Non sono un gigante, sono un giocatore (Wilt Chamberlain)

Michelangelo Buonarroti scolpiva le sue magnifiche opere con il celebre marmo di Carrara, dunque rimaneva lui stesso colpito dalle splendide forme che i suoi "ragazzi" assumevano dopo qualche ritocco di scalpello. E Michelangelo davvero passava ore adiacenti a formare razze d'arte che fossero innovative e memorabili, e magari voi sapete che nella basilica di San Pietro in Vincoli (Roma) è riposto il Mosè di Buonarroti, statua che rimase silenziosa dopo esser stata interpellata dal papà-creatore, infatti Michelangelo chiese al suo fresco profilo barbuto: "perchè non parli?", ma nulla da fare con quel Mosè muto che, vedendo il suo autore lavorare sulla scrivania di lavoro, rispettò la famosa regola della tavola: "a tavola, mentre si mangia, non si hanno parole per la bocca". Infatti alcune leggende riferiscono che Michelangelo fosse golosissimo nei pasti, ed ovviamente, sedendo al banco di lavoro per tempi molto ampi, che fosse obbligato a consumare i suoi pasti sul luogo delle intuizioni.  
Ma magari voi sapete ancor meglio di quella sua opera d'arte che, in assoluto ritenuta come la più nota, ad oggi è nascosta all'ombra del soffitto della Galleria dell'Accademia: il bel David. Il bel David di Michelangelo, claramente. In questo caso davvero le proporzioni, le fibre muscolari, le forme, la corporatura solenne ed i più piccoli dettagli anatomici rendevano il David come un vero piccolo uomo fatto di marmo. E forse, signor Buonarroti, sarebbe stato anche più legittimo della volta prima, domandare al proprio marmo a tutto tondo: "Ma tu... tu perchè non mi parli?" Perchè il David era talmente umano nelle sembianze che questa volta, penso io, avrebbe parlato proprio in italiano. Magari. Ma Michelangelo non lo fece. Non quella volta. Quella volta no. Ops.  

L'avversario biblico del David, come sanno tutti, è Golia. Vi siete mai chiesti: "Ma perchè Buonarroti scolpì il David, mentre Golia invece no?" O forse la risposta non la sapete voi? Non la sapete perchè di Golia si sa poco in Europa, essendo esistito lui oltreoceano. E poi Buonarroti, signori, Golia lo fece. Caspita, lo fece bene! Michelangelo ci si impegnò. Tanto. Oh! Oh se lo fece. A Filadelfia in Pennsylvania lo fece, rimase notte e giorno a scolpire. Dim dam dim dam, crack crack! E tirò su il suo essere per gli alluci di carnagione scura, gli spinse i palmi della mani verso le ginocchia, così da trasformare le "braccine" in vallate dalla forza brutale, poi toccò alla stabilità incredibile delle ginocchia. Questa volta studiò gli assiomi della geometria, ed ecco che il suo Golia aveva un equilibrio fuori dal comune sulle gambe. Ne uscì un tale busto straordinario, che a vedere quello là non ne troverete altri degni dei vostri occhi. Questa volta il Buonarroti chiese al suo pargoletto, di una muscolatura possente ed unica, e forse riuscito più dello stesso David, "perchè non mi dici qualcosa, tu?" Quello, simbolo di un carattere assolutamente estroverso, rispose in un battibaleno, ma con qualche gemito di neonato. Si sarebbe formato il ragazzo?  

Ed allora vada per gli States, sempre Filadelfia. Data 21 agosto 1936. E nella terra di Rocky Balboa, molto lontano dalla casa natía italica, Michelangelo trovò una madre al suo figliolo più bello, a cui poi ovviamente si aggiunse anche un padre, perchè lo scultore aveva un gran da fare nello Stivale. Non poteva essere un babbo tanto presente in famiglia, e poi, di figli di cui si doveva prendere cura, lui ne aveva già molti altri. Ad esempio Bacco, Bruto, Cleopatra, San Petronio o Cupido. Invece, i due americani, una casalinga ed un papino saldatore e tuttofare, fiutarono il successo nella scommessa, dunque dissero subito di sì alla scelta riguardo la custodia del piccolo. Quel giorno la mamma Olivia lo accoglie a braccia aperte, ma già in età infantile "Goliath" (è America e lo chiameranno così) aveva degli arti ben più lunghi di mamma Olivia, così che con un abbraccio il piccolo non solo chiudeva il corpo intorno alla madre, ma arrivava anche fino alla maniglia della porta alle spalle della mammina, sessanta centimetri più indietro.  
Lui si trova altri otto tra fratelli e sorelle. "Come lo chiamiamo questo qui, William?" Ma pochissime idee di nomi, dopo otto figli concepiti! Allora Olivia si affaccia dalla finestra, legge "Wilton street" e domanda: "William, va bene se lo chiamiamo Wilton?" Al che il babbo fa: "Ma sì che va bene. Però tutti lo conosceranno come Wilt. Lui sarà il grande Wilt Chamberlain."  
Infatti... grande, molto grande. Sarà Wilt Chamberlain. Forse, lettori, lo conoscete adesso? Forse? Ok, calma calma. Se non avevate mai sentito prima d'ora il nome ingombrante di Wilt Chamberlain, o anche detto Golia figlio di Michelangelo, o le consonanti di quel colui che altri chiamarono "The big dipper" (Il grande mestolo) o "Wilt the stilt" (Wilt il trampolo), va bene. State comodi. Non è così grave, forse... vi siete persi, solamente, forse il più grande atleta della storia dell'umanità.  
Infatti a Wilt, già da giovincello, lo sport piaceva molto, ma non la pallacanestro. La pallacanestro no, roba da ragazzini. Ma allora perchè mai incominciare a giocare a basket? Almeno, un motivo esisteva. Perchè incominciava ad essere lo sport più semplice con cui porsi in mostra, e guardate che a Wilt la fama ed i riconoscimenti di amici ed amiche davano una gran soddisfazione. Perchè Wilt inseguiva concetti quali notorietà e popolarità. E via con l'high school. Tanto ad undici anni Wilt segna già, non solo i tiri, ma anche 186 centimetri di altezza. Già. Pochi mesi, quelli per entrare dentro il gioco, e Wilt Chamberlain diventa estremamente dominante. Ma tranquilli, perchè per Wilt nulla deve essere normale, tutte le cifre sembrano gonfiate d'elio, ma è storia. Non si fermerà, diventerà il più dominante.  
Se il primo anno incomincia con una media piccina piccina per i suoi standard: trentuno punti a partita (dico 31 punti individuali con la squadra che solitamente sfiora i 50 totali a gara), nella seconda stagione i Panthers di Wilt vincono il titolo senza estremi sforzi. La finale del campionato termina 74-50, invece, in una gara contro il Roxborough, Wilt ne mette l'immensità di 71. Settantuno punti, record nell'intero campionato ovviamente. Ma il terzo anno, ancora stra-vincendo il campionato, Wilt segna, e per tre gare di fila sono 74, 78 e 90 punti. Praticamente distrugge gli avversari a suo piacimento, dunque viene pure cercato da duecento università per vestire una gloriosa maglia collegiale. Ma Wilt, busto di 216 centimetri ora, per via del problema razziale, non avrebbe mai pensato al Sud, e poi voleva allontanarsi da casa. Nel college giocò per i Kansas Jayhawks, e si divertirà. Oh, sì se si divertirà. Ma non poi così tanto nelle gare. Sessanta punti, trentadue rimbalzi... che sono per Wilt Chamberlain? Nasce un bel problema, con i possessi di gioco interamente incentrati tra le mani di Wilt, le squadre avversarie schierano tre o quattro dei cinque giocatori solo su Goliath. E spesso ne nascono falli duri. Inutile spiegarvi il poco gradimento di Wilt ad essere colpito sistematicamente. E Golia, per logica, non può sempre vincere.  
Ma... avevo già detto che Wilt aveva un carattere estroverso? Bene per lui, perchè il suo nome di ventuno anni apparse già sul Time. E poi gioca con gli Harlem Globetrotters, avete presente? I giocolieri con la palla a spicchi, dei freestylers, e per essere accettato nel loro roster devi avere delle qualità indiscutibili ma soprattutto spettacolari. Invece, in una manifestazione d'atletica nel 1955, Wilt (che di atletica sapeva poco) partecipa e salta in lungo 6 metri e 40 centimetri, lancia il peso a 16 metri, corre 440 yard in 49 secondi e le 880 yard in 1 minuto e 58 secondi, infine salta in alto 2 metri tondi, dimostrando una verticalità spropositata per un corpo appunto spropositato in dimensioni. Certo, non saranno record del mondo, ma per chi trova questi numeri ai primi tentativi, con un' impostazione grezza ed approssimativa alle discipline, beh...capite che Wilt si sarebbe potuto coltivare anche in tanti altri sport. Tanto aveva un atletismo che mai verrà visto in altri spilungoni simili. E comunque Wilt l'atletica non la toccherà più.

Nel 1959 The Big Dipper entra in NBA, maglia Philadelphia Warriors (che poi verrà ribattezzata nel moderno nome di Golden State Warriors). Ora, anche nel campionato di basket più famoso del mondo, accade qualcosa che già aveva piegato i sogni di altre high school e college. Come viene espresso dal giornalista Hal Bock di ESPN: "prima del suo arrivo la maggior parte dei giocatori di basket erano uomini di normali dimensioni. Chamberlain ha cambiato tutto". Infatti era più prolifico dare la palla a Wilt Chamberlain ed osservarlo muoversi sul parquet, piuttosto che creare un'azione corale con lui in campo, dati alla mano. E nell'America dei 60s Wilt scende in campo, dice all'altra America, quella degli uomini di colore: "Io ci sono riuscito, è il nostro tempo di cambiare qualcosa". La sua personalità ingombrante, burlona, spesso anche arrogante ha degli evidenti risvolti viveur, per un Wilt conosciuto da tutti gli States. Allora non vi spiegherò che sarà il rookie con le cifre più elevate mai viste ad oggi (37.6 points alternati a 27 rimbalzi di media), che diventerà selezionato come All Star NBA per 13 volte, piuttosto passiamo a quella volta del 2 marzo 1962 che tutti gli amanti NBA non possono non intendere immediatamente. Poooof! In una stagione da più di 4000 punti segnati (solo Michael Jordan riuscì a superare i 3000 in un anno) e 50.4 di media, Golia sigla il suo capolavoro all-time. Contro i New York Knicks, nella sua Pennsylvania, il Golia e figlio di Michelangelo realizza un record impossibile: 100 punti in una gara con tanto di foto celebrativa. Non conoscete il basket? Calcolate che quest'anno il miglior marcatore della NBA 2021/22, Chef Curry, è andato per i 34 punti a partita in media. Il secondo primato se lo aggiudica il compianto Kobe Bryant con 81 punti, lontanissimi dai 100 chamberlainiani. Quella mattina del 2 marzo, i giornalisti avvistarono Chamberlain sveglio fino alle 6 di mattina, con compagnie femminili in camera. Golia non dormiva, dormiva pochissimo, sempre. Occhi aperti. E fu lo stesso Chamberlain nella sua biografia del '91, ad ammettere di essere stato in intimità con almeno 20.000 donne. Va bene, questo è chiaramente un eccesso di orgoglio. Fu detto, da chi entrò nella camera di Wilt, che lui avesse fatto montare un semaforo dentro, ed al fianco di un gigantesco letto ad acqua che sopportasse il peso di 125 kilogrammi di The Big Dipper.  

Di aneddoti su Chamberlain, fenomeno indiscusso ed oggi ritenuto nella lista del dibattito per il Greatest of all time, ce ne sono tantissimi. Tipo, una volta al Madison Square Garden, quando vide due operai solin soletti a tentare di spostare un carrello da quasi 300 kg, senza alcun movimento del carico ovviamente. La leggenda vuole che lui sollevò quel coso a mani nude. Oppure esiste l'aneddoto riguardo la ferita sulla sua spalla destra. Pare che in un safari The Big Dipper venne raggiunto da un puma che, saltandogli addosso, spiccò un balzo e lo morse. Allora si racconta che Wilt, senza scomporsi minimamente, afferrò il puma per la coda e lo lanciò via, tra i cespugli più distanti. Non lo raccontò lo scozzese del sarà vero oppure no. No. C'è anche il ricordo di Walt Bellany (4 volte All-Star) di quando nel 1963 incontrò per la prima volta Chamberlain, il quale gli intimò subito: "Non farai un tiro in tutto il primo tempo." Bellany, secondo nella classifica marcatori di quella stagione con 30 punti a partita, e proprio al seguito di Chamberlain nella statistica, concluse 9 tiri e 9 stoppate prima dell'intervallo. Poco dopo Goliath fa:"Ok Walter, ora ho deciso che puoi giocare".  

C'è una maledizione. E non sono i pochi tiri liberi andati giù per la retina in carriera, appena il 51%. Perchè Golia non è un nome a caso. Wilt stesso dirà: "a nessuno piace Golia, vanno tutti per David". Infatti, passando ai Philadelphia 76ers nel 1965 Wilt troverà due anni dopo il suo primo titolo NBA. Poi, l'anno prima di ritirarsi, nel 1972 vincerà il secondo. Due titoli non sono poco, ma per uno con i suoi numeri sì. Molto poco anzi. Soprattutto se il rivale, che hai tanto detestato e che porta il nome di Bill Russell, con numeri statistici microscopici nel confronto, ha 11 anelli a casa. Undici volte vincente del campionato. Ecco cosa penalizzerà Wilt davanti le critiche dell'opinione pubblica. E lui, Golia e figlio di Michelangelo, detesta il fattaccio. Non lo sopporterà minimamente, quel giocherellone di ragazzo. Anche nelle interviste non mancherà di esprimere quel malcontento. Solo due titoli NBA, puah! "Crack crack, mister Chamberlain!"  
Comunque Wilt the Stilt, Hall of famer NBA, esce dalla NBA come miglior marcatore per 7 volte, miglior rimbalzista NBA per 11, è il primo centro di ruolo nel quintetto ad essere miglior assistman di una stagione (correva l'anno 1968), è il miglior rimbalzista di sempre, sesto miglior realizzatore di sempre, e la sua maglia iconica numero 13 viene ritirata dai Golden State Warriors, dai Los Angeles Lakers, dai Philadelphia 76ers e dai suoi amati Harlem Globetrotters. Wilt verrà ricordato come il giocatore con i numeri più grossi e grassi nella storia dell'NBA, rimarrà in ottima forma fisica a vita, tanto che all'età di cinquant'anni continuerà a ricevere offerte da franchigie quali i New Jersey Nets ed i Cleveland Cavaliers che lo pregheranno di tornare a giocare, lui ha detto però basta. E quando un uomo senza limiti dice basta, basta sarà. Soprattutto, suo malgrado, sarà Golia nell'immaginario collettivo. Rimane in orbita NBA, si dedica alla sua passione ossia la pallavolo, lì si diverte ancora parecchio. E poi resta presentissimo in TV e sui giornali, The Big Dipper continua a far parlare di sè. Non sappiamo cosa ne pensò Michelangelo, però. Mai ne venne qualcosa fuori.  

Una leggenda narra che i migliori saltatori riescano anche ad afferrare una monetina posta sul bordo superiore del tabellone. Un giorno, sentendo ancora la storiella, Wilt altezzoso fa: "e va bene, vi sfido tutti. Guardate qua". Tutto semplice, fatto. Allora Sonny Hill, jumpman indimenticato dei Philadelphia 76ers si avvicina al leggendario Kareem Abdul Jabbar, qualche anno dopo. Gli riferisce tutto: "ce la fai?". Allora il papà del gancio-cielo fa: "No Sonny, assolutamente no. Impossibile".  
Wilt Chamberlain continuerà a dare lezioni per i movimenti di altri centri NBA, ed, of course, continuerà la sua vita senza limiti. Entrerà nel cast del film "Conan" del 1984, ed in una prova di forza, come ricordò lo stesso Arnold tra una risatina ed un'altra, sollevò con una mano sola il protagonista, allora bodybuilder eccellente, Arnold Schwarznegger. Wilt vide Jordan gareggiare ad altissimi livelli, ma a sentire che quel ragazzo fosse the Goat proprio non ci stava: "L' ho conosciuto per la prima volta l'altra sera, è un ragazzo simpatico. Io gli ho detto vuoi giocare a pallavolo? E lui dice di no, che non ci gioca. Piuttosto mi invita per il golf ed io gli dico che non vado molto per il golf. Ma poi tutti dicono che io a fare cento punti ci riuscivo. Tanto tiravo solo io? Ma controllate le percentuali, in quella stagione per esempio io avevo il 70%. Contano le percentuali per capire l'efficienza. Guardate le mie di percentuali! Ed io, in carriera, ho percentuali di tiri riusciti su tiri effettuati più alte di Michael Jordan. Vi prego! Siccome che sono alto la gente guarda me e sembra che sia logico quel che faccio, non pensano alla mia verticalità. Poi vedono Jordan che siccome è più piccolo pare fare delle cose incredibili. Io sono meglio di Jordan!"

Bill Russel, Jordan, il sonno mancante, il David. Sono troppi per un solo Golia. Troppi. Nel 1991 Wilt pubblicò l'autobiografia "Visto dall'alto". Nel 1992 venne ricoverato per un' aritmia, ma morì il 12 settembre 1999 all'età di 63 anni. Michelangelo, che l'aveva fatto, non potè piangerlo. E forse l'altezza che gli fece il Buonarroti non gli piacque nemmeno tanto. Chamberlain non voleva morire come Golia. Voleva morire come un giocatore. Voleva morire come un nome da cento. E forse, dopo quanto fatto con i New York Knicks il 2 marzo 1962, ci riuscì.  
Il più mitico dei cestisti e forse il miglior atleta di sempre, Wilt Chamberlain, figlio di Olivia e William, morì presto. Ma noi lo ricorderemo come "miticamente il grande Wilt".  

 

Damiano Fallerini