Con Fiorentina, Milan, Juventus e... Saler-Sassuolese, si chiude il "teatrino delle meraviglie" di Frankie Nuresse.
Speriamo di aver strappato una risata; nel contesto attuale, non solo calcistico, ne abbiamo bisogno...


Il mio viaggio termina con quattro squadre che, tra loro, si… “sopportano” profondamente.
Una sorta del remake capolavoro cinematografico di Sergio Leone “Il Buono, il Brutto e il Cattivo” più… la Saler-Sassuoleose!
Mettere insieme Fiorentina, Milan e Juventus (rigorosamente in ordine alfabetico; ma la J viene prima della M o dopo la F? Vabbè diciamo che va bene così…) è un po’ come andare “pe’ i’ campo a fa’ cicerbite”. Quest’ultime, sono delle ottime verdure che, dopo averle colte, non sradicate, sono davvero speciali da ripassare in padella con aglio e un pizzico di peperoncino.
Hanno, però, due caratteristiche assolutamente particolari: nascono in “cattività” e, soprattutto, accanto alle erbe considerate “poco bone”, per non dire tossiche; per cui è assolutamente obbligatorio saperle riconoscere (un po’ come per i funghi) e, di conseguenza, sceglierle (1).
A voi, l’arduo compito su quale squadra possa… “infestare” l’altra; non sempre, infatti, l’erba del vicino è sempre più verde.
Anzi.

  1. Non chiedete consigli né a Frankie, né tantomeno al sottoscritto in quanto la risposta sarebbe ovviamente, naturalmente, evidentemente, logicamente, chiaramente, indubbiamente, innegabilmente, indissolubilmente, indiscutibilmente ovvio-lampante.

MILAN
L’A.C. Milan, noto anche come i rossoneri o i totoneri, è una famosissima casa di riposo per ex giocatori, nonché ente benefico, che lavora sotto la dirigenza del buon Vincenzino Montella (ah, già, non più), che ha usurpato l’ex ex ex Mihajlovic. È difatti noto che quando un giocatore dichiara praticamente cessata la propria carriera, il Milan lo acquista a tre volte il costo che qualsiasi altra squadra pagherebbe per esso, pubblicizzandolo, tra l’altro, come grande colpo di mercato. Inoltre, dopo poco tempo dal suo arrivo, il giocatore si infortuna gravemente e resta fuori fino a quando sarà troppo vecchio per giocare (caso eclatante l’anno di Allegri in cui ci furono 137 infortuni di cui 78 muscolari).
Fa parte, inoltre, di una nota associazione funebre formata, oltre che dai rossoneri, anche da un’altra squadra del Sud Italia (come il Milan con sede al Nord ma con tifosi, pari a percentuali bulgare, nel meridione) con la quale è segretamente gemellata fin dai tempi della sua fondazione: la Juventus. Con questa compagine il Milan divide da anni la spartizione dei campionati, alternandosi nell’usurpazione del titolo di Campione d’Italia nel corso di tutta la storia del Campionato di Calcio Italiano.
Il vero motore che permetteva al Milan di vincere questi ambiziosissimi trofei fu il colpo di mercato che portò, nelle file della prima squadra, Paolo Maldini. Il suo arrivo non è attribuibile a una data precisa ma si pensa che possa essere sbarcato nelle sponde rossonere dei Navigli tra il 1600 e il 1650 direttamente nel Ducato di Milano.
Il tipico tifoso del Milan per lunghi decenni del XX secolo apparteneva alla classe popolare e operaia. I cugini dell’Inter li chiamavano Casciavìt. L’appellativo fu usato fino agli anni ’80; in milanese significa “cacciaviti”, proprio per indicare l’origine proletaria di larga parte dei tifosi rossoneri.
Durante tutta la sua storia il Milan ha avuto come colori distintivi il rosso e il nero. Sembra che il rosso, colore dell’energia, della forza, dell’attività nervosa e vitale sia stato scelto per le caratteristiche del primo Presidente, il Dottor Cavalier Zilvio, che già agli albori del 1900 aveva un arrossamento transitorio del volto. Le cause, ancora in corso di accertamento, sembra che fossero di varia natura:

  1. Una, sicuramente, era la particolare sensibilità agli stimoli emotivi di rabbia e imbarazzo causati, si pensa, ad acquisti poco sensati (vedi note 1-2) e, a livello politico, a una drastica involuzione del suo partito “Gnamo Itaglia” passata a un significativo 0,0002 (sempre periodico).
  2. L’altra, più preponderante, sia dovuta agli sbalzi di temperatura, l’ingestione di bevande calde o alcoliche e soprattutto di cibi piccanti. Sembra, specialmente in questo ultimo periodo, che il famoso detto del Cavaliere “ciulare il can per l’aia” abbia ripercussioni non solo sulle “gote” dell’ex presidentissimo; del resto il “bisognino fa trottare la vecchia” pare, più che altro, il desiderio della vecchia piuttosto che il bisognino che porta alla vecchia…
  3. La menopausa. Il rosso cangiante, simbolo del tempo che fu, è stato appioppato sulle maglie del Bilan (i rossoneri, al contrario dei cugini, sono stati in serie B e allora cade la “M” e sale in cattedra la seconda lettera dell’alfabeto, ripetuta in alcuni casi per due volte perché due sono state le stagioni che i rossoneri hanno passato in serie B. Di solito, infatti, i supporters sono chiamati “Bbilanisti”) poche settimane orsono quando Re Silvio, adesso Premier del Monza Brianza e della Cre-Mon-Z-ese, dopo la vittoria a Pisa con la memorabile scalata in serie A, abbia talmente esultato che, paonazzo, sembra sia ancora seduto all’Arena Garibaldi per un sonnellino soporifero.

 

  1. Nel 2006 Berlusconi non aveva autorizzato la spesa per Ibrahimovic e, “gingillava”, nell’acquisto di Ronaldo dal Real. Galliani e Braida andarono di corsa a Siviglia dove acquistarono per 17 milioni Ricardo Oliveira. Sbagliò di tutto e di più nelle rare occasioni in cui venne chiamato in causa da mister Ancelotti. Lo ricorderemo come il Calloni brasiliano.
  2. Javi Moreno, ribattezzato “topone” per quel musone che preannunciava scarsezza nei propri mezzi non era granché né come centravanti né come calciatore. Era arrivato sulla scia di Josè Mari e Contra (boni anche quelli…); performances rare e pochissimi gol. Ebbe però due grandi meriti: il primo in Coppa Uefa per il sigillo definitivo per la qualificazione a Lisbona; il secondo che appena gli chiesero di fare le valigie non esitò un istante e, rispetto a qualcun altro, non se la prese né con il destino né tantomeno con la stampa.

Il colore nero della maglia è dovuto essenzialmente a Ruud Gullit. L’olandese, dopo la firma, affermò: “Le treccine? Mai pensato a quello. È che avevo i capelli come quelli di una pecora”. Solo al sentire il nome dell’animale, Arcore, pensando non solo alla chioma, fu invasa dalla tinta “NdoVost” che il Magnate volle usare da subito sperando di ricalcare, ma soprattutto cavalcare, le gesta del possente e instancabile attaccante dei tulipani.
La mascotte del Milan negli anni novanta era Dudy (già si doveva intuire qualcosa…); i canali ufficiali della società sono sempre stati portavoce nel ritenere che fosse stato scelto per omaggiare il soprannome del secondogenito della famiglia, Pier Zilvio. In realtà, e forse non a caso, uno dei capi storici della Curva Sud appena saputo da dove derivasse il nome, si è subito affrettato a testimoniare la propria conoscenza, come universitario della Statale, ciceronizzando il canonico “Va a dà via i ciap!”.
L’inno ufficiale non poteva che essere “Te se propri un pirla!” che, sulle note di Gnamo Itaglia, la prima strofa, recita così: “Milan l’è un Gran Milan che siamo tantissimi abbiamo tutti un sogno in mezzo al cuore tuta d’ora e piscinina sota a ti se viv la vita, se sta mai coi man in man, ma po’ i vegnen chi a Milan, terun”.
Nell’ultima difficilissima, improba, pericolosa, disagevole, inesplicabile trasferta di Sassuolo, che ha dato lo scudetto al Milan, l’allenatore Pioli ha raccolto tutto il gruppo nello spogliatoio e, per far capire il momento topico della stagione, pare abbia catechizzato i suoi con un discorso passato alla storia per oculatezza, pacatezza, serenità, flemma e tranquillità non volendo “appesantire” lo stato d’animo dei suoi calciatori che da lì a poco sarebbero entrati in una autentica arena stracolma di tifosi bercianti. Il monito fu il seguente: “Allora, oggi vi leggerò quacche brano tratto da "i' Vangelo secondo Me". Era la prima domenica de i' ggirone di ritorno dell'anno di grazia millenuvecient' sessantadue. Sullo stadio di San Sir' il cielo da sereno di colpo, per incanto, si scurò. Tutti i nuvolon' ner' hann' accuminciat' a scuntrarse, e buttavano saette, lambi, strill', un burdello tremendo dentro il celo, di colpo, dalle nubi squarciat' come da due potenti mani spunta il crapino di Dio – un bell'uomo, sui quarant'anni – che punta il suo indice tremendo su i' ccampo di San Siro e dice: "Gianni Rivera, ciapp' questo pallone, un Tango, e vai in giro per il mondo a insegnare il giuoco del calcio!" “Viuuuleeenza!”.

A tutti i Rossoneri nel mondo:
“Un campionato davvero unico si è appena concluso…
Mentre guardiamo al futuro e a vette ancora più alte, è il momento giusto per condividere con voi i dettagli di un cambiamento nell’assetto societario del Club: abbiamo concordato di trasferire la partecipazione di controllo di Elliott in AC Milan a RedBird Capital Partners…”.

Avremmo voluto portare Zaniolo, Botman, De Ketelaere, Renato Sanches, Lang e Bremer. Però, capirete, che il sacrificio di acquisizione è stato notevole. Per cui, i veri obiettivi per puntare alla Champions sono Aldo Bet, Alessio Cerci, Smoje e, soprattutto, il grande ariete che il mondo ci invidia Mark Hateley.
Ci dispiacerebbe se pensaste che i nomi non siano di primissimo piano. L’upgrade per la scalata al mondo come primo Club, deve essere graduale e noi abbiamo pensato che i giocatori sopra elencati possano rappresentare il must del calcio attuale. Se Leao, Maignan e Tonali dovessero avere mercato è plausibile che siano utilizzati per portare denaro fresco nelle casse della società.
“Non avremmo potuto fare nulla di tutto questo senza la fiducia che ci avete accordato. Vi ringraziamo e riteniamo un privilegio rimanere coinvolti in questa grande istituzione. È stato un onore essere custodi di questo magnifico Club…”.
Quando fra un paio di anni Vi renderete conto dell’operazione che stiamo mettendo in piedi, noi saremo già lontano e, con l’affetto di sempre, Vi ricorderemo per averci creduto.
Amen.

SALER-SASSUOLESE
L’Unione Sportiva Salernitana 1919, ma anche nota come Salernitana Calcio 1919, Salernitana Sport, Salerno Calcio o più semplicemente Salernitana (e basta) pur essendo un grumo di entità in definitiva astratte e immateriali vive, come un qualsiasi adolescente, vere e proprie crisi d’identità! Quasi alla soglia della maggiore età e nonostante abbia da tempo avvisato i genitori che andrà quanto prima a vivere da sola, nell’intimità della sua stanzetta e al riparo da sguardi indiscreti e indagatori, ancora di domanda, la poverella, se può a tutti gli effetti considerarsi la prima squadra di Salerno o la seconda squadra… della Lazio.
Si racconta, tra verità (dubbia, molto dubbia) e leggenda (vera, molto vera) che le prime formazioni amaranto, colore sociale della Salernitana, fossero interamente composte da pescivendoli che non avendo ancora scoperto la più lucrosa professione di tronista dalla Dottoressa Maria De Filippi, scaricavano la tensione di ore ed ore di navigazione e di pesca, calciando un pallone interamente formato di scarti provenienti dalla lavorazione del Garum, prima, e attualmente dalla Colatura di alici. A tal proposito, sono state tramandate, e sono arrivate sino ai giorni nostri, tammurriate e villanelle che descrivono, nei minimi dettagli, gli insuperabili problemi di “digestione” (dovuti al nauseabondo puzzo del pallone) a cui andavano incontro allo stadio Arechi gli atleti delle squadre ospiti e, per tal motivo, condannate a sicura sconfitta.
Sia come sia, per mantenere intatte le radici ittiche, la Salernitana ha deciso di adottare il cavalluccio marino come logo distintivo.
Nel corso degli anni sul terreno di gioco si sono comunque esibiti giocatori dal talento cristallino come Ago Di Bartolomei, Walter Zenga, Marco Di Vaio, Ringhio Gattuso e ultimo ma non ultimo, una nuova figura mitologica, la reincarnazione di Claude Henry de Rouvroy conte de Saint Simon, e cioè qual che rimane di Frank Ribery, accolto come un eroe in pompa magna con uno striscione epocale lungo il Giardino della Minerva ricordando, soprattutto, la sua classe cristallina intatta, così come il fisico, nonostante il contributo pensionistico dell’Inps: “È meglio a zuppecà’ ca a nun cammenà’”.
Il presidente, oltre a riconoscere al campione transalpino un ingaggio importante, pare abbia dovuto chiedere alla FIGC la possibilità, per la prima volta in Italia, di mettere oltre al nome sulla maglia anche l’anno di nascita dell’ex fuoriclasse del Bayern Monaco esclusivamente per un fattore di merchandising. Una volta avuta la deroga, a partire dall’esordio in campionato, anche i bagarini hanno potuto vendere a bizzeffe l’autentico cimelio con il celeberrimo numero 7: sulle spalle capeggiava, inutile sottolinearlo, la scritta RIBERY 1919!
Uno dei momenti più esaltanti della società è stato senza dubbio l’inizio di campionato. Dopo lo storico ritorno in serie A, un indimenticabile momento magico ha contagiato tutta la squadra guidata magistralmente da Castori. I risultati sul campo sono stati importantissimi: dopo appena tre giornate di campionato la Salernitana, infatti, era dietro la Juventus di appena un punto. La squadra di Allegri, candidata alla conquista dello scudetto, si è dovuta guardare alle spalle anche dalla neo promossa squadra campana.
Peccato però che il team guidato magistralmente da “Acciuga” abbia solamente pareggiato alla prima giornata contro l’Udinese, perdendo poi contro Empoli e Napoli. I granata dell’Arechi, invece, le hanno perse tutte…
La storia del Sassuolo Calcio, denominato FC Sasôl, inizia il 17 Luglio 1920 con l’affiliazione alla FIGC. La squadra partecipa per diversi anni ai tornei dilettantistici emiliani con risultati altalenanti nei primi anni della sua storia. Da segnalare un ottimo quarto posto alla “Sagra della Salsiccia” dove, ai playoff, fu sconfitta per 2 spiedini a 1 contro il Gatteo Mare che nelle file, quell’anno, aveva il bomber Socmel Casadichi proprietario, nel tempo libero, di uno stabilimento balneare su Via delle Nazioni. Per sbeffeggiare i colleghi emiliani, decise di chiamarlo “At Salùt Burdèl”.
ANNI '40 
Gli anni Quaranta vedono il Sassuolo impegnato nel girone di Promozione dove affronta le squadre emiliane, toscane e genovesi. La categoria si dimostra subito tosta in quanto le trasferte, davvero lunghe e impegnative, creano non pochi disagi ai giocatori sassuolini, sassuolesi, sassani, sassate, sass’olo, sass…, insomma a loro.
Sembra che il colore della maglia, verde ramarro, sia dovuta a una disgrazia che accadde sul Passo del Muraglione. Arrivati a Ronta, dopo Dicomano, prima delle Sieci, fra Santa Brigida e Pontassieve, il centravanti, dopo la 123^ curva, vomitò talmente verde che le maglie, allora bianche di lavatrice, furono completamente sporcate. Dopo una timida arrabbiatura (Brut truiasi, brut putanasi, va a fè de’ ciapi in’tla paciara), si decise di spalmare il rigetto del contenuto gastrico con il coltello da marmellata affinché la divisa fosse uguale per tutti.
ANNI '50
Non successe nulla.
ANNI '60
Successivamente, la squadra vive una stagione ricca di cambiamenti: il 10 giugno del 1966 è infatti il giorno della fusione delle realtà sportive esistenti in città: la Sassuolo Sportiva, il Sassuolo Football Club, il Calcialabala Neroverde, la Sassuolese Calcio, il Sassu O Lo metto SS, e la FC l’Olio Sassuolo. Le squadre, dopo un concistoro di 74 giorni e 60 notti (sembra che a quei tempi il fuso orario fosse leggermente diverso) danno vita alla Sassuolo Sportiva Football Club di cui viene nominato presidente, di cui viene nominato presidente, allora… il presidente, mi sembra che… Ah, sì ricordo perfettamente: c’era un Presidente!
Nata sotto i migliori auspici, la squadra non delude le aspettative affrontando il campionato dilettanti di Prima Categoria nella stagione 1967/68 conquistando sul campo la promozione in Serie D.
Indimenticabile la giornata di festa; tutto lo stadio fu esaurito in un istante per portare in trionfo i propri beniamini. Ben 19 spettatori, più di Empoli, se ricordate senza la nonna Niccolina, gremirono lo stadio denominato il Maglisghei Stadium. ANNI 70 Oltre alla Sassuolo SFC, la stagione di Serie D 1972/73 vede la presenza di un’altra squadra sassolese, la Giofil San Giorgio, successivamente nominata A.C. Sassolese. Nel 1974 la Sassolese si unisce alla Sassuolo SFC per dar vita all’attuale Unione Sportiva Sassuolo Calcio. La nuova società riesce a raggiungere l’ottavo posto in Serie D, ma nella stagione seguente retrocede in Promozione. L’alternanza tra Serie D e Promozione prosegue anche nel finale degli anni Settanta.  
ANNI '80
Gli anni ottanta segnano l'ascesa del calcio sassolese. Infatti, Nella stagione 1981/82, il Sassuolo partecipa al campionato di Interregionale affrontando il girone emiliano-romagnolo e piazzandosi al sesto posto. Dopo un duro inseguimento all’Igea Marina, fra la statale che porta da Bellaria a Cesenatico, la società, poco nera ma parecchio verde, riuscirà a conquistarsi la più che soddisfacente poltrona della migliore compagine emiliana. “Poltroni di Stocà”, colse la palla al balzo, e diventò uno dei primi sponsor in Italia. L’autentica qualità, sulle maglie, diventò: “I sold l’è come i dulur, ch j à i si tè”.

Qui, purtroppo, mi duole fare una precisazione.
Dopo interminabili nottate a schiacciare le zanzare sul muro di camera, Frankie mi ha comunicato che Fiorentina e Juventus avrei dovuto pubblicarle io.

ERO TOTALMENTE CONTRARIO!
Si è inventato di aver preso il Covid, di aver smesso di fumare, di non vedere i propri cari, di non poter uscire di casa; insomma, si è dimostrato un pallista! L'amicizia è scricchiolata poi, come d'incanto, una mattina l'ho visto arrivare sotto casa mia, in carrozza, e, per le vie di Firenze, abbiamo "girellato" in lungo e in largo.
Siamo arrivati, sperduti, fino nelle campagne di una imprecisata località dove, per fortuna, ci eravamo ricordati di portare un Fiorino...

FIORENTINA
Venti anni fa… dalle ceneri della gestione Cecchi Gori Senza Lilleri ‘Un Si Lallera detto il “cotonato zafferano”, la Fiorentina riparte dalla C2 con un nuovo nome, stile marchio carta igienica Florentia Viola, con una nuova proprietà (un calzolaio, anche se è più “in” dire imprenditore nel settore calzaturiero).
Il tifoso fiorentino assiste impotente, con qualche fiaccola di protesta, al fuggi-fuggi degli uomini di mercato (intenti a raccattare soldi necessari quanto meno a iscriversi in serie A) e quindi via Toldo… via Rui Costa e via, soprattutto, Batigol… uno “spricinio”.
Finisce l’era di un personaggio che da sempre aveva tentato di rincorrere l’eterno e infallibile nemico del Nord.
La prima partita ufficiale, con il nuovo leader, riparte nel 2002 contro il Pisa: 1-0 per i nerazzurri. Firenze-Pisa rivali nel calcio e nella storia. Come ricordo della disonestà dei pisani, è famoso il detto “fiorentini ciechi e pisani traditori”… la fanno tanto lunga solo perché i pisani, per ringraziare i fiorentini accorsi in loro aiuto con rinforzi militari, per combattere le minacce Saracene, donarono loro due enormi e lucidissime colonne in porfido (si diceva avessero il potere di smascherare ladri, falsari e traditori), che però poi, quando arrivarono a Firenze, si accorsero che eran tutte opache perché il popolo pisano, che non voleva donare all’eterno nemico un regalo tanto importante, accese dei grandi fuochi e le oscurò.
“O ‘un l’aete lo stesso sistemate a lato della Porta del Battistero? O ‘un vi vantate tanto della Porta bronzea del Ghiberti!” A dire il vero le rivalità storiche della Fiorentina (che vantano celeberrime scazzottate e profonda antipatia), nonché le faide con i vicini di casa (Siena e, appunto, Pisa) non sono proprio poche. Da Lei (in testa alla hit parade), il Milan, la Roma, e poi c’è l’Atalanta, il Brescia, la Sampdoria, il Cesena, c’è il Napoli, la Salernitana, la Lazio, il Perugia, l’Empoli, il Cagliari, l’Inter, il Palermo, Il Siviglia, la Ternana, l’Avellino e la Reggina. Si fa prima a dire con chi non ce l’hanno: il Liverpool, il Celtic, l’Aston Villa, il Catanzaro, il Torino (perché odia Lei) e la Colligiana. È un caso che questa sbandierata fratellanza esista con squadre a 1.942 chilometri di distanza oppure con un comune piccolo e non pericoloso di 92 Km. quadrati, per di più di parte Guelfa come Firenze? “’Un è che sono furbini e c’hanno fifa?”. Dopo tanti sogni e desideri, nell’estate del 2003, ma solo perché la serie B si allarga a 24 squadre, la Viola resta attaccata all’amo che da un mero rigagnolo d’acqua morta torna in mAre e ci resta.
Comunque, rendiamo loro atto che si tratta di un popolo giocherellone, innamorato della propria squadra, un amore che non è una semplice storia di tifo ma una vera e propria malattia; dicasi infatti “violitudine” quella febbre che colpisce indistintamente dalla nascita ogni fiorentino e, dalla quale, mai nessun tifoso proverà a guarire. Si dice che in caso di grave stato febbrile la violitudine abbia in passato portato vaneggiamento e allucinazioni e che i tifosi in preda al delirio abbiano visto in campo un “Uccellino” (Hamrin), “O’ Animal” (Edmundo), un “Cancello” (Kanchelskis), il “Re Leone” (Batistuta) e “Marisa dai riccioli d’oro” (Boniperti)… guarire il tifoso da tale viscerale malattia “l’è come levassi la sete co’ i’ prosciutto”… cioè, sarebbe un percorso troppo lungo e tortuoso.

Vogliamo poi rendere omaggio al vocabolario del tifoso (e della città), dove è riservato uno spazio apposito per imparare i prefissi, suffissi, sinonimi e contrari… d’altra parte è o non è il fiorentino che si vanta e sfoggia il suo linguaggio adducendo che la lingua italiana sia nata proprio a Firenze? O forse è più consono parlare di arte, sì, ma del cazzeggio? 
Nella sezione anti-Lei “siete brutti come la Multipla” e, a proposito della folta chioma sintetica di Conte “Antonio ti ho tenuto il posto: tranquillo non ti si tocca un capello” oppure “menù del giorno: gobbi a i’ forno” e, di recentissima edizione, “non vo’ che più favelle malvagio traditor, c’ha la tua onta io porterò di te vere novelle” e qui, lo zampino di un certo Dante, che non è l’oste diladdarno, lo si sente e parecchio. È difficile ricostruire un elenco scientifico delle motivazioni per cui i tifosi viola odino gli juventini, ci “vorrebbe i’ conto della serva”. L’antipatia sta nel DNA, nella loro arroganza, nello scudetto rubato nel 1982, negli undici gol inflitti come se non ci fosse un domani, per un arbitraggio rubato (non basterebbe un Treccani per “dignene tutte”) e per i dolorosi passaggi “di que’ sudici” che sono passati all’altra… sponda!

Tralasciamo la storia del colore viola, ovvero della tinta delle magliette in origine bianca (come quella della notte che venne usata dopo il fallimento perché “’un n’aveano uno pe fa’ due”) perché, chi sostiene che il primo utilizzo del viola, in occasione della partita contro la Roma del 1929, sia frutto di un errore da un lavaggio “su i’ fiume”, chi invece dice che il colore viola sia stato scelto dal socio Ridolfi nella creazione della società gigliata. Già, perché oltre al viola, di cui i tifosi vanno tanto fieri, perché non utilizzato da nessuna altra squadra, c’è anche il Giglio o, per meglio dire, il Giaggiolo. Che si parli di Giaggiolo o di Giglio, dal punto di vista botanico sempre di Iris si tratta. E anche per l’Iris, stessa zolfa della maglietta, l’origine non è certa, ma la leggenda più accreditata vede il nome della città congiunto al simbolo della primavera, della rinascita e… bla bla bla “un sacco di discorsi…”.
“I’ Papa” conosce il calcio più o meno tutto. Pregi e difetti, soprattutto difetti. È un caso se, nel ricevere la Fiorentina nel 2014, abbia sentito la necessità di ricordare al mondo pallonaro 5 Comandamenti?

  1. Non fare a miccino
  2. I’ ggioho ’un vale la candela
  3. Non andare pe’ le buche
  4. Non esser come la banda di’ Ponte a Rifredi
  5.  Meglio ave’ paura che buscanne

La Toscana è una terra piena di rivalità, i fiorentini odiano i pisani, ma i pisani odiano i livornesi, i senesi odiano i fiorentini, Lucca odia Pisa, Pistoia odia Prato, Prato odia Firenze, ma alla fine… “si fa pe’ ride’”.

LEI
La Juventus, meglio nota come F.C. Goeba e A.L. Adri Team, è una onorata società a scopo, sempre di più, di lucro creata, dopo una rapina in banca nel 1897, per assistere giovani “in difficoltà” che vogliono vincere giocando non a pallone, ma col cellulare. Nell’anno della retrocessione in seconda serie del Campionato Italiano, lo sponsor, appositamente, fece in modo che il torneo cadetto si chiamasse “SERIE B SIM”. La sede legale si trova nella città di Torino, ma i suoi tifosi provengono dall’intera penisola, reclutati grazie alla storica campagna abbonamenti “Vieni anche tu: salta sul carro del vincitore!”.
A Lei si deve il merito di aver salvato la compagnia di telefonia mobile dall’imminente fallimento grazie all’aiuto di un sacerdote, ex impiegato ferroviario, tale Don Luciano Moggi; in suo onore fu ribattezzata MoggiTel. Una delle tariffe migliori in circolazione era quelle per i ragazzi alle prime armi chiamata “usa e getta young”, infatti, dopo ogni telefonata, come un fazzoletto, si poteva cestinare e riaverne una nuova in cambio.
Purtroppo, a oggi, nella sua centenaria storia, non è riuscita a vincere… “nemmeno” uno scudetto. Detiene il record di millemila finali perse di Cèmpions Lìgg.
Di particolare rilievo è la costituzione della tifoseria accreditata come una delle più numerose. Inizialmente si contavano sulle dita di una mano; successivamente, con l’ingresso di imprenditori legati nel mondo della fauna, iniziarono un programma sistematico di esilio domenicale dei lavoratori, dalla carrozzeria di proprietà, allo stadio.
La realtà “fattuale”, dopo la de-secretazione degli atti, però ci ha svelato invece aspetti e risvolti molto più macabri e meno romanzati dei romantici ricordi fin qui descritti che, purtroppo, sono privi tuttavia degli indispensabili agganci di verità. I cronisti d’inchiesta, febbrilmente attivi subito dopo il secondo conflitto mondiale, testimoniano infatti di autentici e continui “accompagnamenti dei condannati” avvenuti dalle lontane e sperdute lande della Terronia sino a quella che tutti definirono essere la più triste fra le tre capitali del triangolo dell’italico del boom economico: Torino!
Per innumerevoli settimane, per mesi, per anni, per lustri e per decenni gli italici vagoni trasportarono infatti inesausti i cosiddetti “treni della speranza”, così chiamati perché gli aguzzini inviati dalla grande tentacolare industria sabauda, una volta giunti in terronia, ammaliavano i giovani indigeni mostrando loro la gigantografia in scala 1:1 della più sconvolgente e seducente pin-up italiana di quei tempi: Silvana Mangano, promettendo a ognuno di quei creduloni, che una volta giunti a Torino, avrebbero trascorso infuocate notti di passione con la bellissima sex-symbol di quell’epoca. I poveri “terruncelli”, con la speranza (da qui il nome del treno!) di vivere nella loro vita almeno “un giorno/notte da leoni”, abbandonarono a gambe levate latifondi, cantieri, botteghe ma soprattutto le baffute e orrende compagne e, credulon-creduloni, si trovarono, senza neppure rendersene conto, nelle catene di montaggio prima e, a fare il tifo obbligato per la Juve poi.
Tutto ciò appena scritto solo per affermare la verità.

Torniamo a bomba! I tifosi indigeni (pochi) e i confinati (la maggioranza bulgara) impararono comunque presto il giochino cui domenicalmente assistevano e, così facendo, in assenza di testimoni, era anche più semplice esercitare per il mago di turno il “resta di stucco adesso ti trucco” e, con le paroline magiche “TE LO DO” (una sorte di Sim Sala Bim di Silvan…), indicava il dischetto del rigore o fischiava il fuorigioco. A tal proposito, alla fine del primo tempo, bisogna anche ricordare che, dal 10 Maggio del 1981, ai bimbi brutti bianconeri viene regalato il Tur(r)one: un morbido maritozzo di provenienza capitolina.
Sembra, ma in realtà non abbiamo documentazione a riguardo, che il termine Gobbi sia nato in quanto gli operai della carrozzeria di cui sopra, schiavizzati per ore e ore e ore a settimana per costruire macchine inguardabili, erano costretti a passare il loro unico giorno di riposo ricurvi sui seggiolini dello stadio, frustati dai dirigenti della società per simulare coreografie ed esultanze. A forza di stare piegati…
Si narra, ma si rasenta la leggenda, che l’appellativo Gobbi sia nato per via di una divisa adottata dalla Juventus a partire dalla stagione 1956/57. La maglia, per il tessuto e per la forma, era più simile a una larga camicia che a una maglietta, con un ampio scollo a “V” sul davanti. Quando i giocatori correvano, da questa scollatura entrava dell’aria che formava un rigonfiamento – una gobba, appunto – sulla schiena dei giocatori, all’altezza della nuca. Le consorti, l’anno successivo, cercarono in tutti i modi, riuscendoci, di far modificare anche le mutande dei beniamini affinché tale protuberanza potesse essere, almeno, ben visibile anche nella parte pubica; tale virilità fu apprezzata, inoltre, dalla terna arbitrale.

Una delle peculiarità del tifoso bianconero è rispondere con insulti, dati sbagliati o semplicemente inventati di sana pianta alle infinite accuse rivolte dalla “gente per bene” alla propria squadra. L’individuo in questione, il più delle volte, è a conoscenza di tutta la verità, ma come un esperto oratore, sa rivoltare il discorso tentando di sviare cambiandone il soggetto. In letteratura è chiamato Mughinismo. È una sindrome che colpisce la totalità degli strisciati; per decenni si sono crogiolati, prima di Calciopoli, con la storia di non essere mai retrocessi. Invece è una balla colossale perché nel 1913 arrivarono ultimi nel loro girone, con appena una vittoria, un pareggio e, udite udite, ben otto sconfitte. Solo che, sicuramente un caso, con un’abile opera diplomatica, fecero in modo di abolire, proprio in quell’anno, le retrocessioni. Quando si dice il fato…
In Piazza Crimea, dove risiede la sede, sembra ci sia un santino, una targa di presentazione che testualmente recita: “Vincere non è importante: è l’unica cosa che conta”. Dovrebbero far aggiungere, però, “e non ci interessa tanto come” visto che la sudditanza psicologica esiste, eccome se esiste. Per dimostrarlo dovremmo, a questo punto, esercitare non tanto la proprietà matematica invariantiva quanto, piuttosto, la più semplice proporzione che già alle scuole medie insegnano.

Tutto quello che ha vinto la Juve in Italia: agli anni = tutto quello che ha vinto all’estero : X;  per la risoluzione, quindi, X=0.
Su questo bisognerebbe riflettere…
Del resto, i 4 posti più silenziosi al mondo sono risultati i seguenti:

  1. Camera anecoica di Minneapolis
  2. Il Grand Canyon in Arizona
  3. Il Deserto dei Gobi in Mongolia
  4. LO JUVENTUS STADIUM, ribattezzato “fino alla fine”, quando la Juve prende gli schiaffi e se ne torna a casa con la coda sotto le gambe…



POSTFAZIONE
E così, ahimè, siamo arrivati al termine.
Due libri dell’Etica sono dedicati a una riflessione sull’amicizia, un tema molto caro ad Aristotele. L’affinità, secondo il filosofo greco, era legata alla virtù perché è per l’uomo una importante fonte di felicità, forse la più grande. Chi non ha amici per tutta la vita è irrimediabilmente triste. Non può fare qualcosa in quanto, l’unione, concorre in misura rilevante al perseguimento della serenità se, in maniera effimera, non vogliamo proprio chiamarla felicità.

Aristotele dipinse tre tipi di amicizia:

  1. Quella basata sull’utile, di valore assolutamente minore;
  2. L’amicizia basata sul piacere; che non sarebbe altro che quella che si trova a metà strada tra l’amicizia dell’utile e quella del bene;
  3. E poi quella tra Frankie e il sottoscritto basata sì sul bene, ma perché rende spensierati, nata per caso e, soprattutto, sorprendendoci entrambi, ci ha fatto ridere fino alle lacrime.

Quando mi arrivò la sua mail con la “folle idea” non dico mi sorprese, ma seppe toccare le corde giuste per qualcosa che doveva nascere a 4 mani (come, gli dissi scherzando, il Concerto 3 di Rachmaninov) e che, lì per lì, pensavo se non impossibile, quasi. Ci siamo prima annusati, rimanendo ognuno nel proprio territorio, e poi, sradicati i freni inibitori, videochiamati, messaggiati, telefonati, mailizzati, piccionati anche diverse volte al giorno e, causa insonnia da parte di entrambi, della notte.
Penso che le rispettive mogli siano state un po’ gelose…
Ho sempre pensato che le nostre tastiere fossero impazzite poiché veicolate da Massimo Troisi e Roberto Benigni: avete presente la scena del film “Non ci resta che piangere”? Ecco noi eravamo su quella medesima carrozza pronti a sbeffeggiare tutto e tutti ma soprattutto, e qui forse è il segreto, a prenderci in giro.
Ci siamo accorti che ci legano molte cose e che, nel corso del tempo, ci siamo raccontati molto l’uno dell’altro. I nostri acciacchi facevano da traino al buongiorno quotidiano ma, una volta che avevamo acceso il motore, eravamo pronti a partire.
Cosa gli invidio? Il suo modo di vivere, la sua radiosità, la scrittura, il terrazzo e le sigarette che, giuro, alla prossima videochiamata me ne faccio passare una senza che nessuna se ne accorga…
L’amicizia è un sentimento tanto speciale quanto raro: è una delle poche cose che nascono dal profondo e plasmano la nostra personalità nel tempo. Spesso ci circondiamo di persone che soltanto in apparenza consideriamo, o al contrario ci considerano, amici. Essa può essere compresa appieno solo da chi effettivamente prova questo sentimento verso un altro: quando ci si rende conto che una persona è tanto in sintonia con noi che le sue emozioni si fanno nostre e altrettanto vale per lui, allora si può parlare di vera amicizia. Fosse solo per questo, e non è certamente veniale, va la mia gratitudine, Frankie.

Ringraziamo la redazione che ha creduto in questo folle progetto nato dalla “’a capa” del mio… dirimpettaio e, in particolar modo, Jea che ha saputo “arginare” e supportare, sopportando ogni nostro dubbio di percorso.
Ringraziamo i tifosi, ancor prima che lettori, perché se ognuno, nell’estremizzazione dell’enfasi della propria squadra, ha saputo sorridere, vuol dire che abbiamo fatto centro.
In fondo, l’opera d’arte non è altro che l’esagerazione di un’idea.
Come contraltare, speriamo che nessuno si sia ferito; se qualcuno si è sentito offeso dalle nostre parole chiediamo sommessamente scusa per non aver dispensato a giuste dosi la nostra ironia.
In fondo, la filosofia cerca le verità ultime, l’ironia le verità penultime.
A noi è bastato questo.


di seguito, se volete, potete trovare:
I parte
II parte
III parte