Una volta c’erano le bandiere.
Giocatori che legavano la propria carriera calcistica ad un solo club, rifiutando offerte milionarie e riconoscimenti individuali e di squadra prediligendo l’amore dei tifosi e la loro stima. Basti pensare a Gigi Riva, bandiera del Cagliari, che pur di rimanere nella terra dei Quattro Mori rifiutò le avances di Boniperti, restando in rossoblù e vincendo uno storico scudetto. Scorrendo avanti nel tempo possiamo ricordare le bandiere dei top club italiani negli anni ’90 come Totti, Zanetti, Del Piero e Maldini. E non si pensi che questi giocatori siano rimasti solo perché le squadre erano ai vertici, perché queste icone sono rimaste fedeli anche e soprattutto nei momenti difficili, come Pinturicchio nell’anno della Serie B o Totti quando la Roma non gravitava nelle zone di alta classifica e le sirene provenienti da Madrid, sponda Real, si facevano sempre più insistenti.
Ma si sa, i tempi cambiano, e il calcio, specchio della realtà sociale, si adegua ad essa.
Negli ultimi anni il calcio è diventato più un lavoro che una passione, esattamente il contrario dalle idee e intenzioni dei suoi albori; i dipendenti del calcio pensano più ai riconoscimenti personali, ai contratti e agli sponsor, e sono rimasti in pochi quelli che pensano veramente al bene della squadra, scindendolo dagli interessi personali.

Ultimamente gli esempi sono lampanti e non bisogna neanche andare lontano rispetto alle squadre citate in precedenza; infatti non più di due anni fa il capitano dell’Inter, Mauro Icardi, dopo difficoltà contrattuali per il rinnovo e dichiarazioni poco felici della moglie-manager in tv, in poche parole dopo essere stato destituito da capitano della squadra, si autoescluse dai convocati per molto tempo (seppur giustificandolo con un infortunio al ginocchio) lasciando comunque la squadra senza il suo totem in un periodo cruciale della stagione. A fine stagione poi con l’arrivo di Antonio Conte, allenatore che mal sopporta questi comportamenti, non si fece problemi e lo mise alla porta, favorendo la cessione al PSG in favore di Lukaku.

Anche con i cugini milanisti non ci fu una bella situazione, infatti nella faraonica campagna acquisti del duo Mirabelli-Fassone dell’estate 2017 fu acquistato dalla Juventus Bonucci, leader della società bianconera. Appena arrivato a Milanello a Bonucci fu affidata la fascia da capitano in virtù delle sue caratteristiche carismatiche e da leader; fu una scelta strana visto che la fascia si dà solitamente al giocatore con più presenze o che conosce comunque da molto tempo l’ambiente del club. Ma la scelta non ripagò e Bonucci a fine stagione, andò via tornando ai bianconeri, così da inimicarsi sia i tifosi bianconeri che quelli milanisti.

Nella stagione odierna, quella 2020-2021, quella degli stadi chiusi, stiamo assistendo ad una caduta negli inferi dei capitani, due su tutti: Papu Gomez e Edin Dzeko.
L’argentino, dopo delle incomprensioni con il mister Gasperini, che continuarono negli spogliatoi e sfociarono anche in scontri verbali e non solo, fu messo praticamente fuori rosa con la dirigenza atalantina che tra il dieci ed il mister optò per quest’ultimo, ponendo fine alla straordinaria carriera del Papu in nerazzurro.
La cosa sorprendente è che il trequartista bergamasco era ed è forse la figura più importante di tutta la storia atalantina, ma probabilmente quello che è successo non si poteva ricucire e si voleva salvaguardare l’unità del gruppo, mettendo la squadra sopra tutti. Infatti è notizia di questi giorni la cessione del Papu al Sivglia, dopo due mesi di panchine e tribune.

Il caso Dzeko per alcune circostanze è simile, per altre è diverso; lo storytelling della vicenda inizia con la partita di Coppa Italia persa a tavolino contro lo Spezia e l’allontanamento dalla società del team manager, cosa non gradita al bosniaco e ad altri giocatori, che si ammutinano. Si arriva così allo scontro (solo verbale) tra Fonseca e Dzeko, che da quel momento non viene più convocato ed anche destituito da capitano. I due erano già arrivati allo scontro nelle fasi finali di EL in Agosto, ma per il bene della squadra tutto era rientrato e si era andati avanti insieme. Dzeko ad oggi, sembra diventato nuovamente convocabile e si sta facendo di tutto per ricucire di nuovo, anche perché il calciomercato è finito e il bosniaco è rimasto a Roma e di conseguenza si proverà a far concludere la stagione con una pace temporanea tra i due, evitando l’esclusione di Dzeko dalla rosa.

Come già detto prima, i tempi cambiano, ma forse prima di affidare la fascia di capitano a determinati giocatori ci si dovrebbe pensare prima, rimembrando i vecchi campioni che l’hanno indossata.