di rivederti un giorno su una panchina, magari correndo sotto la curva avversaria, alla Mazzone dopo quel derby tra Atalanta e Brescia, trasudando passione. Ma forse quel giorno non arriverà mai, perchè in fondo non sei stato tu a lasciare il calcio ma è stato il calcio ad abbandonare te. Hai lasciato da uomo, quando ti sarebbe bastato davvero poco per rappresentare, per Firenze, qualcos'altro.
Ora che il calcio ha già perso le "bandiere", non toglieteci anche i supereroi