Sulla carta non erano certo i favoriti, eppure, seguendo il pensiero di Joe D'Amato, centimetro dopo centimetro gli azzurri di Mancini si sono avvicinati sempre di più al traguardo, il resto è già storia. Vinti i mondiali del 2006 la nostra Nazionale ha iniziato il suo declino fino a toccare il punto più basso con l'esclusione ai mondiali 2018. Rappresentazione fedele di quello che è successo ai foriclasse italiani nell'ultimo decennio. La caratura di giocatori come Del Piero, Totti, Pirlo, Cannavaro et similia è venuta a mancare sempre più. La causa può essere il nuovo metodo di scouting dove la presenza fisica dell'osservatore è stata sostituita in larga parte dalla pigra visione di un filmato, spesso sponsorizzato dal procuratore che conta. Altro fattore è stata l'agevolazione nel tesserare stranieri preferendoli ai nazionali, ma probabilmente il motivo reale è che come accade in ogni paese, anche l'Italia ha dovuto fare i conti con una generazione scarna di talento. Di fronte a tutto questo Mancini ha pensato bene di dare nuova linfa, unendo agli 11 reduci del tracollo 2018, i migliori giovani che oggi il nostro calcio si può permettere. Il merito del nostro Ct è stato quello di puntare su un mix di maturità e gioventù forgiando legami umani ed agonistici forti abbastanza da sopperire alle mancanze tecniche di alcuni. Mancini ha dato consapevolezza e responsabilità a ragazzi con la voglia di rifarsi e di mostrarsi, voglia che gli ha trasformati in una squadra da titolo. E se le favorite rivali schierano i famigerati top players, la coralità e gli schemi veloci, considerati ingredienti essenziali per fare la differenza nel calcio moderno, ecco che gli azzurri di Mancini rispondono con il loro Gioco di Squadra, non sempre preciso, veloce e letale, ma incrollabile, determinato ed unito, vincente.

Le premesse mostravano la nazionale come un progetto ai nastri di partenza, abbiamo vinto un Europeo.
Non male come inizio.