Quando si parla di calcio si parla perlopiù di soldi spesi, abbonati e tifosi. Ma quando si ha un'età tra gli 8 e 10 anni di queste cose se ne parla molto meno, perché c'è l'idolo calciatore, ci sono le squadre di calcio, c'è l'immancabile album Panini, ci sono le figurine. Ma fin quando i volti si vedono scartando quei pacchetti o nel rivedere le immagini di una partita alla tv è un conto, ma quando si vedono dal vivo è ben altro. Il racconto di questa storia, parla di una delle giornate personali passate da ragazzino, quando un giorno mio papà, tifosissimo della Juventus come me mi disse "Vogliamo andare allo Stadio a vedere Roma-Benfica?" io risposi "Sì!", forse da tifosi juventini non ci azzecca poi più di tanto, ma il solo pensiero di poter vedere una partita dal vivo mi rendeva felice. Mio padre mi chiese di andare, perchè un suo amico tifosissimo della Roma glielo aveva chiesto, e gli sembrava brutto dirgli di no, con lui anche suo figlio, e da qui nasce la richiesta anche a me di andare. Partimmo da casa appena due ore prima della gara, e ci trovammo nel traffico di Via del Foro Italiaco, una moltitudine di macchine che suonavano, grida di persone "Daje che c'è la Roma!", addirittura ricordo uno che scese dall'auto e disse "A papà, io me la faccio a piedi!". Così anche questo amico di mio padre ci fece scendere al volo, io mio padre e il figlio di questo amico scendemmo per la strada e ci dirigemmo davanti ai cancelli dove presentare il biglietto, mentre questi era andato a cercare un parcheggio, davvero introvabile nelle vicinanze. Arrivammo sotto la Curva Sud, canti; cori e spintoni, volevano entrare tutti insieme, ma quello che mi lasciò senza parole, fu il vedere quel maestoso e mastodontico blocco di cemento, da ragazzino lo associavo ad una montagna gigante, e avevo il cuore in gola nella voglia di entrare. Certo, trovarmi in mezzo a tanti tifosi romanisti non era il massimo per un bianconero, soprattutto se aveva nei suoi amici tanti aghi pungenti per le varie 'ladrerie' che mi accollavano a me tifoso, però devo essere sincero mi facevano sorridere tante persone che cantavano e ogni tanto si sbottonavano con parole non proprio belle verso chi proteggeva i cancelli dell'entrata. Così dopo essere stati raggiunti da questo amico di papà, ci fecero passare davanti, un signore molto rozzo urlò: "Fate passà la gente con i ragazzini. Che questi so' i tifosi del futuro!". Mi misero la sciarpa della Roma addosso, dovevo fare la parte, certo avrei voluto togliermela, ma non la guardavo, anche perchè coe si dice a Roma mi sentivo le bolle sulle braccia, ma accettai di buon grado tutto per entrare nello stadio. Dopo che entrammo ci consigliarono di spostarci nei Distinti, perchè c'era un gruppo di scalmanati che già prometteva casino verso i tifosi portoghesi, così accettammo la destinazione. Dopo aver salito quei gradini, come un calciatore che sta per entrare in campo, sentivo l'urlo della Curva Sud che pian piano andava a riempirsi, ma nel cammino tolsi la sciarpa, non sentendola mia e la diedi al figlio. La partita era di andata dei trentaduesimi di Coppa UEFA, sotto la Curva Sud campeggiava lo striscione 'Fatece Largo!', lo stadio per metà pieno zeppo, e la bolgia romanista era davvero avvolgente, fumoggeni gialli e rossi, mentre poi c'era uno sparuto numero di tifosi del Benfica che si potevano contare tranquillamente, quanti pochi fossero. In quella Roma le celebrità erano ben due; Giuseppe Giannini il 'Principe', romano e romanista nonchè capitano amatissimo e Rudi Voller, il 'Tedesco Volante' al quale cantavano a ripetizione "Vola sotto la curva vola, la curva s'innamora, tedesco vola!" riprendendo la canzone di Lorella Cuccarini dl titolo 'Vola'. Tra i tanti nomi noti anche il giovanissimo Angelo Peruzzi tra i pali, il brasiliano Aldair, Sebino Nela, Stefano Desideri e Andrea Carnevale, mentre in pachina c'erano Bruno Conti storico campione che andava verso il ritiro e Ruggero Rizzitelli. Allora sia il padre che il figlio romanisti cantavano e mi spingevano per cantare con loro, ma la mia bocca era ben serrata, mi piaceva vedere quei tifosi cantare e agitare le bandiere, ma di cantare per una squadra non mia non era nel mio interesse. Guardavo invece sbalordito quell'immenso stadio, tanto da fare una domanda a mio padre "Papà, ma quanta gente ci entra qui dentro?" e mio padre "Novantamila persone o giù di lì", trovando la conferma di altre persone vicine. Più ero nello stadio e più immaginavo a cosa significava vedere uno stadio pieno zeppo, anche se quel giorno, c'erano poco meno della metà. Così venni richiamato dalle immagini dei giocatori sul maxi schermo nel quale venivano schierati dal portiere all'ultimo attaccante per chi scendeva in campo, era più facile capire chi era quel giocatore dal suo numero di maglia. L'immagine nitida e sbalorditiva fù quando il boato della Sud acclamava la squadra entrare in campo, la chioma di Rudi Voller era difficile da non riconoscere, Giannini con la fascia al braccio e Nela con dei polpacci da far paura a chiunque in campo. L'applauso a Bruno Conti che andava a sedersi in panchina. Poi la partita ebbe inzio, e la Roma dopo pochi secondi si portò in vantaggio con Carnevale, in quel momento sentii un boato che mi fece sobbalzare quanto forte fosse, e chi se lo immaginava che così 'poche' persone avrebbero potuto fare un urlo del genere, avevo la pelle d'oca. Mi vltai verso papà e gli dissi "Ma non c'è quello che parla come in tv?" e mio padre sorridendo mi rispose "Ma questa non è la tv, ma un grandissimo schermo dal vivo e qui si vive soltanto di canti, grida e giocatori, come quando giochi a calcio tu, non c'è la telecronaca, ma soltanto genitori che gridano aggrappati alle reti intorno al campo". La partita per me poi passò in secondo piano, non ero interessato alla Roma, anzi ero più preso a vedere cosa faceva la gente.
A fine primo tempo ci mangiammo un bel panino confezionato da casa, e poco dopo al passaggio... Gelati, patatine, caffè Borghetti... richiamai l'attenzione del venditore e mi presi un bel cornetto Algida. Intanto i tifosi della Roma cantavano "Corete!!! Scappate!!! Ariva lo squadrone giallorosso, giallorosso!", oppure "Quando saremo nella Curva Sud,come una bomba il tifo esploderà, la Roma è qua la Roma là, la Roma è forte e vincerà!" o ancora "Maracanà, Maracanà, semo venuti fino a quà! e canterem, e canterem forza la Roma alè alè!", queste erano le più frequenti. Pensavo "Ma quanto fiato hanno in gola per cantare sempre senza mai riposare?". La partita al triplice fischio terminò 1-0 per la Roma, e la festa fu grande, anche se poi la Roma sarebbe dovuta andare in Portogallo a difendere la vittoria (Vincendo 0-1 poi con gol di Giannini qualificandosi). Lo stadio come si era riempito in meno di due minuti si svuotò e rimasi colpito dalla velocità in cui la gente uscì. Noi restammo dentro lo stadio, si temevano scontri tra tifosi, quindi decidemmo di restare una mezzoretta in più dentro e poi uscimmo. Per le strade non c'era più anima viva, ma soltanto clackson in lontananza che saranno stati dei festeggianti. Mi voltai per l'ultima volta a guardare lo stadio, come a salutarlo per una prossima volta che si sarà avverata soltanto, forse, anni dopo.

Tornati a casa, io e mio padre ci mettemmo seduti in cucina e raccontai tutto a mia madre di quell'emozione di vedere quello stadio, credo che trovai tanti di quei termini all'infinito che solo mio padre fermò: "Va bene, ma racconta anche altro...", l'emozione di vedere tante persone cantare insieme, di abbracciarsi ad gol, e soprattutto di vedere uno schermo vivo senza telecronaca senza problemi che la corrente saltasse o che l'antenna facesse le bizze.
Quel giorno è ancora vivo dentro di me, eh già, perchè se da una parte non l'ho mai raccontato ai tanti amici romanisti o juventini, è un ricordo bellissimo, che ho vissuto con mio padre e che spesso ne abbiamo ricordato, come facesse strano essere in mezzo ad una folla giallorossa che non sapeva di avere due infiltrati juventini nel loro stadio tutto pieno zeppo di bandiere, sciarpe e canti. Mentre dall'altra parte, un ragazzino, io, che per la prima volta vedeva lo stadio della sua città e provava una grandissima emozione, e che anche se quella maglia non aveva le strisce bianconere o le sciarpe non erano dello stesso colore, si era divertito un sacco a sentire quell'amore che quei tifosi versavano verso la loro squadra in campo.
Sono passati 31 anni, ma sembra davvero ieri.