Gli Italiani non amano la Nazionale. Chi sostiene il contrario chiude gli occhi, consapevolmente o no, di fronte alla realtà.
La Nazionale è un fastidio. Gli Italiani vivono le pause del campionato come un momento di astinenza dalle dosi settimanali di adrenalina a base di squadra del cuore, la droga più potente che ci sia. La si sopporta, ma solo perché c'è un altro stupefacente molto inebriante. Mi riferisco al mese di calcio extra ogni due anni per le fasi finali di Mondiali ed Europei. E a ben pensarci, l'eccitazione che in questi casi pervade la penisola dipende dalla competizione in sé, che riunisce il meglio del calcio. E' una manifestazione nella quale ogni italiano, se potesse, sostituirebbe la propria squadra a quella azzurra. Sì, sostituirebbe la squadra per cui tifa alla Nazionale.
La sconfitta contro la Macedonia ha privato gli Italiani del trastullo di giugno-luglio, dei caroselli di auto e della possibilità di vestirsi in maniera estrosa. Le italiche genti non avranno occasione di dipingersi il volto col tricolore e neppure di fare il bagno nelle fontane senza essere prese per l'orecchio dalla polizia.
La Nazionale è, in fondo, come quei figli naturali che gli aristocratici di una volta erano costretti a riconoscere per avere una discendenza e per evitare che il nome della schiatta si estinguesse. Nella maggior parte dei casi, quei rampolli non voluti erano amati col calore di un cubetto di ghiaccio e, qualche volta, erano graditi quanto una pomata per le emorroidi a base di peperoncino.
Questo atteggiamento è sempre stato latente nel calcio italiano anche nell'Italia di una volta, ma era mascherato dal fatto che non c'era calcio in TV, per cui le pause del campionato consentivano di vederne un po'. In un simile contesto, pertanto, era più facile per la squadra in maglia azzurra diventare quella di tutti.
Nel 1973, tanto per fare un esempio, la Nazionale vinse in Turchia per 1-0 un match decisivo per qualificarsi ai Mondiali in Germania (rete di Pietro Anastasi), ma si giocava di domenica e la partita, pomeridiana, fu data solo in differita per non togliere spettatori alla serie B. Ci rimasi malissimo.
Eppure, si trattava anche in quel caso di un amore obbligato, che è andato via via sbiadendo con l'invasione del calcio in televisione a partire dagli anni '80. In chiaro o a pagamento, ma a prezzi tutto sommato modici, il football nelle case degli Italiani ha tolto senso agli impegni della Nazionale nella regular season.
Una volta, inoltre, il calcio per nazionali era gradito alle società, perché permetteva di mettere in bella mostra i giocatori di fronte a una platea molto vasta.
I giocatori acquistavano maggior valore, si apprezzavano, ed erano le stesse società a lamentarsi se i propri ragazzi non venivano convocati. Oggi le squadre mugugnano se vedono un proprio uomo fra i convocati per le nazionali, comprese quelle straniere, perché ogni convocazione sottrae il dipendente ai cicli di allenamento programmati e lo espone al rischio di infortuni.
Perfino il campionato di Primavera 1 ha visibilità completa in TV, per cui i promettenti ragazzoni under-19 possono far parlare di sé e acquistare quotazione sul mercato. Cosa volete che freghi alle società della Nazionale, compresa l'Under-21, che una volta era la mascotte di tutti? Nulla.
Amata o no, tuttavia, la Nazionale è sempre il famoso figlio illegittimo che garantisce la continuità, diciamo così, dell'italica stirpe. Pur non amandola, gli Italiani ci restano male se viene eliminata, perché ogni eliminazione toglie gusto a quei periodi di estate o tarda primavera in cui si è in attesa delle ferie. Sei a casa, ma ci sarebbero le fasi finali mondiali ed europee con l'Italia. Se, però, la Nazionale viene eliminata... ahi che noia il caldo senza le riunioni in casa, con la colletta per gli scatoloni da 15 birre! Oh bimbi, ne dovremo fare a meno anche per il 2022, dopo averne fatto a meno nel 2018!

Premesso quanto sopra, a cosa dobbiamo questa terribile privazione? Bon, ragionando nel contingente, ci sono varie ragioni.
Storicamente, Mancini è un buon tecnico, creativo e preparato. Ha saputo creare valide motivazioni in Inghilterra convincendo i suoi e sé stesso della propria bravura, ma senza esagerare e smarrire  il senso dei limiti. Quando non si smarrisce il senso del limite, non si perde umiltà e concentrazione.
C'è il rovescio della medaglia, però. La sbornia dell'Europeo ha dato alla testa proprio al tecnico in primis (nulla di male, capita), al punto da portarlo a sbagliare molte scelte
, come il terzo rigore lasciato battere a Serginho, dopo i precedenti due sbagliati, o la scelta degli attaccanti. Il calcio di oggi è scienza dove si vince curando i dettagli. E' fatto, inoltre, di marcantoni e non si può avere un intero settore avanzato, se non quasi tutta la squadra, di taglie normali. Sono stati pochi i centimetri in avanti per un  calcio azzurro che, negli ultimi mesi, è stato onanistico dal punto di vista realizzativo. E comunque un tecnico non può, dopo aver pareggiato contro l'Irlanda del Nord, sostenere di puntare al mondiale. Dopo aver perso con la Macedonia, non può chiedersi perché i suoi non hanno battuto la Svizzera. Sono esternazioni più gravi della stessa sconfitta contro la Macedonia.
Mancini resterà perché ha vinto l'Europeo, ma deve cambiare strada.
Gli stessi Italiani, del resto, pare non abbiano individuato il colpevole nel tecnico. I colpevoli sono Carlo VIII o Federico Barbarossa, Carlo D'Angiò o i gendarmi austro-ungarici di Francesco Giuseppe, Cecco Beppe per gli amici. Gli stranieri
, cioè, sempre gli stranieri, quegli stranieri che con la forza, la prepotenza e l'inganno invadono, occupano e sfruttano i sacri prati verdi della patria togliendo il posto ai fenomeni nostrani. Oh questa urban legend, questa leggenda metropolitana, ricorre sempre e non passa mai di moda!
Nella prima fase della stagione si è imposto Lucca, centravanti del Pisa. Maldini ha chiesto informazioni alla società toscana per portarlo in rossonoro, ma si è sentito chiedere una ventina di milioni per un esordiente nella serie cadetta. Dopo un po' Lucca si è fermato ed è rimasto su per giù alla stessa quota di segnature delle prime partite. Ammesso che Lucca sia un talento, anche se contro il Montenegro mi è sembrato modesto, è il Pisa che lo blocca, chiedendo la luna, non gli stranieri a togliergli in posto.

Lo stesso Colombo del Milan, in prestito alla Spal, è partito forte con 6 gol, ma si è fermato lì, per cui forse è lo stesso Colombo che... si sta privando del posto nel Milan.
Se il Milan chiede Berardi e Scamacca al Sassuolo, ma non bastano 45 milioni, direi che è il Sassuolo a bloccarli, non gli stranieri, perché 45 milioni sono una cifra onorevole anche per un paio di attaccanti forti come loro.
Vorrei, però, uscire dalla ricerca di spiegazioni episodiche, per spiegare meglio la débacle azzurra. C'è una spiegazione di ampio spettro, infatti, che coinvolge l'indole del nostro Bel Paese: siamo una nazione che non conosce vie di mezzo.
Se escludiamo l'Italia di Vittorio Pozzo, che peraltro fruiva dell'appoggio di un regime ed era privilegiata rispetto ai club, i periodi di grandezza degli Azzurri sono sempre stati episodici.

Dopo la Corea nel 1966, l'Italia ebbe un bel quadriennio che portò a un titolo Europeo e al secondo posto in Messico, ma dopo il 1970, bisognò aspettare il 1978 con un 4° posto, venuto inatteso in Argentina, e poi la vittoria in Spagna nel 1982, che venne dopo un altro quadriennio, a sua volta, anonimo.
Nel 1990 l'Italia fallì il mondiale in casa, nonostante l'esplosione di Schillaci, e poi uscì nelle eliminatorie europee, mentre nel 1994 perse la finale ai rigori contro il Brasile, per poi uscire ancora nelle eliminatorie europee.
Gli azzurri stavano per vincere l'Europeo nel 2000 e lo mancarono di poco, poi però furono eliminati dalla Cora nei mondiali 2002, per colpa anche di Moreno, ma non solo. Si ripresero col titolo mondiale del 2006, si difesero agli Europei uscendo ai rigori contro la Spagna poi campione, ma crollarono nel 2010 ai mondiali in Sudafrica pur avendo avuto un girone iniziale degno di Ridolini.
La finale europea del 2012 fu macchiata dal crollo per 4-0 contro la Spagna, cui seguirono risultati anonimi o disastrosi (eliminazione dai mondiali 2018) fino all'exploit di Londra di pochi mesi fa. A tale boom è seguita la débacle contro la Macedonia del Nord di fronte a al pubblico allibito di Palermo.

Siamo un Bel Paese, ma senza mezze misure, con picchi improvvisi e crolli altrettanto improvvisi. Dobbiamo sempre attenderci il furor di un'estate e le bastonate dell'inverno successivo. Non considerare questo aspetto ci porterà sempre a non aspettarci, come puntualmente arrivano, i crolli dopo le vittorie.
Una delle conferme di quanto dico, in fondo, è l'affaire Donnarumma.
Il ragazzo stupì tutti per l'autorevolezza con cui esordì in A all'età di 16 anni, ma anche per la spettacolarità delle sue parate e per l'incredibile istinto che lo distingueva in situazioni impossibili per altri estremi difensori. Il problema è che, se giudichiamo un giocatore dai famosi colpi, ci facciamo portare fuori strada.

Nel film "Il profeta del gol", disponibile su una nota piattaforma streaming, Sandro Ciotti e Ferruccio Valcareggi discutono come Socrate e Protagora sul concetto di saper stare in campo, cosa della quale, sostiene il compianto Ciotti, spesso ci si dimentica. Ecco, un fuoriclasse non si vede dal colpi, ma dal saper stare in campo. Un estemporaneo può avere colpi da favola, ma non è un fuoriclasse. Dino Zoff era un fuoriclasse, anche se non aveva i colpi di Donnarumma, perché sapeva stare in campo, leggeva la partita, dirigeva la difesa. Ha commesso alcuni errori gravi, ma nell'ultima parte della carriera, quando tono atletico e riflessi stavano decadendo. E poi, nel 1982, ha vinto comunque un mondiale a 40 anni grazie alla capacità di leggere le azioni e farsi trovare pronto.
Donnarumma, per ora, ha solo i proverbiali colpi
e quelli non ti rendono di per sé un fuoriclasse.

Aver definito Gigio il migliore d'Europa sulla base dei colpi è stato un errore (che si può commettere, tutti li commettiamo). E' stato, tuttavia, un errore tipicamente italico, conseguenza della nostra mentalità, che non ammette i mezzi termini. E' stato un errore che il futuro portiere della Juventus (se non lo avete capito, a Parigi è in transito...) sta pagando.
Ci vuole equilibrio, che è merce rara in questo Bel Paese. L'andamento della Nazionale Azzurra nasce da questa cronica mancanza di equilibrio.