Cedendo al ricatto di un virus insidioso, tale Covid-19 giunto dall'Estremo Oriente, il calcio si è fermato, ma il passato è tornato in movimento, sotto forma di immagini storiche e filmati di repertorio. E allora, stanco di pensare ai depistaggi, un po' patetici e un po' ridicoli, su Ralf Rangnik al Milan, accendo il televisore e mi rivedo il classico dei classici ovvero il Partido del siglo, quel match del secolo che si giocò il 17/06/1970 allo Stadio Azteca di città del Messico, sull'altopiano dove proprio gli Aztechi avevano inventato la cioccolata (chocolatl). Conoscendo a memoria il match, del resto, approfitto della situazione per scoprire o riscoprire particolari mai colti o dimenticati.

L'arbitro è il signor Yamasaki, un messicano dal nome giapponese, che potrebbe esserci ostile, come tutto il pubblico di casa, deluso per la prematura eliminazione del proprio Messico nei quarti di finale per opera dell'Italia. Con un flashback torno a quei giorni nella tarda primavera del 1970. Ero un ragazzino, all'epoca, ma ricordo che tutti i miei compagni avevano dato il Messico vincente contro l'Italia, probabilmente perché a casa gli adulti ricordavano il tonfo degli azzurri in Cile nel 1962 contro i padroni di casa. Sia per il tifo del pubblico amico, si era detto in quei giorni, che per le botte che ci avrebbero dato con la complicità dell'arbitro, saremmo tornati a casa. Dopo il primo tempo, terminato col punteggio di 1-1, era entrato Rivera. la cui classe immensa era stata addirittura moltiplicata dalla maggiore freschezza atletica, e il Messico non ci aveva capito più nulla. Alla fine aveva vinto l'Italia con 2 gol di Riva, sbloccatosi dopo 3 partite deludenti, e 1 gol proprio di Rivera. Fu con questo viatico che l'Italia entrò in campo all'Azteca per affrontare la Germania, a sua volta reduce da una grande vittoria sui campioni in carica, gli Inglesi.

Terminato il flashback, torno con la mente al televisore e rivivo tutto in diretta.
In campo c'è Mazzola e mi viene in mente che il gruppo dell'Inter conta complessivamente 6 giocatori di cui solo Lido Vieri, 3° portiere, ha un ruolo marginale nel gruppo. Il gruppo Milan, invece, conta solo 3 membri di cui Pierino Prati ricopre, come Lido Vieri, un ruolo di complemento. Per giunta, è stato lasciato a casa Giovanni Lodetti, cursore di riferimento del Golden Boy, quasi un messaggio a Rivera: "Non ti fare tante idee, le scelte sono state fatte.". Per buona misura, il ragioner Mandelli, responsabile del settore tecnico della FIGC, è uno juventino storico, quindi vede Rivera come il fumo negli occhi, perché la tifoseria bianconera ha sempre preferito l'estroverso Mazzola a quel Rivera aristocratico, sempre un po' distante dal volgo.
Valcareggi è una brava persona e non è stupido (nonostante il perfido giudizio di Brera sulla sua fronte inutilmente alta), ma ha preso atto degli umori generali e non ha confermato Rivera. Credo che sia convinto che il primo tempo andrà male, come contro i Messicani, e nel secondo tempo nessuno (neanche gli Interisti o Mandelli) potrà impedirgli di schierare il capitano del Milan.

Fa subito gol Boninsegna e mi dico che è vero il proverbio secondo il quale l'uomo propone e Dio dispone. La posizione di Valcareggi che, almeno formalmente, non ha voluto riservare a Rivera il rango di titolare, è diventata difficile. La formazione con Mazzola in campo sta vincendo ed è facile ora, per i detrattori di Rivera, dire che il capitano rossonero non serve. Valcareggi, però, è un galantuomo e mantiene la parola attuando la staffetta. Brera dirà che Mazzola ha fatto grandi cose nel 1° tempo e Rivera disastri nel 2°. Brera, tuttavia, è anche lo stesso che nel 1962 ha spinto, con Gualtiero Zanetti, perché Sivori e Rivera non giocassero contro il Cile... facendo loro un favore, visto l'andamento da corrida del match e il risultato finale.

E' un altro calcio, perché si corre a velocità dimezzata rispetto a quello attuale e le distanze fra i reparti oggi sarebbero inconcepibili. In realtà, si vede pure che l'altura, visto che si gioca a più di 2000 metri sul livello del mare, rende molli le gambe dei giocatori e, data l'atmosfera rarefatta, toglie lucidità. Gli errori sono tanti, da entrambe le parti in tutti i reparti e, questa volta correttamente, Brera farà notare che solo 2, sui 7 gol complessivi del risultato finale, non sono dovuti a svarioni assortiti. L'arbitro Yamasaki è chiaramente ostile agli Azzurri, trattandoli un po' da simulatori o piagnioni, ma salvo qualche decisione errata sui cartellini, non è scandaloso. Forse i 3 minuti di recupero dati nel finale, quelli che consentiranno il pareggio di Schnellinger, sono troppi per gli standard dell'epoca, ma stanno sia in cielo che in terra. Il telecronista Martellini, al fischio finale del signor Yamasaki che ci manda ai supplementari, si lamenta proprio del recupero, ma non lo condivido. Forse perché so già il risultato finale ed è più facile essere signori quando si sa già di aver vinto. Mi dico, tuttavia, come se la partita fosse in diretta, che con la Germania in finale Gianni Brera sarebbe debitore a vita nei confronti di Karl Heinz Schnellinger, centrale rossonero di grande classe che nella vita ha segnato pochissimo, ma ha scelto un momento storico per siglare una delle poche reti in carriera. In quel caso sarebbe un gioco da ragazzi per Brera affossare la presenza in campo del capitano rossonero.

Nei tempi supplementari si corre ancora meno, specie Beckenbauer che, lussatosi una spalla, passeggia col braccio al collo. Il calcio è, comunque, meno dinamico di quello attuale, per cui la classe di Beckenbauer gli consente di giocare anche menomato, mentre oggi sarebbe impossibile anche per uno come Kaiser Franz. Anche la classe di Rivera è eccelsa, ma un po' per la sua idiosincrasia aristocratica alla difesa e un po' perché l'altura c'è anche per lui, nel secondo tempo supplementare copre male il secondo palo e battezza fuori una spizzata di testa di Gerd Muller, consentendo ai tedeschi di vedere, quantomeno, il sorteggio per l'accesso alla finale (non erano previsti ai calci di rigore).

Quando la palla va a centrocampo, essendo al corrente degli sviluppi successivi, mi rendo conto che sta per accadere tutto il bello e il brutto del calcio. Rivera confida, più a se stesso che ad Albertosi, che intende andare a segnare. E' Boninsegna, però, che parte in posizione di ala, quella che gioca sulla fascia del piede preferito e crossa, gettando il cuore oltre l'aria rarefatta di Città del Messico. Bonimba serve una gran palla a Rivera che, a sua volta, si è portato sul dischetto del rigore, come se sapesse già dove la sfera è destinata a finire. L'azione di Boninsegna è eccellente, ma la giocata di Gianni è inimitabile, un pezzo unico che solo un genio può fare. Quando sta già per mettere la palla sul palo più lontano, si permette il lusso di guardare la posizione e il movimento di Sepp Maier, comprendendo che rischierebbe di dover angolare troppo il tiro per metterlo fuori della portata del portiere tedesco. Con una torsione improvvisa e quasi innaturale del destro, calcia di piatto sul primo palo, dove Maier non se l'aspetta, prendendo l'avversario in controtempo. Il tutto, ovviamente, nel giro di nano-secondi. Ricordo che fu il professor Scoglio, dopo una partita del Genoa degli anni '90, a definire il calcio  come spazio e quindi anche tempo, che io traduco come il trovarsi nel posto giusto al momento giusto e decidere prima degli altri come e dove mandare la palla.  Rivera, dunque, mostrava tutto il bello del calcio.

Il brutto viene dopo, perché a festeggiare Rivera accorre Riva, fra le cui braccia crolla il milanista e i due sembrano una coppia di innamorati felici (calcisticamente parlando, com'è ovvio). Si presenta per un attimo anche un Domenghini molto timido e poi arrivava De Sisti, per me il migliore in campo. Ma il resto della squadra sta festeggiando Boninsegna, quasi volesse esorcizzare il gesto tecnico di Rivera, Solo Facchetti, gran signore, assolti gli obblighi di clan, ha la sincera sportività di omaggiare l'autore del gol (e non a caso i due si sono frequentati anche fuori dal campo fino alla prematura dipartita dell'interista). Alla fine è Rivera ad andare da Boninsegna, che continua a comportarsi come l'autore del gol. Ora, nessuno discute che senza la fuga prepotente di Bonimba il gol di Rivera non sarebbe stato possibile, ma nel calcio si corre tutti da chi ha segnato e si festeggia insieme ed è in questo contesto che i complimenti vengono fatti a tutti i protagonisti della rete.

E' il prodromo dell'esclusione dalla finale col Brasile di un Rivera che, forse, avrà il torto di non essere abbastanza furbo da schermirsi di fronte ai giornalisti, i quali lo trattano come l'artefice della vittoria. La guerra nello spogliatoio ha lasciato il segno. Valcareggi rivendicherà sempre la paternità dell'esclusione di Rivera, per sua ammissione errata, dalla partita decisiva per il Mondiale. Si è sempre parlato, invece, di pressioni forti sul commissario tecnico, affinché Rivera non giocasse. Si voleva dimostrare l'inutilità del capitano rossonero? Edmondo Fabbri, nel corso di un Processo del Lunedì, se ne dichiarò convinto.

Cosa sarebbe successo contro il Brasile con Rivera in campo nel secondo tempo? Forse tutto e forse nulla. Di una cosa, però, sono certo ovvero che Mazzola è stato in assoluto un grandissimo giocatore di valore pari a Rivera, ma con una differenza non da poco. Mazzola è stato il migliore (o uno dei migliori) in assoluto di una serie di giocatori simili (come, per esempio, Kakà, in cui l'interista ha dichiarato di rivedersi). Rivera, tuttavia, è stato un pezzo unico, un'autentica eresia del calcio. E gli eretici, pur facendo la storia, non piacciono alla maggioranza che pratica l'ortodossia.



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