Ottorino Barassi era nato a Napoli, sissignore. Ma la sua famiglia era di Torremaggiore (FG).
E da un ramo di quella famiglia discende il sottoscritto, che a Torremaggiore è nato. Un cugino di mio padre, Vittorio Romano Barassi, anni fa, cercò di rimettere insieme i pezzi della nostra abbondante famiglia, scavando in documenti ed ascoltando voci certe, come quella di mio zio Dante, capomastro artigiano muratore.
E sì, i Barassi erano impegnati nell'edilizia (come dicono oggi). O meglio, erano bravi muratori. Qualcuno fu macchinista o meccanico, alcuni ebbero ottime carriere militari, ma il mattone e la calce erano l'impiego più diffuso. Di Ottorino seppi da mio padre Giustino, che lo aveva visto poche volte e ne serbava sbiadito ricordo, ma sapeva tutto della vicenda legata alla Coppa Rimet. Intanto, a correzione di quanto riportato, Leonardo ed Elisa (Lisetta) Barassi non erano coniugi.
Mio nonno paterno Leonardo, infatti, aveva sposato un'altra Barassi, Antonietta, sorella di Lisetta. Leonardo ed Antonietta abitavano al civico 58 di Via Cavour e non in Via Montebello, all'epoca dei fatti. E quell'epoca era il novembre 1943, quando Ottorino, che viveva a Roma, capì che nessun tedesco avrebbe osato guardare sotto il letto di Lisetta, zitella, che viveva con la sorella ed il cognato nella casa di Via Cavour. Tornò a Toremaggiore dalla zia a cui voleva bene e questa acconsentì senza riserve a quella astuta intuizione. In quella casa non ci furono perquisizioni, i tedeschi se la davano a gambe e cominciavano a risalire l'Italia.
Erano alle porte del fiume Sangro, in Abruzzo, dove dal dicembre 43 al marzo dell'anno successivo le buscarono di santa ragione, e ripiegarono come si sa.
Nella casa in cui viveva Lisetta, cioè quella di mio nonno Leonardo, non mancavano i guai. Il primogentiro dell'abislissimo capomastro Leonardo, fu dichiarato disperso in Russia nel gennaio 42, mio padre era Sottotenente del Genio Guastatori,e nel novembre 43 era all'addestramento speciale a Lecce, da cui partì alla volta di Cassino per trovarsi in un mare di fuoco, fiamme e devastazioni. E perfino Dante, il più piccolo della famiglia, fu chiamato alle armi. La vicinanza di casa Barassi alla caserma dei Carabinieri completava il quadro. Perciò Ottorino scelse un luogo più che sicuro. Escludo che abbia fatto la sceneggiata di cui riferite, perchè era descritto come un riservato (fin troppo) e deciso burocrate di alto livello, con in tasca una laurea in ingegneria elettronica.
Da noi quelli come lui erano definiti "Tùbbsùrd" (un tubo sordo, uno che non riecheggia nemmeno al saluto, a volte).
Napoli, e la sua teatralità, dunque, se non per il luogo di nascita, c'entrano poco. Anzi, niente.
La scatola di scarpe era a sua volta infilata in una specie di bauletto il legno che teneva la parte nobile del corredo di Lisetta. Insomma da lì, in quell'antro privato e tutto femminile, nessuno poteva raggiungerla.
Torremaggiore era allora un posto che, dal settembre precedente, brulicava di americani, inglesi, canadesi, scozzesi e neozelandesi al seguito della forza alleata che aveva stabilito a Torremaggiore un presidio di aviazione. I bambini li circondavano per avere qualche cioccolata e un po' di disinfezione dai pidocchi. C'era la miseria delle guerre. Nessuno sa quando e come la preziosa statuetta fu restituita ad Ottorino, perchè Zia Lisetta badava ai fatti suoi e comunicava a stento anche in famiglia.
Me la ricordo che ero bambino. Lei, molto legata a mio padre, non disse nulla di come e quando la Rimet tornò nelle mani di Ottorino. Non erano fatti che riguardavano altri, insomma. Seppe tenere il segreto e diede una mano a quel nipote importante e silenzioso che vedeva di rado. 

Sapere che in quella casa, dove giocavo con mio fratello maggiore da piccolo, è stata nascosta la Rimet, mi fa piacere, anzi, mi inorgoglisce. Per dire di Ottorino, basti citare la reazione alla notizia che la nostra squadra locale, nel campionato 1953-54, raggiunse la IV serie, un trionfo.
Mandò un telegramma, dopo essere stato invitato ai festaggiamenti come autorità: complimenti et felicitazioni. Basta. Mi hanno chiesto notizie mille volte. So solo questo, e la fonte, potete giurarci, è più che certa.