La campanella della stazione trillava al martellante ritmo dell' arrrivo dell'espresso proveniente da Roma sul primo binario. La settimana scorsa mi trovavo in Umbria, al paese nei pressi del lago trasimeno residenza dei miei poveri genitori, per festeggiare le nozze di argento di un nostro parente.Dell'evento avrebbero anche fatto parte due suoi cari amici romani. Ora ero in loro attesa sfogliando un quotidiano, ma il mio sguardo veniva attratto da una targa posta in prossimità del primo binario in memoria dell'indimenticabile campione del ciclismo italiano Gino Bartali. La targa marmorea con il busto  in bronzo raffigurante il campione toscano venne deposta dal comune di Terontola-Cortona nel gennaio 2017 in onore delle sue gesta eroiche sportive ed umane: Gino Bartali durante la seconda guerra mondiale prestava il servizio militare come aviere presso l'aeroporto di castiglion del lago, aveva il permesso di allenarsi recandosi spesso a Firenze e passava presso l'arcivescovato che gli affidava documenti  per salvare ebrei nascosti nel convento di san Francesco ad assisi. il campione nascondeva questi documenti nella canna della bicicletta e rientrando a castiglion del lago si fermava alla stazione di terontola-cortona e con la scusa di riempire la borraccia con l'acqua della cannella posta sotto la pensilina, in realtà consegnava ad un suo complice, anch'esso militante nell'azione cattolica, i documenti dell'arcivescovato per recapitarli ai frati di assisi che poi avrebbero salvato numerose famiglie di ebrei in fuga dai nazifascisti.

Ma eccoli che scendono dal treno i due amici romani Gianni, un bancario, e Franco, un meccanico il cui volto, molto somigliante ad un mio caro zio mi porta a riavvolgere il nastro della memoria di una sessantina di anni. e così, temprato dalla lettura di quella targa dedicata al campione Bartali, vengo a narrarvi il fatto più saliente di quella vacanza lacustre che mi vide coinvolto assieme ad altri miei amici in un'avventura molto particolare. Torniamo alla stessa stazione, stesso binario, stesso treno proveniente da Roma, stessa campanella che suonava, ma anzichè due passeggeri ce n'è uno solo: il sottoscritto.

Era la fine del giugno 1960, Umberto fratello maggiore di mia madre si trovava su quello stesso marciapiede nell'attesa del nipote dodicenne,  promosso a pieni voti e spedito, come premio, al paese dei nonni materni per trascorrere le vacanze estive. il treno arrivò con 15 minuti di ritardo e nello scendere notai subito lo scherzoso zio Umberto che nervosamente fumava una sigaretta: "....zio, zio...come stai...bene, bene ...e tu massimo?!...anch'io tutto bene! beh, allora ?!...è nato?...o nata?!...eh Massimo manca poco...quanto?...un paio di settimane...e la zia Beppina come sta?....tutto bene Massimo....il pancione è grosso, ma è un donna forte...se la cava bene!!...Dai sbrighiamoci..,

Guardando nervosamente l'orologio,.....scusami ma ho un'appuntamento fra 20 minuti con un mobiliere dell'alta Italia che deve vedere la nostra nuova produzione di camere da letto in palissandro...ah, bene... e allora non costruite più i carri per i buoi con nonno Virgilio?". "...ehh!! Massimo!!..il nonno consegnerà gli ultimi due entro la fine di quest'anno!" "...che peccato...erano così belli!!" "...ma cosa vuoi farci....il mondo cambia!!"  mette in moto la sua 600 blu scura, nuova di zecca e partiamo.

Mio nonno Virgilio assieme ai due figli maschi Umberto e Aldo costruiva fin dai tempi della prima guerra mondiale carri agricoli, quelli trainati dai buoi, strumento indispensabile per tutto il mondo agrario fino agli anni 60 quando l'avvento in massa dei trattori  ne decretò gradatamente la loro scomparsa, mio nonno si occupava prevalentemente delle parti metalliche del carro ed in un locale sotto la sua abitazione, un fondo, aveva approntato una fucina con tutti gli attrezzi da fabbro e maniscalco. Già di buon ora al mattino, di fronte all'intenso calore del fuoco, lo si sentiva battere a colpi di mazza il ferro rovente sull'incudine per forgiare i cerchioni che poi sarebbero stati inseriti sulle due enormi ruote del carro le cui raggiere venivano manufatte con del legno stagionato al tornio dal figlio minore Aldo che si occupava anche di assemblare tutta la struttura portante del carro. Umberto invece era l'artista, il "Michelangelo" della ditta, e si occupava, a carro ultimato, della sua variopinta verniciatura che arricchiva sempre con quadri e disegni di splendidi, bucolici e pittoreschi paesaggi.  lungo via del mercato si respirava un'aria tipica delle antiche botteghe medioevali dei mastri ferrai inebriata con il profumo armonioso e fragrante che fuoriusciva dalla stufa a legna perennemente accesa di mia nonna Beppa sempre prona in cucina tra i suoi tegami in coccio a preparare, oltre al pane lievitato e cotto in casa, tutte le altre specialità culinarie umbro-toscane. Nonna ne conosceva tutte le ricette e sapeva sapientemente cucinarle.

Nonno virgilio tutti i santi giorni, a mezzogiorno in punto, toltosi la parannanza modello "poltrone & sofà" gustava le leccornie della moglie Beppa senza fiatare (ma era un segno di apprezzamento) , poi al termine del pasto si aggiustava il suo cappello, che credo togliesse solo per dormire, apriva la sua tabacchiera annusando del tabacco "toscano" ( in verità non ho mai saputo da dove provenisse!), dava un bacio sul collo a nonna Beppa e se ne tornava al lavoro nel suo fondo.

La fabbricazione di un carro agricolo comportava un lungo lavoro, tra i 2 e i 3 mesi, nella decade degli anni  50 nonno mi disse di averne realizzati anche 6/7 in un anno. ora con l'avvento del boom economico avrebbe costruito i suoi ultimi esemplari. addirittura un contadino, alla morte di un suo bue, disdisse l'ordine ed acquistò un trattore. nonno Virgilio portò quel carro invenduto ad una mostra nella vicina città della pieve e nel giro di un paio di ore riuscì a venderlo ad un fattore delle parti di Siena, se ben ricordo ad una cifra pari a 500.000 £, quando negli stessi anni un trattore medio costava circa il doppio. nei giardini di alcuni ristoranti attorno al lago trasimeno se ne possono ancora vedere alcuni storici esemplari in bella mostra, con la vernice un po' sbiadita dal sole e magari trovarne uno con la scritta sul fianco: "premiata ditta virgilio p. & figli" e così nonno Virgilio negli anni '60 si sarebbe praticamente occupato della sola manutenzione dei pochi carri con i buoi rimasti nelle colline di una parte del lago trasimeno. nello stesso periodo i due fratelli Umberto ed Aldo avevano iniziato a trasformare il laboratorio di falegnameria in una mini costruzione in serie di mobili, camere da letto, mobiletti porta tv ed appendiabiti. la ditta, con l'assunzione di qualche operaio decollò in breve tempo ed ottenne un discreto successo di vendita. In quell'atmosfera paesana, lavorativa, artigianale di via del mercato quattro ragazzetti dodicenni si apprestano a vivere la loro estate spensierata di vacanza all' aria aperta, lontano da scuola e dopo aver fatto il bagno nelle vicine acque del trasimeno, sgranchito le gambe per qualche km. in bici tra le campagne umbre e la solita partitella serale a pallone, cos'altro inventarsi per rendere più piacevole il nostro soggiorno? l'idea venne al mio amico Mario, anche lui abitante in una casa della stessa via del mercato, ed anche lui figlio di una famiglia di falegnami, che allora era uno dei mestieri più diffusi nel paese. e  quell'  battezzammo quell'idea con il nome di " little cart " tradotto "carrettino" e vengo ad illustrarne la sua storia.   tutti i fine settimana all'incrocio di via del mercato con via delle scuole passava un camioncino rosso carico di frutta e verdura guidato da un toscano sanguigno di nome Floriano, si arrestava all'incrocio nei pressi di una fontanella, la stessa dove le nostre nonne anni addietro "careggiavano" le brocche d'acqua, per vendere i suoi prodotti dell'orto, al termine chiudeva il cassone e ripartiva, lasciando sul posto le cassette di legno ormai vuote. un signore gliele aveva chieste, sarebbero servite come legna da ardere nel camino. ma quel giorno il riciclatore di cassette vuote non passò e così nell'osservare la "canella" ricolma di quell'ammasso di legno al nostro amico Mario venne un'intuizione: "ragazzi mi è venuta un'idea!!...con il fondo delle cassette ci si fà il telaio, con le sponde il ponte posteriore ed il braccio per lo sterzo - ....ma di cosa parli?!? - ma di una bella macchinina da far correre lungo 'sta discesa...e le ruote.....'n ve preoccupate, passo da cialdino (Giorgio il meccanico del paese ) e piglio 4 cuscinetti usati...tanto lù li butta....- e per lo sterzo come fai?! -.....tranquilli ragazzi!!...ce metto 'n curdino, un capo a destra e uno a sinistra...e ecco bell'e fatto!!....- sì!?...e come si frena!! -....ah, ah. ah...d'è cozzo!!...o chi tacchi de le scarpe!!!....". tutti e tre rimanemmo a bocca aperta, dopo meno di un'oretta nacque il primo little car!.....nemmeno fossimo in casa ferrari!..... e venne alla luce anche una bella bimba a mio zio Umberto....nonno Virgilio quando la vide borbottò un po'... bella sì...ma dopo una femmina sarebbe stato  più gradito un maschio! ...lo zio rispose che non era come fare un carro..." s'è quel che te viene!.....ma quando fè 'n fiolo e 'nnel sè!!" ( tradotto: con un carro sai ciò che ti viene, ma quando concepisci un figlio non puoi saperlo! Ma si era fatto scuro, avremmo collaudato il bolide al mattino successivo, prima di lasciarci Mario, di fede milanista come me, mi confidò che nella notte avrebbe pitturato il carrettino di rosso e di nero, mentre Alberto interista, lidio juventino ed il sottoscritto avrebbero avuto il loro da fare a preparare gli altri tre carrettini. legno di cassette ne era avanzato e dunque non era un problema, forse il grosso stava nel rimediare altri cuscinetti ma il papà di lidio, operaio in una vicina officina meccanica, si sarebbe prestato volentieri a quell'approvvigionamento.il pomeriggio successivo iniziammo le gare, nella notte tutti e tre avevamo, rinunciando ad alcune ore di sonno, costruito i nostri carrettini. all'ora di pranzo lidio ci portò i cuscinetti promessi e subito dopo li montammo sulle sedi dei due assi in legno precedentemente raspati, e poi con l'aiuto di una pinza ed un martello piantammo nelle loro sedi. mancava una mano di vernice, l'avremmo fatta nei giorni seguenti, io con il rosso ed il nero, Alberto con il nero e l'azzurro e infine lidio con il bianco ed il nero.

La nostra pista era la discesa di via del mercato, una strada a quei tempi sterrata, ma da ambo i lati c'erano, e ci sono ancora, due sentieri paralleli della larghezza di 60/70 cm, formati da tavelle di pietra serena, formando così con le ruote in ferro dei cuscinetti un terreno quasi ideale, tipo pista, praticamente un biliardo per i nostri carrettini. ma sorge un problema, la via del mercato parte dall'alto del paese dove ci sono i giardini denominati rondò con una bella fontana al centro, luogo per femminucce dedite al gioco di mosca cieca o al dilettarsi col gesso bianco a disegnare in terra una campana per saltellare con un sasso e giocarci sopra. ebbene sotto il rondò ci sarebbe stato il nostro start e poi giù per una discesa di circa 300mt., a mo' di discesa parallela nello sci, per arrivare alla via provinciale che conduce al centro del paese, una bella salita con un notevole dislivello attorno al 10/ 12%, ma è qui che stava il problema, a metà della discesa la via del mercato forma un incrocio stretto tra 3 case con la via delle scuole e, se pur in quegli anni la motorizzazione fosse ai minimi storici e transitava un auto ogni quarto d'ora e magari qualche bici condotta a mano, data la dura salita, e più raramente transitata da qualche asino con il suo basto stracolmo di un carico di fresca verdura delle campagne umbre, e quindi la nostra corsa in discesa avrebbe giocoforza dovuto avere delle segnalazioni di sicurezza e ci attrezzammo in questo modo: i due piloti del carrettino uno a destra ed uno a sinistra, pronti al "via" su in alto al rondò, uno degli altri due ragazzi al primo incrocio, quello con le scuole, a segnalare con lo sventolio di una bandierina il via libera, mentre il quarto era piantonato in basso alla confluenza della via del mercato con la provinciale dove avevamo appositamente sistemato due balle di fieno che facessero da ammortizzatore-respingente all'elettrizzante arrivo dei carrettini (stimammo che la velocità raggiunta non fosse inferiore ai 60/70 km/h). Infine Alberto aveva rimediato, non si seppe mai da chi, un cronografo meccanico col quale registrava su di un foglio i tempi delle varie manches per poi, per somma di tempi, decretare a fine giornata il vincitore del torneo al quale sarebbe andato come premio una bottiglia di spuma fresca pagata dai perdenti al bar della piazza centrale del paese. Passammo giornate e settimane intere sui nostri carrettini, ogni 3-4 giorni dovevamo sostituire le ruote, cioè i cuscinetti, per l'eccessivo uso cui erano sottoposti, nella corsa i cuscinetti con l'attrito radente sulla pietra provocavano una nuvola di scintille, oltre ad un baccano infernale, tant'è che un giorno passò un carabiniere ad invitarci a sospendere il gioco. noi non ci demmo per vinti, continuammo a gareggiare con un maggior uso dei freni.....freni?!?....cioè i tacchi!!..in una sola giornata mettemmo fuori uso 4 paia di sandali, l'unica scarpa estiva per ragazzi in uso in quegli anni, ed i tre calzolai del paese si fregarono le mani dalla gioia, mentre se le arrossirono le nostre mamme nel prenderci a scapaccioni al nostro rientro. Ma una bella mattina all'ennesimo fischio di partenza il nostro amico lidio, dopo aver sbandierato il via libera venne forse distratto forse distratto dalla madre che aprendo le persiane gli avrebbe ricordato di andare al forno per prendere due kg. di farina, e proprio mentre era voltato non si avvide dell'arrivo di una topolino nera mentre sopraggiungeva sulla pista di destra Alberto in piena velocità. fortunatamente l'auto stava percorrendo la discesa ad una velocità moderata, ciò nonostante si accorse in ritardo del passaggio di quel razzo sbucato all'improvviso e così provò a frenare e sterzare a destra, l'auto arrestò la sua corsa urtando violentemente contro un muretto di una scalinata fracassando il parafango destro ed il faro. Alberto impaurito riuscì in un attimo a tirare la cordicella in alto a sinistra, come fosse la briglia di un cavallo, il carrettino obbedì al suo comando e, grazie a dio, la repentina manovra avvenne un secondo dopo il transito sulla pista sinistra di mario e solo per un pelo riuscì a schivarlo, ma purtroppo terminerà la sua discesa schiantandosi contro il muretto della fontanella posta all'angolo dell'incrocio, dopo pochi minuti tutto il paese si riversò in via del mercato, intervennero i carabinieri che poi redassero un verbale, e fu chiamata l'ambulanza per portare il povero alberto in ospedale dove, oltre a varie escoriazioni, gli diagnosticarono la frattura del malleolo. Da quel giorno furono banditi i carrettini, anzi furono direttamente sequestrati dai carabinieri, il cui maresciallo invitò il giorno seguente i genitori dei 4 ragazzi in caserma dove venne evidenziata la nostra recidività e dove il maestro elementare proprietario e guidatore della topolino rivendicò i danni alla sua auto ammontanti, a quei tempi non esisteva l'assicurazione obbligatoria, a 50.000£.    

I nostri genitori, nel mio caso i nonni, risarcirono immediatamente il proprietario ed io il giorno appresso mi ritrovai nel fondo di Virgilio ad armeggiare tra il fuoco ed il ferro di uno degli ultimi carri costruiti (ho detto carri e non "carrettini"!). Mentre respiro a pieni polmoni l'aria natia dei miei genitori, ecco che ti vedo salire il mio amico Mario, ora in pensione, ma per decenni conduttore di uno storico bar del paese che divenne negli anni '70 anche un milan club intitolato al nostro capitano storico franco baresi. la sua celebre maglia rossonera n°6 restò per anni affissa nella bacheca di quel locale. ci abbracciamo calorosamente e mi invita a casa sua poco distante per gustarci un aperitivo. nel servirlo apre un cassetto dove vicino al cavatappi noto alcuni cuscinetti a sfera, ne prendo in mano uno, il più luccicante, lo serro tra pollice e dito medio e con l'altra mano vado a dargli un colpetto... beh a distanza di 60 anni girava ancora e molto bene!!... ci abbracciamo fortemente, una lacrima bagna le nostre le nostre guance, poi scherzosamente Mario mi dice:  "... sai massimo in cantina ho alcune cassette di legno che uso in campagna per la raccolta dei pomodori... che dici...ti va se ricostruiamo il " little cart " ??...."e me lo chiedi?....e poi ho anche due barattoli di vernice ..."  "...e scommetto uno rosso ed uno nero!!"  "...hai centrato massimo!...e poi sai cosa ti dico?!?...che si vive una volta sola!!!!... ... vero Massimo!!!" "verissimo!!...Mario!!...dai l'ultima volta vincesti tu!...ma adesso il tempo è preciso al millesimo e non più ai secondi!!" " vero!!...ma faremo correre i nostri nipotini...fra tutti e due avremo preso una quarantina di chili in più!!!

Un abbraccio, Massimo 
p.s.  per gli amici lettori rossoneri correva il campionato 1959/60, il milan arrivò 3° dietro fiorentina  e juventus. fu storico il derby che il milan si aggiudicò per 5 reti a 3. josè altafini ne segnò ben 4, mai accaduto prima!