Nel gergo calcistico si utilizza spesso il termine “Bandiera”per indicare un giocatore che spende gran parte della propria carriera al sevizio di una singola squadra. Ciò viene visto come un qualcosa da apprezzare, poiché simbolo di una fede calcistica che si avvicina e spesso coincide con quella di un tifoso. Non si può parlare dello stesso apprezzamento invece per i giocatori che cambiano continuamente maglia, al tanto positivo termine “Bandiera” si contrappone infatti il meno amorevole “Mercenario”.

La storia del calcio è piena sia di giocatori che hanno avuto legami con una sola maglia, che di giocatori (generalmente attaccanti) che hanno girato l’Europa o addirittura il mondo con diverse squadre, facendo vivere emozioni contrastanti ai tifosi di quelle squadre, che li hanno prima amati e poi odiati. Tra gli attaccanti che fanno parte del primo gruppo ci sono ad esempio Francesco Totti (28 anni alla Roma tra giovanili e prima squadra),Alessandro Del Piero (19 anni nella Juventus) e Antonio Di Natale (12 anni all’Udinese). Mentre tra quelli che si sono legati a più squadre ricordiamo: Luca Toni (15 squadre diverse), Christian Vieri (12 squadre) e  Zlatan Ibrahimovic (9 squadre).
Lo svedese è il “giocatore simbolo” di questa categoria, è stato spesso additato come un "mercenario" e si è spesso scherzato sul fatto che egli non si fosse legato a nessuna tra le squadre nelle quali ha militato, al di fuori della sua nazionale. 
Si parla sempre troppo spesso di trasferimenti dovuti all’aumento dell’ingaggio e raramente delle ambizioni di un giocatore, a mio parere i calciatori dovrebbero subire meno pressioni da parte dei tifosi, che spesso si aspettano troppo amore da persone che prima erano estranee alla squadra e per varie dinamiche si trovano in un determinato club. Si parla di scelte professionali e noi tifosi dimentichiamo che il calciatore è in primis un lavoro, e le decisioni del giocatore dovrebbero prevalere su altri fattori.
In alcune situazioni ci si è spinti davvero troppo oltre, con reazioni esagerate e troppo rancorose: eclatante è il caso di Luis Figo che nel 2000 divenne l’incarnazione dell’odio tra il Barcellona ed il Real Madrid, a causa del suo trasferimento dai Blaugrana ai Blancos, dopo 5 anni con il club catalano, vissuti da protagonista e costellati da vari trofei. I tifosi catalani dimostrarono di non aver dimenticato il “tradimento” neanche 2 anni dopo il trasferimento, quando il 23 Novembre del 2002 in un Clasico dagli spalti fu scagliata, dopo numerosi altri oggetti, una testa di maiale vicino a Figo che si apprestava a battere un calcio d’angolo.
Insomma, un gesto estremamente forte, molto più vicino al mondo del Padrino di  Coppola che a quello calcistico.

Capisco che in una realtà dove spesso si parla di perdita dei valori sia bello vedere esempi di fede e amore nei confronti di una squadra in particolare, ma personalmente vorrei che i giocatori forti giocassero in più squadre nel corso della propria carriera, avendo la possibilità di essere amati da diverse piazze e mettendosi costantemente alla prova in ambienti differenti.