“La vita è davvero semplice ma noi insistiamo nel renderla più complicata” Confucio

Mario Balotelli è diventato ufficialmente un giocatore del Monza squadra militante nel campionato cadetto italiano, una sorta di ritorno del “figliol prodigo” per Mario considerato che la squadra lombarda viene attualmente gestita dal Presidente Silvio Berlusconi e dell’Ad Adriano Galliani con i quali ha già intrattenuto dei buoni rapporti in passato quando vestì la maglia del milan, squadra di cui tra l’altro è da sempre tifoso. Mario è oggi chiamato ad una grande sfida, l’ennesima occasione per dimostrare agli altri ma in particolare a se stesso che non è un giocatore finito e che a quasi trentuno anni può fare ancora la differenza ripartendo da un campionato che per storia e tradizione non gli appartiene per via delle importanti maglie che ha indossato durante la sua carriera. Attualmente è forse la decisione migliore che Balotelli potesse prendere è l’ambiente giusto per potersi rilanciare e finire la sua carriera in crescendo attraverso una continuità di prestazioni che negli ultimi anni non state di grandissimo livello. Una storia quella di Mario che parla di un talento sprecato, di quello che poteva essere e che invece non è stato, tante le occasioni nella sua vita calcistica gettate al vento eppure è uno dei giocatori in attività che può vantare un grande palmares nonostante la sua carriera negli ultimi anni abbia vissuto più di bassi che di alti. Un giocatore che troppo in fretta ha deciso di gettare il suo grande talento alle ortiche per condurre una vita spericolata, oltre ogni limite per un atleta modello. Soprannominato SuperMario oggi di quel Super non ne rimane quasi nulla, il vero Balotelli giocatore si è fermato, a mio avviso, in quella famosa partita di Euro 2012 quando con una sua doppietta, l’Italia, strapazza la Germania trascinando gli azzurri di Claudio Cesare Prandelli in finale contro la Spagna, poi persa malamente. E’ li che forse il calcio italiano ha perso il suo più grande talento dell’ultimo ventennio,Mario, infatti, si fermò definitivamente come se fosse rimasto imprigionato all’interno di quella corazza fatta di muscoli e di pietra che egli stesso ha voluto mostrare al mondo intero nella sua particolare esultanza di quella notte. Da quella partita in poi a distanza di otto anni per Mario è stato soltanto un susseguirsi di delusioni e di grandi aspettative che non è stato più in grado di rispettare in pieno nonostante le grandi occasioni che gli si sono prostrate davanti. Eppure la storia del suo “declino” ha un inizio ben specifico e parte proprio dalla squadra che l’ha lanciato nel calcio, l’Inter.

Inter – Barcellona 3-1, il gesto che condannò Mario.
Un carattere "arrogante" e atteggiamenti da spocchioso hanno sempre accompagnato Mario Balotelli sia in campo che soprattutto fuori sin da quando era poco più che maggiorenne e indossava già la maglia dell’Inter
. Come sappiamo è in nerazzurro che Balotelli ha cominciato a giocare nel calcio che conta e dove ha acquisito le stimmate del grande campione. Fu grazie all’attuale commissario tecnico della nazionale italiana Roberto Mancini che in quel lontano 2007, da allenatore dell’Inter, credette fortemente in lui facendolo aggregare dalla primavera in prima squadra. E’ proprio in quell’anno che Balotelli appena diciassettenne fa il suo esordio in serie A sostituendo David Suazo, negli ultimi 15 minuti di un Cagliari – Inter, il resto è storia. Ma è con l’arrivo dello “Special One” Josè Mourinho che Mario Balotelli comincia a far intravedere il suo carattere difficile e in particolare una partita lo segnerà per ciò che ha fatto, la semifinale di andata di Champions League, Inter – Barcellona del 2010. Una delle più grandi partite giocate nella storia da parte dei nerazzurri che riuscirono a sconfiggere, forse, uno dei più forti Barcellona degli ultimi vent’anni. Mancavano quindici minuti alla fine di una partita che l’Inter si approssimava a vincere per tre reti a uno, fu così che Josè Mourinho si voltò verso la panchina neroazzurra intimando, a fare il suo ingresso in campo, proprio lui Mario Balotelli. Mario veniva da un periodo non particolarmente brillante con l’Inter infatti il tecnico portoghese lo impiegava spesso solo nell’ultimo quarto d’ora e ciò per l’ego di Balotelli non poteva essere assolutamente tollerato. E proprio a Marco Materazzi, centrale dell’Inter, che fece una particolare promessa prima della partita contro i blaugrana: “se mi fa entrare gli ultimi quindici minuti, gioco di m…a apposta”, in effetti entrò all’ultimo quarto d’ora per far rifiatare uno stremato Diego Milito, grande mattatore del match ma non mantenne quella strana “promessa” fatta al difensore campione del Mondo, come da lui dichiarato diversi anni dopo. Mario gioca bene, pressa, attacca, torna in difesa all’interno della propria area di rigore, corre come un forsennato e lotta con le unghie e con i denti per difendere un risultato che sarebbe stato epico. Riesce a far ripartire bene la manovra nerazzurra palla al piede dalla sua trequarti in modo da far guadagnare minuti preziosi alla propria squadra. Il pubblico vedendo il suo grande impegno lo applaude a scena aperta ma è agli ultimi minuti della partita ed esattamente al minuto 87 che perdendo un brutto pallone in una zona velenosa del campo per l’Inter dagli spalti del Giuseppe Meazza si cominciano ad elevare dei sonori fischi di disapprovazione nei suoi confronti. Nonostante gli ultimi minuti furono abbastanza concitati per l’Inter i fischi per Mario continuarono fino alla fine della partita. Fu così che il giocatore neroazzurro arrabbiato con i suoi tifosi per il trattamento riservato stupì tutti con un gesto che passerà alla storia. Si tolse la maglia dell’Inter e la gettò per terra, al centro del rettangolo di gioco rimanendo soltanto con la pettorina in dosso. Una brutta immagine che anche Mourinho condannò a fine partita definendolo: “un gesto molto brutto”. Gli costò qualche partita fuori dal campo e niente più ma ciò che è più importante e che la frattura con i tifosi dell’Inter non fu mai più rinsaldata e infatti la conseguenza fu un inevitabile cessione all’estero al Manchester City di Mancini. Fischi che derivarono dai tifosi, si disse, non tanto per le prestazioni sul campo di Balotelli ma per via della sua fede rossonera che più volte negli anni aveva già dichiarato pubblicamente. Fu da quel particolare episodio che inizia la storia del Balotelli “furioso” e con quello, forse, anche il declino della sua carriera.

Troppe aspettative su di lui?
Nel corso della storia del calcio certamente Mario non è stato l’unico giocatore ad avere una “testa calda” e con un carattere difficile da gestire ma è chiaro che anche altri grandi campioni hanno avuto atteggiamenti più o meno simili ai suoi ma nonostante la loro vita difficile al di fuori del rettangolo di gioco sono sempre riusciti a dimostrare, quantomeno, “sul campo” il loro talento cristallino rimanendo nella storia dei club che hanno rappresentato. Giocatori del calibro di Best, Cantonà, Gascoigne solo per citarne qualcuno ma Mario a differenza loro non è riuscito del tutto a farsi amare dai suoi tifosi. Non credo che fosse solo un problema caratteriale ma soprattutto di atteggiamento e come se Mario in campo entrasse svogliato e con un eccesso di superiorità rispetto all’avversario che si trovava davanti. Sono fermamente convinto che Mario Balotelli sia stato caricato di troppe aspettative dal calcio italiano fin dalla sua giovane età. Un atteggiamento del tutto “italico” quello di mettere pressione a un giovane talento senza dargli il tempo necessario alla sua maturità , non solo umana, ma soprattutto calcistica. Quanti giocatori in Italia dopo mezza stagione esaltante sono passati da “giovani talenti” a “fenomeni del calcio mondiale”? Tantissimi e non basterebbero le dita di una mano per citarli tutti.

Il parallelismo con Antonio Cassano
Anche questo continuo parallelismo con Antonio Cassano il “talento di Bari Vecchia” non gli ha fatto assolutamente bene nell’arco della sua carriera
. In effetti le cose in comune sono tante tra i due in particolare le sciocchezze che sono state commesse da entrambi tanto da fargli valere anche un significato ben specifico all’interno del Vocabolario della Treccani. Basta andare alla ricerca di “Balotellata” o “Cassanata” per vederne il significato e in particolare vengono catalogati entrambi come “Comportamenti, Gesti e trovate tipiche dei giocatori in questione”. Un destino che li ha sempre accomunati anche in un altro particolare, il rapporto con la Nazionale. Entrambi sono stati, dopo la debacle dei mondiali del 2010, ribattezzati come i “salvatori della patria” per la rinascita dell’Italia che in effetti non è mai avvenuta nel periodo che l’hanno rappresentata. Credo fermamente che anche in questo caso i due giocatori, e in particolare Balotelli, siano stati caricati di troppe aspettative e responsabilità che ha danneggiato ulteriormente la loro immagine agli occhi dei tifosi. L’andamento negativo della Nazionale, prima dell’avvento di Mancini, ha influito moltissimo sulle aspettative di Balotelli che è stato tacciato di giocatore troppo “sopravalutato” e non degno di indossare quella maglia per via del suo atteggiamento da spocchioso e da svogliato che lo hanno troppo spesso accompagnato all’interno del rettangolo di gioco. In conclusione può quindi darsi che Balotelli abbia pagato dazio al di là del suo “carattere” per aver rappresentato la Nazionale in un momento buio del calcio italiano?

                                  “La Vita è una lunga lezione di umiltà” James E. Barrie

Certo che vederlo oggi al Monza, con tutto il rispetto del caso, fa uno strano effetto, un giocatore con quel talento e con quella classe che ancora potrebbe dare tanto rappresenta certamente una sconfitta per egli stesso ed anche per il calcio italiano. Ma le storie di calciatori che si sono riscattati “nella provincia” il calcio ne è pieno, basta pensare a Roberto Baggio che nella “piccola Brescia” ha fatto innamorare un intera città oltre che milioni di tifosi in Italia. Sono convinto che Mario in una piazza tranquilla e con la continuità nel gioco può conquistarsi il suo spazio e dire ancora la sua per tanti anni, ma questo dipenderà solo da lui e dalla sua “testa” se giocherà con umiltà e al servizio della squadra potrà sicuramente riscattarsi perché conquistare “la provincia” è anche un grande traguardo ancor più difficile da raggiungere per chi ha già toccato il cielo con un dito.