Socrate diceva: “Ho gettato via la mia tazza quando ho visto un bambino che beveva al ruscello con le proprie mani”. La semplicità è un dono enorme. Quando una situazione è agevole, tutto è più snello. Il mondo appare meno opprimente e maggiormente sereno. Le persone, però, spesso sembra ci tengano a volersi complicare l’esistenza rendendola così difficile anche agli altri. E’ incredibile. Anche una banale gita può diventare un supplizio per la tranquillità di chi vi partecipa. Pensateci. Si è in compagnia degli amici per andare al mare o in montagna e l’attuale periodo pare essere proprio quello adatto. Tizio desidera fermarsi in un luogo. Caio, invece, preferisce tirare diritto e raggiungerne un altro. A Sempronio non cambia nulla, ma non vuole scontentare nessuno. Può nascerne una discussione, ma anche no. Il problema è che comunque si crea un clima innaturale. Una vicenda elementare si è resa inutilmente complessa. Quando si è in compagnia, infatti, molto spesso è meglio lasciare che gli eventi conducano alla meta. Non sto dicendo che non bisogna organizzarsi, ma neanche fossilizzarsi su qualcosa. Ciò avviene pure per le realtà molto più ardue. Si immagini un contratto. Quanti cavilli ci sono in un accordo tra due parti? Pazzesco. Siamo riusciti a complicarci la vita. Questo è un motto assolutamente veritiero e da prendere alla lettera. Se fossimo stata una specie senza tale prerogativa, probabilmente, oggi vivremmo nell’Eden. Nel Paradiso Terrestre che Dio ci aveva riservato, ma Eva ha preferito dare retta al serpente e convincere Adamo a fare lo stesso. Non siamo stati domi e non ci siamo fatti bastare nemmeno i Dieci Comandamenti. In quelle tavole sono racchiusi tutti i principi che guidano l’attuale legalità della maggior parte dei Paesi. Ma non era sufficiente. Così abbiamo deciso di rendere tutto molto più complesso dettagliandolo all’inverosimile e lo studente di giurisprudenza si chiede chi glielo abbia fatto fare di inerpicarsi in un labirinto che neanche il filo di Arianna... D’altronde questa è la nostra natura e dobbiamo accettarla così com’è. Attenzione, però, che, se l’essenziale non si può evitare, per il superfluo vale tutt’altra teoria.

E qui mi ricollego al calcio. Non sono mai stato un patito del pallone romantico. Che, poi, cos’è? Ho cercato sul dizionario e non ho trovato definizione. Battute a parte, il concetto è alquanto chiaro. Si tratta del football di una volta. Per intenderci, quello che vigeva prima che i media lo trasformassero in un business. Poi la tecnologia ha completato definitivamente l’opera. E’ come per l’Eden. E’ naturale che sia così. Phanta rei diceva Eraclito. Lo scorrere del tempo complica la vita. E’ quasi un paradosso, la semplifica complicandola. I nostri genitori seguivano Tutto il calcio minuto per minuto. Noi, al fine di vedere la serie A, ci approcceremo allo streaming di Dazn. E per fortuna che hanno avuto la cognizione di andare per gradi. Immaginatevi se il passaggio, quasi completo, dal satellite a questa nuova modalità di visione fosse avvenuto 3 stagioni fa! Ricordate le prime gare trasmesse dall’emittente OTT? Non andò benissimo. Tra buffering e blocchi non sono ricordi estasianti. In ogni caso, la speranza è che il tempo trascorso abbia davvero migliorato la situazione. L’avvento della paytv è stato sicuramente uno step determinante per rendere il football di chiunque levandolo in realtà a tutti. Mi spiego. Ora ognuno di noi può finalmente vedere il match per intero. Prima, però, si era alla pari: radiolina e Novantesimo Minuto erano i must che ogni appassionato riusciva ad avere. Poi è giunta una nuova generazione comunicativa e la prospettiva è cambiata totalmente. Mi pare che il precursore sia stato Tele +. Più tardi nacque Stream fino a giungere a Sky. Non voglio, però, perdermi sui nomi. Cambia poco. Ciò che conta è il concetto. Il calcio ha iniziato a ruotare intorno al mucchio di soldi che tali emittenti garantivano. I diritti tv sono diventati fondamentali all’interno del sistema. Così è nato il noto “spezzatino” con partite spalmate su ogni orario del weekend. In questo modo si è creata la differenza tra chi può permettersi parabola e abbonamento e chi, invece, no. Questi ultimi, naturalmente, si sono allontanati dallo sport anche perché il divario con i primi è cresciuto nel corso del tempo. Non siamo più di fronte a un semplice gioco. Ora è uno show a tutto tondo. Analisi, controanalisi, discussioni, interviste pre e post gara e chi più ne ha più ne metta. O segui il “baraccone” al completo, e lo dico con il massimo del rispetto, oppure lasci la nave.

Andrea Agnelli continua a sostenere che ormai le giovani generazioni hanno perso la passione e guardano solo i big match. Credo sia reale e sia da collegarsi al tipo di vita condotta. Anche qui ci si è complicati l’esistenza. Se prima si avevano poche chance di divertimento, ora sono milioni. Una volta si giocava a calcio con gli amici o si praticava qualche altro sport. Si usciva con la fidanzata o il moroso e fine del cinema. Oggi ci sono i videogames. Non a caso, il patron della Juve ha parlato di Fortnite. Poi, ecco i vari OTT che propongono le serie TV. “Hai guardato Peaky Blinders?” Chi durante il primo lockdown non ha sentito almeno una volta tale sinfonia. Ci sono il web e i social sugli smartphone. Forse solo con l’emergenza da covid ci si è resi conto di quanto siano stati importanti. Hanno salvato molte persone che così hanno potuto tenere i contatti con il prossimo e con l’esterno. Pensate al confinamento vissuto ultimamente e ponetelo trent’anni più indietro. Ho i brividi a pensarci. Uno o due telegiornali al giorno. Qualcuno affermerà: “Non trapanarsi il cervello, forse, sarebbe stato meglio”, ma ci si renda conto di quanto si sarebbe stati isolati e delle conseguenze psicologiche ancora più devastanti di quelle deleterie comunque vissute. La rete dà, la rete toglie. Tutti, nel corso di una cena con gli amici, “skrollano” internet. Ci ha praticamente posseduto e le nuove generazioni, che nascono proprio inserite in tale contesto, sono ancora più prese perché non notano la differenza con il passato. Per queste è la normalità e ciò può divenire pericoloso in quanto quel mondo rappresenta il sociale, ma pure il suo opposto. Come consente di rimanere al passo e vicino alla realtà, così separa dall’altro. Tornando al pallone, ancora una volta occorre semplificare. Non servono più analisi dettagliate, ma informazioni immediate. Per chi ama il calcio dal profondo del proprio cuore è davvero molto triste in quanto trascorrerebbe ore a trattare di scalate, di diagonali e di costruzioni dal basso ma, se si vuole accontentare i nuovi customers, è necessario rendere tutto più agevole e basterà la visione della partita. Le discussioni di alto pallone saranno di nicchia.

La semplificazione deve caratterizzare anche gli abbonamenti. Per vedere la serie A, dal prossimo anno sarà sufficiente quello a Dazn, ma 3 partite saranno visibili anche su Sky. L’OTT sarà usufruibile da sola o mediante accordi con altre piattaforme. E la Champions? Per vederla completamente non basterà un pass con un broadcaster. Ne serviranno due. In sostanza, che caos nella facilità! Sì, perché servirebbe un messaggio chiaro che affermi cosa si deve sottoscrivere per vedere il pallone e le opportunità sono pure molteplici, ma… Nulla! Giustamente, ogni parte tira l’acqua al suo mulino e la pubblicità, pur non avendo questo scopo, confonde. Attenzione! Non è ingannevole ma, nel rispetto della legge, non chiarisce certamente le idee. Al cliente, che viene da una giornata di sofferenza sul lavoro o in famiglia, passa la voglia di crearsi altri grattacapi. Allora manda tutto a quel paese e si guarda un film in streaming o legge un libro. Più facile e anche meno dispendioso. Il mio discorso ha escluso il tema dei costi che non è sicuramente secondario. Tutto il contrario. A questo si aggiungono i siti e i blog che, per carità, svolgono un’opera fondamentale. Informano. A volte, però, pubblicano pezzi confusi con titoli ancora meno chiari. Lo scopo è logicamente quello di creare la volontà di cliccare l’articolo. Ci sta. In un mondo che viaggia ai mille all’ora, però, non è agevole. Serve semplicità. Anche qui.

Gli stessi informatori producono milioni di notizie. Tra queste esistono pure miriadi di fake news, ma non è il tema che voglio considerare. Desidero concentrarmi sui fatti reali. Il calcio è economicamente nel pallone. Prima del covid, la situazione era insostenibile, ma veniva gestita. Ora siamo davvero alla frutta. L’emergenza da coronavirus è stata micidiale e l’UEFA stima una necessità di 8,5 miliardi di liquidità per fare fronte alle conseguenze della pandemia. Capite bene che è una cifra assurda. Se si guarda all’Italia, la Lega Serie A parla di un danno da 1 miliardo e 200 milioni. Pazzesco, ma comprensibile. Ogni fantasma che circolava nell’etere, con il terribile ospite da Wuhan, è divenuto spaventosamente concreto. Ci ha letteralmente messo in ginocchio anche perché siamo una società che si fonda sull’astratto. L’esempio è molto semplice. Ultimamente è nata la guerra al contante. Per svariati motivi è comprensibile, ma si rifletta. Tramite bonifici o anche semplici pagamenti con carte si muovono continuamente gigantesche somme di denaro che non sono tangibili. Così è tutto più semplice, ma anche maledettamente più complesso perché se Tizio baratta con Caio due piccioni per una gallina entrambi vedono la contropartita ma, se inizia a gestire qualcosa di intoccabile, la musica può cambiare. E’ quasi naturale, poi, che le quantità crescano. Tant’è che anche il pallone si è cacciato nei guai, adesso deve limitare i danni. Come?

Per molti, la risposta è banale: abbassando i costi. E’ la strada giusta e probabilmente, dopo la momentanea bocciatura della Superlega, anche quella da percorrere. Ma non è che si possa attuare da un giorno all’altro. Con l’utilizzo della bomba atomica, non ho mai visto conseguenze positive. Non si deve radere al suolo e ricostruire da zero perché si parla di esseri umani che perderebbero il proprio lavoro e la possibilità di mantenere loro stessi o le famiglie. Non tutti guadagnano le cifre degli atleti. Questi ultimi sono la minima percentuale e potrebbero pure campare a vita con quello di cui già dispongono. Per non demolire completamente il sistema serve quindi salvarlo e lentamente lavorarci riducendone la bolla. La Lega Serie A sbaglia i modi. Sono il primo a sostenerlo. Nella sua disperata richiesta d’aiuto, noto quanto appena scritto. Non penso che i club pretendano realmente la possibilità di riempire gli stadi al 100percento praticamente da subito. E’ vero che la campagna vaccinale sta aiutando, ma pare assurdo prendersi determinati rischi. Il sottosegretario alla salute, Costa, ha parlato del 25percento della capienza. Come agli Europei. Mi sembra ragionevole. Poi si spera possa aumentare ma, se l’idea è di giocare sempre e dappertutto con il pubblico, allora tanto vale gettare la spugna. Non è fattibile. Questo arriva agli occhi dei tifosi. Quello degli esponenti del nostro massimo campionato ha tutte le sembianze di un “capriccio”. Non me ne voglia nessuno. Il bisogno concreto è di denaro. Sono state finanziate tante categorie e, alla faccia dei retorici di turno, è corretto che ciò avvenga anche per il calcio. Non solo per gli 38milioni di appassionati, quanto soprattutto per i tanti lavoratori diretti e indiretti che operano in quel settore. Presentando il suo bilancio, la Juventus ha stabilito che la “normalità” economica possa tornare dalla stagione 2022-2023. Nel frattempo, e fintanto che ci sarà la necessità, si sostenga il sistema. Non si arriva al corretto obiettivo, però, agendo come il bambino che dice: “La palla è mia. Le squadre le decido io o non si gioca”. Si ragioni alla stregua degli adulti e si consenta di comprendere a chi di dovere quali sono le necessità senza “minacce” che ferirebbero in particolare terze persone. Altrimenti, alla fine, chi rischia di rimetterci è solo l’appassionato. Tanto lo sappiamo che la serie A si giocherà, perché sarebbe assurdo il contrario. Rappresenterebbe, infatti, un suicidio. E non trattateci come degli sciocchi! Oggi, alla Roma, si parla di Mourinho Day mentre, a Napoli, è arrivato Spalletti accolto in grande stile, e la Juve ha presentato la sua nuova dirigenza. Per cosa? Per puro scopo ornamentale? Dai… così state stremando gli appassionati che cercate di difendere. Questi vogliono semplicità e distrazione. Se desiderassero sentire discutere di denaro o di altre tematiche sofisticate, guarderebbero una trasmissione di politica. Se lo share del pallone è sempre più elevato, ci sarà un motivo. Capisco che sia un business, ma si fonda comunque sullo svago e sul piacere. Lavorate per risolvere i problemi senza trasformarlo in un incubo, altrimenti vi mancherà la materia prima: i tifosi.