Questo non era previsto.
È stato solo un pranzo...
Intorno al tavolo, fuori luce, quattro figure sedute, otto gomiti sopra una tovaglia gialla come un tuorlo, copre il marrone arrogante del legno, non c'è posto per lui. E questo è un momento di privazioni e sofferenze, lagne innumerevoli, poco mi importa. Forse sì, fuori potevano intonare dozzine di uccellini, ed io non sapevo. Tavola e tovaglia inventano amnesie proprio per me, egoista che scopro dimenticanze, dettagli sconosciuti, ma solo scrivendo. Successivo alla passeggiatina della mattina, poltrire sulla mia sediola grigia.

È giallo di fronte ed alle spalle, destra e sinistra dipinte di brillio. Molto giallo. Televisione nera a festa, lo schermo per una volta è lui ad osservarci, ma è oscuro e dorme, attende la mossa del pulsante perduto chissà in quale. Giunto il pranzo e l'ispirazione, vinta la serenità, addio maligni: immaginazioni e timori cresciuti nella resilienza del malinconico 2020, rimasti e mai seppelliti, neppure scomparsi nel proseguio del tic tac dell'orologio.
I miei quattro di cui sono uno.
Madre, padre, figlia e figlio. Quattro.
La mia mamma vicino ed altrove a controllare quella cottura lì, il mio sogno che attendevo, sarebbe giunto come un cavaliere sul proprio equino, all'arrembaggio quel forte! Eppure non era cavallo ma un altro animale, in padella da ore. Impegno e dedizione per quel mio sogno che voi deriderete, era solo un piatto, era solo un pranzo. Ha scacciato i pensieri partoriti dal detestato Covid. Come un gatto adoravo la mia padrona solo nel momento di pasto.
Mio padre girando per casa chiedeva che cosa si potesse, cosa fosse necessario, aiuto ed a chi. La ricerca del cosa fosse meglio.
Mia sorella sorridente su e giù, qua e là, diceva di noi e d'altri, impegnata ad apparecchiare.
Io poltrivo sempre, il pigrone in famiglia. Trepidante attesa estintasi con un semplice antipasto, pane olio e bresaola me li dimenticherò tra qualche mezz'ora, ma già ho segnato quel che era per primo sul mio banco onorato. Seduto io, seduti anche gli altri. Era arrivato non il tradizionale agnello, dunque il maiale, costine per i quattro. È vero ch'io ne mangio più di tutti, il maiale di famiglia.

Quante volte ci si lamenta di cosa vada storto ed ora io vi spiego cosa andasse bene.
Quanti erano sfortunati, vittime e soli? Tristi ed abbattuti? Io avevo la mia famiglia unita, mi sentivo fortunato, ero il più fortunato! La semplicità di guardare davanti i miei tre, seppur ingozzandomi poco poeticamente. Il maiale faceva miracoli. Ero circondato dall'amore del mio nido ed io ne avevo per loro. La dolce età che più avanti si rimpiange, gioventù ed affetto familiare! Ho dimenticato la crudeltà degli ultimi 365, non sapevo più che era la malattia a girare per il mondo. Per un'ora ho lasciato tutto, dimenticare è stato vivere in una favola.
Osservare mio padre silenzioso tacere ai discorsi, mia sorella che tanto adoro al mio fianco a ridere e sorridere, il Trifoglio voleva che non ci fosse broncio e poi mia madre osservarmi contenta, fiera della carne che aveva prodotto, mi si stringeva il cuore, rendevo mamma contenta. Le ho raccontato ciò che già sapeva, l'avevo sentito in televisione.

Il padre racconta al figlio: "Mi ricordo quando seduti al tavolo, tua madre restava a cucinare per molto. Tu venivi e chiedevi quanto restasse, tua madre sempre con la stessa risposta spiegava che bastavano 5 minuti. Ma non erano mai 5 minuti, lo diceva per farti smettere, tu tornavi e capivi che ancora mancava, ti imbronciavi subito e ridomandavi da capo. Poi ci sedevamo a tavola e tu vicino al fuoco prendevi più biscotti di quanti ti toccassero, ti accostavi al camino e te li mangiavi tutti silenzioso, lontano da noi e dai fratelli, ingordo.
Allora io ricordo che una sera chiesi a tua madre, stanca ed esausta dopo la cottura: Ma se ti stanca davvero perché lo fai? Puoi fare altro invece che i soliti biscotti.
E lei, guardandomi negli occhi, mi scrutò, poi abbassò la vista e rispose:  Perché poi non potrei mai più guardarlo mentre se li mangia contento. Quei 5 minuti stupendi valgono il tempo e la fatica della cottura estenuante".

Lei e gli altri due sorridevano in un'espressione che trasferiva amore sincero. Ero il più fortunato che esistesse in Terra. La fortuna di essere unito con la mia famiglia a consumare il pranzo pasquale, non tutti l'hanno. Mi sentivo in pace col mondo e con quello ch'era attorno, era tutto bello il mio sguardo. Il pranzo del 4 aprile 2021 rimarrà come un dolce ricordo. Io assorto nel giallo della luce e la mia famiglia che tanto mi vuole bene, così non poteva esser meglio per me.
Che fortuna! Sono fortunato e fortunatissimo e vorrei che tutti come me potessero vivere nella serenità, accolti da chi li vuole, soddisfatti del loro essere. Stimavo ciò che avevo intorno come non era da molto. Finalmente avevo raggiunto la felicità tanto agognata. Ero contento. Non potevo desiderare davvero di meglio. Una Pasqua con la mia adorata famiglia, unita e compatta. Seppur vicini, ma senza contatto per la distanza tra le sedie, in testa mia quello era un abbraccio intorno al tavolo. Dei quattro che si godono la domenica al banco, con il piatto pieno. Il maiale aveva fatto miracoli.
Io lo vorrei... perché non può essere per tutti così?
Trovatevi qualcuno che vi voglia bene con cui festeggiare in serenità, che la riceverete!!!
Oggi non c'è maledizione, il nome di quel virus è un'amnesia. E per fortuna domani sarà Pasquetta!
Ed è stato solo un magnifico pranzo pasquale, sereno!!! 
Auguri!! Buona Pasqua!!!

Damiano Fallerini