Più scrivo ed analizzo la situazione del Milan, più mi si rafforza l'idea che una scelta, logica e comprensibile, poco importa se non gradita a me e a moltissimi altri tifosi milanisti, sia stata gestita in maniera talmente confusa e poco professionale da rischiare di comprometterne l'eventuale successo, ancora prima di essere annunciata.

Attenzione, l'argomento che vado ad analizzare non è Pioli o Rangnick, uno o due incarichi, Maldini sì o no, ma piuttosto fino a che punto si possano calpestare quelle regole, non scritte, di rispetto, lealtà e buon senso, da sempre baluardo di correttezza comportamentale, almeno in ambito sportivo. Pensavo che non potessero essere sopraffatte dal concetto di Machiavelli secondo cui "il fine giustifica i mezzi", più adatto ed usato in ambienti politici o affaristici, ma a quanto pare sbagliavo. Questa volta non è contro Gazidis che punto "l'indice accusatore" poichè fra i moltissimi sbagli commessi non spettava a lui annunciare le scelte, che per quanto condivise erano state prese nelle stanze del comando, senza possibilità di cambiamenti. Le rimostranze di Boban sono state determinanti perchè la famiglia Singer decidesse l'immediato licenziamento del dirigente Croato e contemporaneamente di azzerare questa stagione e scegliendo di lavorare in modo totalmente diverso. Una decisione comprensibile, spettante a loro, ma che fino ad oggi viene tenuta segreta, non cercando neppure di smentirla. Il motivo per cui non è mai stata ufficializzata non è certamente da cercare nel tentativo di tutelare il lavoro di Pioli e della squadra, ma esclusivamente per non trovarsi in svantaggio, nel contenzioso legale che sta per avere inizio, proprio contro Boban. Il bambino scoperto dalla mamma a rubare la marmellata non penserebbe mai di sgridarla perchè non è buona, ma in questo caso, chi ha dimestichezza con avvocati e tribunali cerca ogni cavillo valido per interrompere un accordo e conseguenti impegni economici, che avrebbero durata fino al giugno 2021.

La mia personale sensazione, per nulla piacevole, è che In questa svolta c'è tutta la "violenza" di chi è consapevole di prendere una decisione senza dover dare spiegazioni a  nessuno. Poco importa se sia giusta o sbagliata, se verranno licenziate persone che non lo meritano o se, nel nostro caso, potrà essere incomprensibile a molti tifosi, quelli che ancora oggi pensano che a fronte di molte vittorie Pioli e Ibra potrebbero restare. Dietro a questo muro che si sta innalzando con l'insegna "IO SONO IO e voi non siete nessuno", nascondere le "macerie" di tutto ciò che verrà azzerato, oltre all'arroganza e i silenzi per scelte molto difficili da comprendere, potrebbe essere più complicato di quanto possano pensare, lasciando strascichi mai affrontati dalla nostra Società, che potrebbero scalfirne l'immagine e danneggiare quel guadagno economico a cui la proprietà, seduta a Londra, fa grande affidamento..

Sono molti i commentatori che usano una celebre frase di Giulio Cesare, per descrivere questo cambiamento: "Il dado è tratto". Ed effettivamente sono molte le situazioni che abbinano il Milan alla lunga storia di Roma. Le vittorie di Pioli, ad esempio, paragonabili a quelle del generale Pirro, Re degli Epiri, tanto importanti, ma inutili poichè alla fine portarono ugualmente alla sua sconfitta. O la nomina proprio di Giulio Cesare a Imperatore, trascinando Roma in una guerra Civile e a moltissime divisioni. Rangnick come Cesare? Magari in ambito sportivo il tedesco riuscisse a ripercorrere le glorie del grandissimo personaggio romano. Ave Ralf, non dimenticando che venne ucciso a Roma, da un complotto, poichè in molti lo accusavano di aver sacrificato ciò che ritenevano più importante di ogni conquista, la REPUBBLICA e la condivisione del comando, che lui, divenuto Imperatore, aveva accentrato su se stesso. Maldini potrebbe indossare i panni di Marco Giunio Bruto? Difficilmente, più facile paragonarlo a Muzio Scevola, poichè è assodato che per il Milan sarebbe sempre pronto a "dare una mano". Mentre Zlatan è sicuramente il gladiatore Spartaco, impossibile tenerlo in catene e pronto a guidare la rivolta. Nel passare il Rubicone, nonostante il divieto del Senato, Cesare non aveva solo gettato il suo "guanto di sfida", sapeva che l'esito finale era incerto al pari di quale dei sei numeri sarebbe comparso al termine del rotolamento. Nel Milan di oggi forse la cosa più triste è che abbiamo certamente smarrito gli anni dei trionfi e delle grandi vittorie, ma ciò non giustifica cali di stile o non saper accettare il presente. Darsi obiettivi e programmi, saper valutare chi merita di restare e chi no, cercando un "salvatore della patria", senza avere un esercito, o ancora peggio, senza creare un senso di appartenenza a questa patria e maglia, è il minimo che bisogna essere in grado di garantire.

In questa stagione abbiamo imparato molte cose, non tutte belle o piacevoli, ma importanti. Pioli, Ibra, Kjaer e Maldini si sono dimostrati degni della maglia che indossano, personalmente li ringrazio, difficilmente li rivedremo anche nella prossima stagione, ma una cosa è certa, se il loro dado è tratto, a noi la solita minestra non è sufficiente.