Tanti anni fa, ero un solo un ragazzino, un parente adulto mi fece notare che esistono eventi sportivi non attendibili, organizzati al solo scopo di creare entusiasmo intorno a un atleta o a una squadra. Si sceglie un avversario con un certo nome o una certa tradizione, ma non al top o magari in crisi. L'atleta o la squadra da lanciare sono destinati a vincere in scioltezza e ciò permette di guadagnare tempo, nella speranza che l'entusiasmo compensi o nasconda i problemi, almeno nel breve periodo. Prendete il caso di Nino La Rocca, pugile del Mali di madre siciliana, naturalizzato italiano nel corso della carriera. Era un buon pugile, ma la dimensione normale dei suoi avversari ne nascose la fragilità psicologica e di incassatore, un limite come un altro e nulla di vergognoso. I nodi vennero al pettine, quando incontrò Don Curry per il campionato del mondo e fu rivoltato come un calzino finendo sconfitto per KO alla 6^ ripresa.

A Trieste il Milan è stato opposto ai greci del Panathinaikos, squadra che ha una certa nobiltà, visto che nella sua storia ha giocato molto spesso nelle coppe internazionali e può vantare perfino una finale di Coppa del Campioni contro l'Ajax. Nel contempo è in ribasso anche nel proprio, non eccelso, campionato e adotta un modulo che sarebbe un eufemismo definire lungo. Più che altro, almeno sabato sera, è sembrato l'elastico allentato di una vecchia mutanda.

Rebus sic stantibus, i rossoneri hanno fatto la voce grossa mettendosi nella condizione di dilagare, cosa che non è riuscita solo per qualche errore di mira e perché lo sciagurato Tatarusanu ha regalato un gol in maniera infame. E' uno strano tipo questo Tatarusanu, che l'anno scorso aveva giocato benissimo a Praga e nel derby di Coppa Italia contro l'Inter, ma che tende a perdersi con cali di concentrazione sconcertanti. Non è questo, comunque, l'argomento dell'articolo.

Tutti i giocatori rossoneri, soprattutto Calabria e Tomori, hanno trovato praterie inaspettate, senza che la difesa fosse mai impegnata e la tenuta difensiva di Krunic, di solito piuttosto barbina, venisse mai messa alla prova. Il bosniaco ha buone doti in fase di impostazione e un buon tiro, ma filtra come un setaccio sfondato. Lo schieramento offensivo, comunque, vedeva Leao largo sulla fascia sinistra, Giroud centravanti e Rebic mezza punta molto avanzata alle spalle dei due compagni, talmente avanzata da diventare sovente una vera e propria seconda punta. Il centrocampo, dal canto suo, ricordava le steppe sconfinate della Mongolia, con Tonali, Krunic e Saelemaekers alla ricerca dei Tartari, avversari che sembravano autentiche chimere. A volte Calabria si accentrava e Saelemaekers diventava terzino destro in una difesa a 5.

E' stato tutto molto bello, troppo bello e quindi... decisamente inutile. In un certo senso, anzi, la partita sfavillante potrebbe rivelarsi dannosa, come quel Milan-Crotone dello scorso inverno, il cui risultato di 4-0 fu dovuto all'inesistenza della squadra di Stroppa e fu seguito da una bastonatura contro lo Spezia. Non a caso il modesto Spezia giocò alla continua ricerca della densità degli spazi.

Diciamocela tutta, il Milan ha buoni giocatori, ma gioca lungo e diradato negli spazi. Per giunta, il Milan di sabato sera era ancora più lungo e gli spazi ancora più diradati. E' chiaro che, se l'avversario gioca nella stessa maniera ed è più modesto del Diavolo, la superiorità tecnica rossonera viene fuori. Ma questo lo si sapeva già, quindi che senso ha avuto fare delle prove che si sapeva sarebbero andate bene? In fondo, tuttavia, questa è una domanda retorica, perché è facile capire quale sia stato il senso e lo scopo di questa simulazione di partita.

Il Milan attende rinforzi. Attende Florenzi sulla destra, perché giochi da titolare al posto di Saelemaekers e Castillejo, sostituendo Calabria alla bisogna. Attende anche un giocatore alla Zyaech, capace di giocare sulla mezza sinistra, se non da mezza punta, o come ala. E' atteso anche Adli, mediano di belle speranze. Non si sa ancora, però, se e quando arriveranno, per cui l'ambiente deve rimanere sereno e, almeno fino a Sampdoria-Milan, deve credere di avere in mano un gioello. Forse lo è, ma in questo momento è un gioiello molto fragile, specie se schierato come le allegre comari di Windsor, alla spensierata ricerca della manovra contro chi te la lascia fare.

Dopo gli impegni tosti contro Nizza e Valencia, dove il Milan non aveva sfigurato, ma aveva mostrato di non riuscire a mettere sotto avversari di medio cabotaggio europeo, i rossoneri si sono trovati di fronte il Real Madrid. Per quanto sia una squadra forte, è una società di intimi amici, per cui la difficoltà dell'impegno ne è risultata edulcorata. Per cattiva misura, sabato l'avversario non si è rivelato neanche minimamente decoroso.

Sarà pronto il Diavolo contro la Sampdoria? Forse lo sarà, bello e leggero. E se fosse stato preparato da essere bello e leggero per ottenere proprio la partenza sprint dell'anno scorso e ritrovarsi sulle gambe a metà campionato? Sarebbe una gran consolazione da fessi sentirsi ripetere per un paio di mesi che è solo un momento di stanchezza, quando la preparazione non è stata fatta bene. L'entusiasmo ti aiuta fino a un certo punto, ma quando vai a La Spezia o a Belgrado e gli avversari modesti ti prendono a spallate, l'entusiasmo sparisce, come i falsi amici nel momento del bisogno.

Concludo su Daniel Maldini, cui è stato riservato uno spezzone di partita nel secondo tempo. I primi 2 impegni hanno rivelato l'intenzione di farne una mezza ala sinistra e il ragazzo non è dispiaciuto. E proprio perché non è dispiaciuto, non si capisce come mai non sia stato impiegato con più convinzione negli ultimi 2 match. Mi viene il sospetto che, forse, ci sia un atteggiamento iper-protettivo nei suoi confronti, come se, al momento di lanciarlo, lo si metta sotto una campana di vetro per non romperlo. Eppure, questo giocatore sta per compiere 21 anni, quindi questa iper-protezione rischia di diventare dannosa. Se Daniel Maldini è pronto, è il momento giusto per dimostrarlo, se non lo è, vada a farsi le famose ossa a Monza. Così rischia di consumare la carriera senza giocarsela.

I genitori spesso sono apprensivi, ma non sempre i genitori apprensivi fanno il bene dei figli.