Dopo la sconfitta con l’Atletico gli hanno fatto il funerale, con la splendida remuntada al ritorno è stato beatificato. Eppure, molti che piangevano vestiti a lutto alla veglia funebre - per la triste scomparsa del calcio giocato - non hanno esitato nemmeno un’istante a salire sul carro dei vincitori dopo il 3 a 0 sui colchoneros.  Evidentemente, hanno un vestito buono per ogni occasione, così come cambiano opinione alla stessa velocità con cui Allegri ci esalta (di rado) e ci deprime (troppo spesso). Tuttavia, la splendida partita di Champions è stata celebrata dagli juventini più di quanto si possa festeggiare lo scudetto che verrà. C’è fame d’Europa e le vittorie nazionali sanno un po’ insipide. Bontà loro. Inoltre, la prestazione sontuosa dei bianconeri è di quelle che piacciono a tutti gli appassionati di calcio, e ogni tanto val la pena svestire i panni dell’ultrà riconciliandosi con i valori dello sport e godersi uno spettacolo più unico che raro per il calcio nostrano: la partita perfetta. Una di quelle che fanno scuola. Pressing alto, gioco propositivo, intensità per tutti i 90 minuiti e un grandissimo Cristiano Ronaldo. Infondo, la Juve non ha vinto ancora nulla, il triplete non si può eguagliare (obiettivo stagionale degli interisti) e per gufare, eventualmente, c’è sempre tempo (per i rosiconi in generale). Ma quale sia esattamente la Juve di Allegri resta un mistero: bruttina e cinica in campionato, ordinata e compassata in coppa, bellissima nelle imprese disperate. Diciamo la verità: la Juve di Allegri è quella del calcio più gestito che giocato, dai ritmi compassati, dalle giocate scolastiche, più incline alla fisicità che alla tecnica, in attesa dell’invenzione del campione. Sfortunatamente la Juve ammirata in coppa resta un’eccezione, una vittoria che appartiene più a CR7 che allo stesso Allegri, come lo stesso portoghese rivendica - nemmeno troppo implicitamente - nel dopo partita. Perché quando c’è da scegliere, il tecnico bianconero non è nuovo ad “inciampare” sulla formazione iniziale, ma poi spesso viene salvato dall’abbondanza di risorse in panchina. Da qui la boiata che sarebbe un esperto nel preparare le partite impiegando 13-14 giocatori, quando sarebbe più opportuno parlare di errate letture delle gare. Di conseguenza non illudiamoci che Allegri abbia imparato la lezione, piuttosto gli juventini siano grati al fato che Barzagli non ce la faccia ormai più fisicamente, che Khedira fosse indisponibile e che l’evanescenza di Mandzukic non abbia prodotto danni nella partita contro l’Atletico. Già, perché il calcio “diversamente giocato” della Juve passa proprio dalla fissazione del tecnico per giocatori che, da tempo, hanno imboccato la parabola discendente. Profili più idonei al calcio cinese che alle passerelle europee. Perché sull’altare del calcio “fisico” Allegri ha sacrificato la tecnica di Dybala, la velocità Douglas Costa, l’imprevedibilità di Bernardeschi e, da poco, anche l’entusiasmo di un Kean in condizioni strepitose, reo di aver osato delle ambizioni. Inoltre, fa specie l’involuzione di Alex Sandro e preoccupa la fase calante di Cancelo. Ma anche Cuadrado alla Juve sembra aver perso quella naturalezza nel saltare gli avversari come birilli. A furia di sentirsi dire halma halma ha modificato le fibre in perfetto stile darwiniano. In fondo è piuttosto facile immaginare che la filosofia di (non) gioco di Allegri nella stragrande maggioranza delle partite non “alleni” la tecnica. Ecco perché un Van Bommel risulta più congeniale di Pirlo nella sua concezione di (non) gioco. Per non parlare dell’utilizzo dei giovani. Bentancur ha avuto minutaggio solo per la contemporanea indisponibilità di Emre Can e Khedira. E fa sorridere l’accostamento di Zaniolo e De Ligt in bianconero quando anche Mbappe andrebbe in prestito biennale. Di conseguenza auspico un cambio in panchina anche dovesse arrivare l’agognata coppa, che poi non è nemmeno un’ipotesi remota in relazione alla legge dei grandi numeri. Intanto Agnelli, analogamente a quanto avviene per la Premier, vorrebbe esportare il calcio nostrano per puntare sui diritti televisivi internazionali e fare un’ulteriore passo in avanti, ma poi dichiara che per promuovere il nostro prodotto è importante avere campi di gioco in perfette condizioni e impianti di illuminazione all’avanguardia. Quando invece basterebbe investire sullo spettacolo.. e magari con Guardiola si potrà aprire un ciclo vincente anche in Europa, che poi è la differenza tra storia e leggenda.