Se al mondo le certezze si contano sulle dita di una mano, lo storytelling su Mario Balotelli è una di quelle. Per anni si è parlato di lui: sui giornali, riviste, in televisione. I mezzi di comunicazione di massa sono stati i principali narratori delle balotellate – termine che ha trovato terreno fertile anche sull’enciclopedia Treccani – ma che poi, grazie al suo sbarco su Instagram, ci ha pensato lui in prima persona.

Famoso non per la sua attività da calciatore, ma per ciò che lo ha contraddistinto fuori dal terreno di gioco. Già, perché Mario è stato tutto tranne che un professionista. Ho letto diverse dichiarazioni e articoli su di lui, come quello di Ciccio Graziani, in cui affermava che fosse un talento sprecato. Balotelli non è un talento sprecato. Ma l’errore già sta nel principio, alla radice. Quando parliamo di talento, ci riferiamo a delle grandi doti intellettuali, ad un’abilità straordinaria, innata nel fare una cosa in particolare. Può essere definito talento, quando a Napoli, durante una vacanza, l’estate stessa che poi l’avrebbe portato a firmare con il Brescia, ha scommesso con un suo amico duemila euro, se quest’ultimo si fosse lanciato in acqua con uno scooter? Beh, se per talento si vuole intendere una persona abile nell’essere denunciata per istigazione al gioco d’azzardo e istigazione a delinquere, il tutto filmato da lui, allora approvo. Anche se ci volessimo spostare sul piano calcistico, non troveremo mai un connubio perfetto tra Mario Balotelli e il termine talento. Perché si, è un buon giocatore, ma c’è differenza nel definire un calciatore, buon giocatore, e definire un calciatore talento.

La colpa, però, non può essere addossata solo a Mario Balotelli. Uno dei problemi principali riguarda l’estremo caso mediatico che è stato fatto su di lui. Perché per la stampa, quando buttava la palla dentro o quando si rendeva protagonista di buone partite, Mario diventava automaticamente il giocatore italiano più forte di questo pianeta; di contro, però, quando non si rendeva protagonista di belle giocate, ma soltanto antagonista della squadra, Mario perdeva automaticamente appeal e veniva ascritto all’albo dei talenti sprecati. O in un modo o in un altro era sul giornale o nei telegiornali sportivi. I mezzi di comunicazione di massa hanno sempre trovato in Balotelli un’ottima esca. Perché se per qualsiasi altro giocatore il discorso terminava la sera stessa di un’intervista, con l’ex attaccante della Nazionale perdurava per giorni, complice anche lui, dato che si rendeva autore di un’altra sua deliziosa opera fuori dal campo di calcio. La prova del nove può essere fatta pensando al termine che è stato iscritto nel vocabolario per evidenziare un suo comportamento eccessivamente sbagliato; oppure nel 2012, quando, durante gli europei, si mise la maglietta dietro il collo per mostrare i suoi pettorali. Quell’esultanza divenne un caso mediatico, perché Balotelli salì nell’agenda dei media per aver compiuto quel tipo di esultanza, non per la doppietta alla Germania. Mario non è famoso per le sue abilità calcistiche. I media sfruttano le sue buone partite per incoronarlo un talento o appellandogli titoli “È ritornato il vero Balotelli”, quando l’unica cosa vera è il fatto di essere un calciatore, un normale calciatore come decine di migliaia di altri calciatori.

E adesso arriva il licenziamento da parte del Brescia, dovuta ad una persistente assenza nei colloqui virtuali prima e negli allenamenti dopo. La motivazione? Mal di pancia, afferma Mario, con tanto di certificati, ma qui sembra che il mal di pancia l’abbia fatto venire a tutti gli allenatori con cui ha avuto a che fare. Solo Mourinho lo ha definito un giocatore divertente, non di talento, divertente per i suoi comportamenti. Al suo ritorno il Brescia l’ha rimandato a casa e, in risposta ai giornalisti, il buon Mario risponde “poi dite che non mi voglio allenare”. Caro Mario, il tuo modo di fare, il tuo atteggiamento, i tuoi pensieri trasformati poi in azioni, sono l’esatto specchio dell’ultima sigaretta di Zeno: credi sempre che sia l’ultima volta che assumerai un atteggiamento puerile, ma poi ecco che appena c’è l’occasione buona ci ricaschi di nuovo. Questa con il Brescia era l’occasione della svolta, quella che ha provato a darti la tua città e come l’hai ripagata? Esattamente come il 20 aprile di dieci anni fa, quando buttai la maglia dell’Inter sotto gli occhi dei tuoi tifosi. Qui ci risiamo di nuovo. Non un’azione diretta, ma per i tuoi atteggiamenti lo hai fatto indirettamente. Dieci anni fa, però, dovevi soffiare le candeline dei vent’anni, adesso stai tagliando il traguardo dei trenta e non sarà più la stessa cosa.

Di Mario Balotelli non abbiamo perso un talento, ma siamo stati spettatori di un grande storytelling mediatico.