Ricordo la mia vita dall'età di 5 anni, quando di Natale alle 8 del mattino scartai il regalo e dalla scatola uscì un robottino alto più o meno una quarantina di centimetri, che s'illuminava e sparava pallini di gomma in tutta la camera da pranzo e riempiva i miei occhi felici che brillavano. Passavo intere giornate a ripetere i suoi rumori, dalla sala da pranzo a fuori, e mia madre mi ripeteva "Quel Pem Pem degli spari anche a scuola te li portavi".
Poi le pistolette di plastica che spruzzavano acqua e con il mio migliore amico lasciammo impronte per tutto portico e a poco servirono le corse ridotte anche perchè poi si prendevano comunque le botte, ma no, non quelle che si possono immaginare, ma sculacciate che alla fine le lacrime ci facevano uscire.
Poi il primo giorno d'asilo, con mia mamma che mi accompagna felice coperto da un grembiule rosso e sandalo con gli occhietti anni '80 pronto a conoscere i nuovi compagnetti, ma nemmeno il tempo di lasciare la sua mano che le lacrime dagli occhi mi uscivano, già perchè la vedevo salutarmi con "Ci vediamo dopo" e già nei miei occhi c'era un rogo, e le lacrime mi scendevano con rabbia perchè chiusa quella porta mi sentivo in gabbia, poi i primi giochi e le prime parole e dalla tristezza immensa fu subito amore, sì una bambina bionda e con gli occhi azzurri mi prese per mano e mi portò con se a giocare a "Mimiamo?", già sussisteva ad imitare un animale e l'altro intento a guardare doveva indovinare.
Sara era il nome di quella bimba che in cuor mio era già un amore, anche se a 5 anni cos'è l'amore? La prima estate al mare ricordata fu di colpo speciale quando vedevo il mio color di capelli cambiare, sì ero un moro che nell'estate aveva i capelli dorati, già un moro che diventava biondo per tre mesi e poi ritornava moro per gli altri nove mesi, questo fino ai sette anni quando il nero prese il sopravvento e di questo ne ero assai più che contento.
Ero un bambino che mostrava la mano aperta per salutare e il sorriso, e poco importava la distanza, salutavo anche se c'erano 100 metri di distanza, anche se la persona salutata non mi guardava alla fine dal mio "Ciao!" si voltava e mi salutava.
Ero gioioso e pieno di voglia di vivere come un bambino doveva e dovrebbe sempre avere.
Erano gli anni della spensieratezza; si correva si cadeva, ci si rialzava e dopo aver pulito le ginocchia che spesso sanguinavano e poi si ricominciava a correre. A sei anni poi arrivò il calcio e da quel momento tutto quel che avevo visto fino ad allora fu cancellato in un momento; scarpini pallone sotto il braccio, passaggi dribbling e gol con abbraccio, tutto era divenuto un tormentone, sbattevo anche nei giorni non di allenamento sulle mura quel pallone, di colpo era divenuto il mio migliore amico tanto che lo chiamavo Amico, amico dei pomeriggi senza scuola, che si scendeva in strada e si calpestava qualche aiuola che il sor Amedeo aveva piantato e al suo grido facevo una corsa a rimaner senza fiato e al suo grido "A tuo padre lo dico..." ecco che il tremore alle gambe avevo già avvertito, no mio padre non mi ha mai alzato una mano, ma bastava soltanto lo sguardo per bloccare tutto quel baccano, già di parole che sputavo a vanvera dalla paura di essere sgridato, visto che la voce di Amedeo in un baleno agli orecchi di mio padre un paio di volte erano arrivate almeno.
Così, dopo i tipici 5 minuti di punizione, seduto sul muretto, mio padre mi carezzava la testa e mi diceva "Adesso torna a giocare, ma nelle aiule di Amedeo non andare...".

Poi l'adolescenza prese il sopravvento; il solito calcio non bastava più, si usciva a gruppi di quattro maschi per due femmine erano troppi, i due più fortunati si fidanzavano con loro e gli altri due per compassione erano gli areggi moccoli d'eccezzione. E così alla mia prima fidanzata una rosa al primo appuntamento gli portai, ma capii subito che sarebbero stati guai, già, perchè lei facendo la 'sbadata' non mi aveva detto che era già fidanzata, così pochi giorni dopo al citofono di casa mia un ragazzino mi disse: "Lascia stare Lela che è la fidanzata mia. Perchè me la vuoi portare via?", io scesi al portone e spiegai che non ne sapevo niente, ma non accettando scuse intento a darmi un pugno in pieno volto lo schivai e glie ne diedi uno sotto al mento, lui cadde in terra e mi disse "Te la farò pagare!", ma di lui dopo poco non ne sentii più parlare, Lela che era il diminutivo di Emanuela la liquidai nel breve tempo, trovarmi in in casa una traditrice seriale era come non saper nuotare e buttarsi in alto mare. Lei pianse lacrime amare giurandomi che non l'avrebbe mai fatto a me, ma non ne ero interessato al suo teatrino di goccioloni e piagnistei e in poco tempo preferii un'altra a lei.
Il calcio però continuava a tartassare il mio pensiero e da portiere di grandi prospettive dopo quattro anni decisi che era arrivato il momento di appendere i guanti, ma non di appendere gli scarpini, visto che nella mia squadra latitavano i terzini e così imboccai la strada della fascia sinistra e in breve tempo da ragazzino che si divertiva all'esterno del campo tra amici e amori mi trasformai in un maniacale terzino e a chi le davo e a chi le promettevo, si capisce dentro il campo, sembravo troppo grosso fisicamente per stare dietro a certi esili esterni d'attacco avversari, ma la velocità era proprio la cosa che appena mi vedevi giocare capivi, ero un centometrista, un Mennea degli anni '90 anche palla al piede, e grazie al mio impersonarmi in Roberto Carlos dei tempi nerazzurri con il mio piede sinistro tiravo dei veri e autentici siluri, che spesso bucavano le mani del portiere avversario, che dopo averla sfiorata chiedeva l'aiuto per la sua mano ai 'medici' che erano a bordo campo che con fasciature varie gli immobilizzavano il polso dolente che faceva più male di un cariato dente.
Le ragazze però tenevano testa a quel gioco magico, ogni domenica fuori dagli spalti c'era quel gruppetto di spasimanti; dalla mia ragazza gelosa a morire, a quelle della classe le più carine, se quella ragazza del tempo lo avesse saputo a qualcuna le 'aiuole' avevo potato...

Così, mentre le due cose andavano a braccetto, ecco che mi trovai davanti un gruppetto di calciatori che al tempo erano più che adolescenti, ma che in futuro inoltrato tutti avremmo visto dentro il 'grande prato', ricordo un biondo di giallorosso vestito a centrocampo che menava come un fabbro, sì, era Danielino, quel De Rossi che poi sarebbe divenuto per molti un mito. Ricordo quel gol a Trigoria con mio padre che esultava e gioiva alla mia corsa verso di lui con le braccia che si muovevano per l'allegria che sembrava stessi suonando una batteria.
Quel gol segnato dopo una azione repentina che dal limite dell'area di rigore fece esplodere di potenza quel pallone, che come un missile a terra aria s'insaccava alla spalle dell'incolpevole portiere che la palla non riuscì a trattenere.
E così in un mondo che Internet non sapeva nemmeno cosa fosse, di colpo avevo trovato decine di proposte; dalla Lazio all'Abruzzo, dalla Liguria alla Sicilia, per arrivare a stappare una bottiglia di Gancia con offerte da Germania e Francia, ma ai tempi mandare a 14 anni un figlio via da casa in una città o nazione sperduta non era visto di buon occhio, quindi dovetti chiudere quel sogno in un cassetto, magari in un futuro dalla Capitale una delle tre squadre (Roma, Lazio, Lodigiani) mi avrebbe riportato a sognare.

Ma lo studio in casa mia era al primo posto, così, dopo aver conseguito la licenza media, m'iscrissi alle superiori e furono 5 anni di studio intenso che pian piano il campo da calcio lo stavano portando allo sfascio, l'amore non è mai mancato, anche perchè ogni anno fidanzata avevo cambiato, ma il campo mi mancava parecchio, così tanto che di notte mi sognavo di giocare con i campioni: da Roberto Baggio a Van Basten fino ad arrivare a Donadoni, eppure con lo studio a gonfie vele tornai in campo, in quel campetto di periferia che non solo mi ridiede il posto da titolare, ma che al braccio la fascia di capitano non mi volle far mancare.
Poi la storia continua con l'università ed il lavoro, le scoperte di calciatori e accordi tra società, ma l'ho già raccontata molte volte questa storia qua...