" No...no... Sig. Massimo B. ...così non può andare...mi spiace...ma io a norma di contratto debbo farle una lettera scritta di richiamo...lei questo mese ha timbrato per quattro volte il suo cartellino con ritardi dai 5 ai 15 minuti...mi spiace... sappiamo tutti che lei è un ottimo tecnico...ma l'orario va rispettato!! Il proprietario sotto questo punto di vista è intransigente!"

Era il responsabile del Personale nell'azienda presso la quale ho operato negli ultimi anni antecedenti alla mia pensione. 
Si trattava di una società inserita nel settore delle Telecomunicazioni, avente tuttora la sua sede al Laurentino, un quartiere all'estremo Sud della capitale, mentre la mia abitazione è esattamente all'opposto, nel quartiere Nuovo Salario alla periferia Nord Est, nei pressi del centro commerciale Porta di Roma. 
Per timbrare il mio ingresso in azienda alle 8.30 uscivo di casa alle 7, percorrevo un breve tratto a piedi per attendere il primo bus della giornata, solitamente in arrivo entro 5' di attesa ed in 15' arrivavo fino alla stazione metro di Ionio, da qui raggiungevo il capolinea Laurentino in 35' circa, ma per arrivare in azienda c'era ancora da percorrere oltre 1 km e quasi sempre a piedi, dati gli scarsi e i non puntuali passaggi dell'unico autobus di linea. Questa fu la mia Via Crucis quotidiana sino alla fine di quel mese. 
Correva infatti il febbraio dell'anno 2001. "Se vuole un consiglio... Sig. Massimo!... Si svegli prima!!", fu la lapidaria frase pronunciata dal Capo del Personale alla consegna, il giorno seguente, della mia prima ed unica lettera di richiamo ricevuta nella mia vita in qualità di dipendente.
In conseguenza di quel provvedimento sentivo di dover prendere una decisione importante, svegliarmi non più alle 6.30 come era mio solito, ma mezz'ora prima e ciò avrebbe significato modificare il mio bioritmo di sonno ormai autotaratosi da decenni attorno alle sette ore.
Non lo ritenni un valido correttivo, preferii pensarne un altro partorendo l'idea, terrorizzato dal solo pensiero che una seconda lettera di richiamo per ripetuti ritardi avrebbe potuto generare a norma di contratto anche un provvedimento ancora più grave, di attrezzarmi con un mezzo a due ruote per raggiungere il lavoro ed ovviamente ne avrei dovuto preventivare l'acquisto. Era l'unica alternativa, scartando l'uso dell'automobile per il classico tappo di traffico che si forma nella capitale nelle ore di punta e così poter timbrare in orario, lavorare e... proseguire serenamente verso la pensione!
Tutti in famiglia furono contrari a questa mia decisione..." Tu... caro Massi non sei più in ragazzo... hai 53 anni! "- queste le parole di mia moglie Angela- ..."e tu papà devi pensare a quando farà brutto tempo... freddo, acqua e Roma poi... con le sue buche!!" - queste le parole di mia figlia Sofia-.
Meditai tutta la notte, il mattino seguente era un sabato e me ne andai a visitare un paio di concessionari di moto e scooter. 
Io sono un vecchio lambrettista, ma la Lambretta non è più prodotta da vari decenni e così, mio malgrado, dovetti dirottare la mia scelta sulla Vespa... è come dire ad un tifoso rossonero di scambiare la sua maglia con quella di un tifoso Nerazzurro. 
Il mio budget era molto limitato e così mi contentai di una Vespa PX125 usata, ma in buono stato e con soli 29.000 km percorsi. 
Risalivo sulle due ruote dopo circa 20 anni. Con quella Vespa percorsi oltre 60.000 km negli 8 anni che da quel febbraio 2000 mi condussero alla pensione
Attraversavo la città passando per il centro, allora era ancora consentito alle due ruote, detestavo percorrere la tangenziale ritenendola troppo pericolosa, ciò nonostante caddi un paio di volte fortunatamente senza conseguenze, ma raggiunsi il mio scopo principale, con quella Vespa non feci mai più tardi, percorrendo i 21 km del tragitto casa-lavoro in 45/55' contro 1 ora e 40/50' con i mezzi pubblici, quando tutto andava bene e quindi... e soprattutto oscurai dalla mia mente, e per sempre, quella indigesta lettera di richiamo.

Ma a quel tempo accadde un fatto imprevisto relativo alla mia salute e fortemente correlato al repentino cambio del mezzo di trasporto.
Dovetti allora prendere, all'età di 53 anni, una inusuale novità nel mio stile di vita e cioè proteggermi dalla disidratazione di cui il mio corpo, come venni a scoprire, soffriva e quindi mi abitui a bere molto durante il giorno e soprattutto fuori dai pasti, almeno un litro e mezzo di acqua, altrimenti i miei reni avrebbero potuto andare in sofferenza... e così avvenne... ecco il perchè di questa strana divagazione che vado a sintetizzare... con tanto di comico e posticcio epilogo!

Era un'assolata mattinata primaverile, percorrevo con la mia Vespa il solito percorso, quando giunto pressappoco a metà strada tra casa e ufficio, all'altezza della salitella del colle Aventino, avvertii improvvisamente il posteriore dello scooter sbandare e non rispondere più alle accelerazioni.  Avevo bucato, spinsi a mano per 2/300 mt. di salita la Vespa il cui peso a vuoto sfiora il quintale, ma alla cima di quell'erta mi era parso fosse diventato, dallo sforzo disumano che feci, quasi una tonnellata! 
Risalii in sella stremato, raggiunsi dopo circa mezzo km di discesa una stazione di servizio, dove fortunatamente annesso alla pompa di benzina c'era anche un gommista. Telefonai in ditta chiedendo, a causa l'imprevisto, il permesso di ritardare il mio ingresso di un paio di ore.
Il responsabile del Personale mi rispose che non c'erano problemi. Il problema lo ebbe invece il sottoscritto che verso l'ora di pranzo avvertì una strana fitta di dolore ai fianchi in corrispondenza dei reni, ma durò solo pochi secondi, non dando peso all'episodio, scambiando quel momentaneo dolore per un passeggero crampo di fame, e dopo pranzo prendendo un caffè con i colleghi sembrava fosse tutto passato, anzi raccontavo ridendo l'episodio della foratura con la Vespa... e tornai al mio banco di lavoro, quando dopo una mezz'oretta avvertii un forte ed improvviso mancamento ed un collega al mio fianco mi vide sbiancare e rischiare di cadere dallo sgabello se non fosse intervenuto con un salto fulmineo a sorreggermi per evitare la caduta. 
Mi svegliai un'ora dopo... mi trovavo steso sul lettino di un Pronto Soccorso del Policlinico... ero nel pieno di una colica renale ed il calcolo nascosto nei meandri delle vie urinarie non ci fu verso di espellerlo per ben sei giorni successivi al mio ricovero. 
Tutte le mattine mi veniva iniettata per endovena una soluzione fisiologica il cui scopo era quello di accelerare con il suo carico drenante l'espulsione del calcolo. E così, dopo quella somministrazione, ogni pomeriggio ero sottoposto a coliche artificiali, con dolori simili alle partorienti, ma il calcolo non ne volle sapere di uscire dal mio corpo. Il Primario di Urologia decise allora di andarlo a prendere con un intervento chirurgico e nel settimo giorno di degenza rimasi a digiuno in attesa dell'intervento del mattino seguente. Verso sera venne da me un infermiere, un giovane siciliano, molto simpatico, mi fece denudare per farmi la "barba" e parlando mi chiese cosa avessi. A narrazione ultimata mi raccontò con marcato accento siculo questa vera storia: "...anche mia madre ebbe 'na colica renale...e sà come ci passò!?! - non saprei! - ...bevve a digiuno 'na bottiglia de Coca Cola ..e poi fice 3..4..5 volte ...'e scale di corsa ...ma assai...assai!!..beh...a la fine u calcolo se ne sparì!!"
Il mio intervento era fissato per le ore 9. 
Mi alzai alle 6, scesi in pigiama al distributore di bibite e presi due lattine di Coca Cola e con l'ascensore andai al 5° piano di quell'ala del Policlinico, mi stracannai la due lattine di Coca e non ricordo bene quante volte feci le scale di corsa, forse una diecina, prendendo l'ascensore per la salita, e ributtandomi a tutta velocità per le scale nella discesa con il rischio di finire direttamente in Ortopedia... ricordo solo la confusa concitazione di una caposala del secondo piano che stava chiamando una sua collega del padiglione Psichiatria riferendogli che probabilmente un suo paziente aveva scambiato reparto, essendo finito in quello di Urologia correndo per le scale come un matto.

Quando mi portarono in sala operatoria e mi prepararono per l'intervento il Professore con uno scanner esplorava il mio corpo alla ricerca del calcolo...ma...cerca...cerca...il calcolo non lo trovò!...e mi fece una domanda: "...Sig. Massimo...ma lei è digiuno da ieri!?"  "...Sì..Professore...ed ho pure fame!"  "...ma..ascolti...stamane prima di stendersi su questo lettino, ha per caso urinato!?" "..Sì..Professore...un quarto d'ora fà!"  "...e per caso non ha mica sentito un "tic"?....."...no, Professore...nessun rumore...mi sono sciacquato perchè ero molto sudato..." "...ma come...sudato!?...senta Sig. Massimo...il calcolo non c'è più...lei lo ha espulso e non se n'è nemmeno accorto!...meglio così... ora si alzi... l'intervento è annullato!...Ma mi ascolti bene affinchè non si ripetano quelle dolorosissime coliche... d'ora in poi mangi di tutto ma moderatamente e non faccia abuso di cibi grassi e di formaggi, eviti tutto ciò che contiene troppo calcio...è un nemico dei reni!...e d'ora in poi, per tutta la vita, beva tanta acqua, fuori dai pasti, mi raccomando, almeno un litro e mezzo, sempre!...la marca non ha importanza...basta che sia povera di calcio...stia bene ..Massimo!"  "...Grazie a Lei... Professore!" (....e alla Coca Cola...ma...shhh!!).

A metà Marzo di quell'anno torno al lavoro con la mia Vespa. Dunque lo sforzo fisico prodotto quando bucai mi scatenò quella tempesta di coliche.  Fu una brutta esperienza, ma ora a distanza di vent'anni posso ringraziare le parole di quel Professore, le ho seguite alla lettera e non ho più avuto problemi al mio sistema  "idraulico". La raccomandazione di bere molta acqua e fuori dai pasti è una regola che dovrebbero insegnare fin dalle scuole elementari. Quando invece dall'ospedale tornai a casa trovai mio figlio Manuel indaffarato a prepararsi un valigione, due giorni dopo sarebbe partito in aereo alla volta della Svezia, esattamente per la città di Orebro, onde partecipare con altri universitari del suo corso dell'Università La Sapienza di Roma al programma Erasmus. Si trattò, a sua detta, di una esperienza indimenticabile a partire dal metodo di studio, dalla preparazione agli esami (in inglese) al colloquio con i docenti ed inoltre alla stessa sede universitaria, sempre aperta, giorno e notte, con l'uso completamente gratuito dei computer ( parliamo di più di 20 anni fa).
"La vita - papà - è completamente diversa, regna una calma assoluta, non si sente mai un chiacchireccio, gli studenti di ambo i sessi socializzano immediatamente ed il paese e di un ospitalità encomiabile! ". E per giunta Manuel fu fortunato, partì in Marzo e fece ritorno a Roma in Luglio, e trovò in Svezia temperature molto prossime alle nostre, non si era mai registrata una primavera così calda in Scandinavia da oltre mezzo secolo! Del suo borsone stracolmo di pullover di lana usò soltanto due felpe come se fosse rimasto qui in Italia. 
Tutta la famiglia rimase entusiasta di questa sua esperienza coronata dal superamento di due esami abbastanza "tosti" inerenti il percorso del Dottorato in Scienze Statistiche ottenendo un'ottima votazione. Lo andai a prendere all'aeroporto di Fiumicino e quando arrivammo nel nostro garage scoprì, a fianco del  posto auto, lo scooter nuovo di cui mi aveva sempre parlato. Ne fu felicissimo, lo provò subito e mi abbracciò forte...forte!!  "Grazie ..papà!" "Te lo sei meritato...figlio!..adesso...vai...vola con questo fiammante scooter...manca poco alla tua tesi e alla tua laurea!!". E Manuel a cavallo di quello scooter non solo conseguirà a pieni voti la sua laurea, ma assisterà, da Romanista quale è sempre stato, al terzo scudetto conquistato dalla squadra Giallorossa! Quella indimenticabile formazione allenata da Fabio Capello agli ordini del Presidente Franco Sensi farà sognare in grande con le magie calcistiche di Capitan Francesco Totti, con Omar Batistuta che nonostante il tormento al suo ginocchio siglerà ben 20 reti, con il ritorno dalla Fiorentina di Abel Balbo, con il riscoperto ruolo di centrocampista che attribuì Capello a Marco Del Vecchio che non manco' l'appuntamento per ripurgare i cugini laziali, l'aeroplanino Vincenzo Montella che con i suoi 13 gol riuscirà a togliere parecchie castagne dal fuoco alla  sua squadra. 
Ed infine due parole a suffragio di una difesa saracinesca e spettacolo... la classe di Aldair e lo spettacolo delle fulminanti arature di fascia operate da Marcos Cafu', le cui peculiarità li renderanno titolari inamovibili. Ed un'altra  invenzione di Capello sarà la scoperta del giapponese Nakata, il suo gol a Torino contro la Juventus rappresenterà uno dei momenti topici della stagione di quella " magica" Roma. Per la compagine Giallorossa si tratto' del più bel campionato giocato in questo ultimo ventennio. 

Per il nostro Milan invece quella stagione fu dolce-amara. Il Milan di Zaccheroni, dopo la conquista dello scudetto del Centenario incapperà in un inverno da dimenticare con una sequenza di infortuni preoccupante quali Redondo, Ambrosini, Albertini così da determinare un altalenante rendimento che culminò con il cambio di panchina, a Zaccheroni subentrerà Cesare Maldini che riuscirà a portare la squadra, dopo un disarmante girone d'andata, al sesto posto qualificandosi così per la Coppa Uefa. 
Ma l'autentica perla della stagione a pieno merito di Maldini Senior resterà lo storico 6 a 0 rifilato all'Inter nel derby di ritorno. 
Si trattò di una insperata quanto graditissima  consolazione! Solo l'anno successivo con Carlo Ancelotti sulla panchina il Milan tornerà a volare alto... e questa volta... molto... ma molto in alto!!!  

Un caro abbraccio
Massimo 48