"Io mi ricordo..."...E già il mio ricordo parte come un pezzo di Antonello Venditti, perchè per la maggiore si ripete spesso quasta parola quando si parla al passato, e siccome andrò forse oltre 30 anni a ritroso, allora suona molto bene l'utilizzo di tale inizio.

Erano gli strepitosi anni ottanta, quando ero intento a superare le scuole elementari, ricordo che uscivo da scuola e mia nonna mi aspettava appena fuori dal cancello, con una sorpresa, dei piccoli pesciolini di liquirizia avvolti in un tovagliolo, poi si andava dritti a casa, ricordo che spesso mi preparava la pasta al sugo con il tonno, del quale anche lei ne andava matta e mio nonno, e mi raccontavano sempre le storie del loro tempo, poi nonna si accendeva la sua solita 'cichetta', modo in cui chiamava la sua sigaretta, non prima di essere uscita sul balcone per non farmela respirare, mentre nonno era intento a seguire ogni minimo particolare del suo telegiornale.
Già, al tempo forse poche persone come mia nonna uscivano per fumare, ricordo molte 'ciminiere', nebbie nelle case, addirittura gente che fumava nelle camere da letto, e al tempo i ragazzini come me, che tossivano tutto il giorno, erano gli anni dei fumatori incalliti, non che oggi non ci siano, ma al tempo era una cosa abominevole.
Poi dopo pranzo arrivava mia mamma, che di ritorno dal lavoro mi veniva a prendere per portarmi a casa, bhè eravamo a poco meno di 50 metri di distanza, e tornavo a casa a fare i compiti, per poi scendere e giocare con i miei amici.
Questa era la vita da città, almeno quel che si poteva fare dai 5 ai 10 anni, non esisteva, come ai tempi di oggi, che un bambino-ragazzini di quell'età potesse attraversare le strade oppure andare dove voleva, l'occhio vigile dei genitori c'era anche quando non si vedeva. Ma se la stagione scolastica era da fine Settembre a fine Maggio, poi c'erano più di tre mesi in cui si stava tra casa e allenamenti con la mia squadra, anche perchè da Giugno ad inizio Agosto i miei genitori lavoravano, quindi ero spesso con i miei nonni a passeggiare al mattino, andando anche alle altalene poco distanti da casa, mi ricordo che ci divertivamo, anche loro sedevano in altalena o scendevano dallo scivolo, oppure giravano con me al Girello, o giostra girevole, che sarebbe quello con le sedute che dovevi far girare con la forza delle braccia.
Ricordo il loro sorriso, la loro felicità, come se anche loro in quel momento si fossero trasformati in bambini, per quello poi negli anni ho capito il significato 'Si cresce, ma si resta bambini'.
Così poi arrivava il 10 Agosto, mio padre era l'ultimo a staccare per le ferie dal lavoro, e così si decideva dove passare le nostre vacanze, e la risposta era sempre del più piccolo di casa, cioè io, che senza pensarci su rispondevo: "Al Mare!".
Così ecco che dopo aver caricato la sua macchina, una Uno Fire, partivamo per una destinazione sconosciuta, almeno per il resto della famiglia, perchè mio padre aveva già prenotato ma non ci diceva nulla fin quando non saremmo arrivati. E così il primo anno dopo un viaggio interminabile, nel quale ci alzammo alle 4 di mattina, arrivammo in Calabria, a Gioisa Ionica, dopo 8 ore di viaggio, e ricordo che prima dell'arrivo mio padre ci fece notare come si vedeva la fine dello Stivale della nostra bellissima Italia.
Bhè che dire? Non avevo mai visto l'acqua così pulita, forse noi abituati al mare di Ostia spesso sporco ai tempi, e che non eravamo abituati a tanta limpidezza. Ricordo che al mattino ci alzavamo alle 5, anche perchè poi si rincasava alle 11, quando il sole cominciava ad essere troppo per noi ragazzini, e la cosa che mi rimase impressa, fu, quando entrai per la prima volta in acqua, e c'erano dei piccoli pesciolini che mi passavano tra le caviglie, senza avere paura, mentre io avevo un pò di timore, che passò quasi subito per la magia che stavo vedendo in quel momento. Ricordo che non potevo andare oltre una piccola parte tra bagno asciuga e acqua, anche perchè si passava a poco meno di due metri da bagnasciuga all'acqua alta, dove un nanerottolo come me non avrebbe mai toccato. Ricordo le passeggiate di sera al lungo mare, arivando alla piazzetta dove compravamo il gelato, sono sincero davvero i veri gusti di gelato, cosa che spesso in gelaterie normali di tutta Italia non si sentono più. Poi l'anno successivo facemmo un viaggio tutto all'opposto, quindi dalla lonana Calabria, al lontano Veneto, a Padova, dove venne anche mia nonna, nonno nel frattempo ci aveva lasciato per passar a miglior vita. Ricordo della pulizia stradale, mi rimase davvero come un qualcosa di incredibile, come le persone fossero civilmente corrette con la loro città, confronto alla mia città nella quale la gente buttava mozziconi e pezzi di carta in terra come nulla fosse. Poi ricordo un ristorante, dove l'antipasto era davvero incredibile, un melone intero a persona con una decina di fette di prociutto crudo, oltre ad un primo di tortellini in bianco ricoperti da una montagna di Parmiggiano Reggiano. Poi andammo nella Basilica di Sant'Antonio, dove non avrei mai immaginato di vedere gli occhi e la lingua intatti, di una persona che era morta quasi settecento anni prima. Poi prendemmo il giorno dopo un treno direzione Venezia. La prima cosa che mi colpì fù la parlata, non si capiva nulla, soprattutto nel sito delle bancarelle, dove comprai un Tao in legno a forma di T, che tutt'oggi ancora conservo. Venezia era bella, ricordo il primo viaggio in navetta, e un cicerone che spiegava ogni minimo palazzo e vicolo. Ricordo che ci fece vedere una vecchia casa coperta da rami di alberi di uno scrittore famoso, scusate ma ora non mi sovviene il nome, non era comunque Goldoni ne Hemingway. Poi scendemmo e ci dirigemmo a Piazza San Marco, era davvero un passo che avremmo dovuto fare, il 'dare da mangiare ai piccioni', mai visti così tanti dentro una piazza, così comprammo il gran turco, e nonna fu invasa addirittura uno si posizionò sulla sua testa, l'aveva presa per un nido. Ricordo che allungai il mio braccio pieno zeppo di granturco, e così ecco che con una mano coprivo gli occhi, avevo il terrore di essere beccato, ma anche la curiosità, e così dopo che mio padre mi gridò "Se non stai fermo non si poggiano!", ecco il primo piccione, becca così veloce che sembra una macchina da scrivere, poi lo raggiunge il secondo, fin quando sono costretto a lasciare cadere tutto, quando mi ritrovo un litigio 'piccionaro' e mi tolgo dal mezzo. Oggi per fortuna o per le molte lamentele è vietato dare da mangiare ai piccioni, e posso capire chi ci abita quanto abbia 'odiato' la gente che gli dava da mangiare al tempo. Poi dopo una panino, che era mezza pagnotta ripiena di prociutto crudo e mozzarella, ci diriggemmo di nuovo al treno e tornammo prima a Padova per poi il giorno dopo tornare a Roma. Poi mio padre decise di prendere una roulotte ad un campeggio sul Lido di Ostia, e così per quattro anni, divenimmo campeggiatori, bhè che dire? Era tutto nuovo, soprattutto l'andare al bagno e non potersi sedere alla tazza, altrimenti sai che ti attaccavi? Di tutto e di più. La giornata da campeggio era; Colazione, una bella sciacquare i denti e il viso, costume, passeggiata di tre-quattro minuti, allungare il telo, e corsa con tuffo in acqua. Essendo bianco da far specchio a chi si poteva abbronzare a pochi metri, dovevo mettere la crema protettiva a 50, che poi andava a calare nei giorni fino a non averne più bisogno.
Ricordo le partitelle a calcetto, mi venivano a chiamare anche ragazzini che non conoscevo, e così si diventava amici, oppure compagni di partitella ogni tanto.
Ricordo le feste, le serate con orchestra, tanta gente che ballava, e noi che andavamo al Bar a gustarci un buon gelato, seduti a parlare di calcio, di ragazze che ci piacevano, e spesso qualcuno se ne usciva tanto da far diventare rosso in viso chi si era innamorato di una delle ragazze che uscivano con noi. In quei quattro anni ricordo che ci divertivamo tanto; dai gavettoni a chi passava, ai tornei di calcetto, al vedere le sfide di Briscola e Tresette e Burraco, le corse in bicicletta, i giochi sulla spiaggia, e la primissima fidanzatina, che poi vedevo soltanto d'estate, dopo quei quattro anni, quando poi la mia famiglia decise di lasciare il campeggio, non ebbi più la possibilità di vederla. 

E così ecco i miei ricordi estivi dalla tenerissima età di 5 anni fino ai 12-13 anni, quando il divertimento era puro, non c'erano le tecnologie, oppure chi poteva permettersele al tempo erano davvero pochi, e un bambino-ragazzino si divertiva nel vero senso della parola.
Oggi i bambini e i ragazzini passano ore e ore incollati prima ai cellulari dei genitori, e poi alle console, e spesso sembrano, senza offesa, dei veri e propri 'rincoglioniti'.
Forse ci vorrebbe un passo indietro, via tutto quel che è elettronico da i genitori stessi, e far capire ai propri figli che per divertirsi basta davvero poco.