La musica della Champions è tornata a risuonare negli stadi d'Europa e ieri sera, dopo la Juventus e la Lazio, è toccato all'Atalanta scendere in campo per gli ottavi di finale contro gli spagnoli del Real Madrid per una sfida storica e affascinante che certifica ancora di più (se ce ne fosse bisogno) la qualità del lavoro e del progetto intrapreso dal binomio Percassi-Gasperini.

Sin dall'esordio in Europa League si era capito che il percorso intrapreso dagli orobici era quello giusto non solo per lottare con le grandi del campionato italiano, ma anche per competere (quasi) alla pari dei club esteri: le vittorie su Lione ed Everton (squadre nettamente più abituate a stare in Europa) nel primo anno europeo del Gasp nerazzurro sommati al percorso nell'Europa dei grandi nella passata stagione dimostrano infatti la bontà del progetto bergamasco e la qualità del lavoro e delle idee del tecnico piemontese capace non solo di stupire i colleghi italiani, ma anche quelli internazionali.

Dopo le vittorie di prestigio a Liverpool e ad Amsterdam contro l'Ajax, che hanno reso la fase a gironi più semplice rispetto a quella della passata stagione (dove l'Atalanta passò alla storia riuscendo a centrare la qualificazione agli ottavi nonostante le tre sconfitte ottenute nei primi tre match) sul cammino della dea è arrivato il Real Madrid, che nonostante non stia vivendo la sua migliore stagione (seconda in campionato e fuori dalla coppa di Spagna per via di una sconfitta contro l'Alcoyano squadra di terza divisione) rimane comunque la squadra più titolata d'Europa e con una storia europea che li vede da sempre come protagonisti. Nonostante la forza dell'avversario, per l'Atalanta quella di ieri sera era la grande occasione per misurarsi con una delle più grandi realtà mondiali del calcio e per provare ad inserire un'ulteriore impresa nel proprio cammino europeo, oltre a valutare la forza del gioco atalantino contro la forza dei blancos.

A differenza della Lazio che contro il Bayern ha palesato tutta la propria paura tramite una prestazione di basso livello, l'Atalanta è riuscita ad evitare il blocco psicologico dettato dalla forza e dalla storia degli avversari, mettendo in campo una buonissima prestazione e dimostrando di poter giocare a certi livelli nonostante l'esperienza europea del gruppo non sia minimamente paragonabile a quella degli avversari. Partita ben giocata, dunque, nonostante il grave errore arbitrale che condiziona nettamente la partita: l'analisi del match, infatti, va divisa in tre parti, con la prima che dura fino al 18', la seconda fino al 86' e poi i minuti finali dell'incontro.
Nei primi diciotto minuti quella che scende in campo è la solita Atalanta che pressa in maniera intelligente (evitando di scoprirsi troppo) e che cerca di mettere subito in scena i propri punti forti come il gioco sugli esterni e i triangoli tra il trequartista (Pessina) e le due punte (Zapata e Muriel). Il piano di gioco bergamasco deve però essere rivisto al 18' quando per un fallo al limite dell'area Freuler viene espulso lasciando così in dieci i suoi. L'espulsione fin troppo generosa cambia così l'impianto di gioco di Gasperini con il Real in pieno controllo della partita (con un possesso palla spesso però sterile e poco incisivo) e i bergamaschi costretti ad una partita di rimessa e di grande abnegazione difensiva. Nonostante la superiorità numerica il primo tempo va in archivio senza troppi sussulti con il Real che ci prova spesso da fuori (senza mai inquadrare la porta) e che spreca le uniche due opportunità nette create con Vinicius (che si fa mettere il tiro da botta sicura in corner da un intervento di un difensore avversario) e su calcio piazzato dove Gollini d'istinto evita il gol avversario.

Non cambia la musica nemmeno nella ripresa, dove il Real fatica a trovare spazi grazie alla grande densità messa in atto dai nerazzurri nella propria area di rigore, almeno fino al minuto 86', quando su calcio d'angolo manovrato Mendy trova il jolly dal limite dell'area con un destro a giro imparabile per Gollini che finisce preciso nell'angolino. Finisce così 1-0 per le merengues, che portano a casa una vittoria diventata ad un certo punto quasi insperabile per via della bravura difensiva degli avversari.

Nonostante la sconfitta di buono per l'Atalanta c'è senza dubbio la prestazione offerta visto che non era facile mettere in campo una prestazione solo difensiva per una squadra abituata ad attaccare gli avversari. Prestazione che è arrivata grazie al grande lavoro della difesa (monumentale la prestazione di Toloi) e degli esterni (ottime le prove di Gosens e Maehle con il secondo che in appena un mese a Bergamo ha già fatto meglio dei vari Mojica, Piccini e Depaoli) che da ali offensive diventano per una volta terzini capaci di fermare le ali del Real. Peccato, poi, per l'infortunio di Zapata che anche nel momento d'inferiorità numerica riusciva a dare più peso alla manovra offensiva orobica grazie all'abbinamento fisico-corsa che lo rendeva più che pericoloso per la difesa non troppo d'acciaio degli spagnoli. Deludente (e grave) naturalmente la prestazione arbitrale che al di là del rosso, non ha convinto per la distribuzione dei cartellini e per falli simili fischiati ad alternanza. Male, anche, la prestazione di Ilicic, che entrato nella ripresa al posto di Muriel (anche lui non proprio in giornata ma uscito perchè comunque esausto dalla prova difensiva della quale è stato partecipe) poco ha dato alla manovra e che viene richiamato in panchina negli istanti finali del match per via del suo atteggiamento passivo, che finiva per far giocare in nove la squadra.
Al di là della prestazione non proprio brillante dello sloveno, il gesto di toglierlo dal campo da parte di Gasperini potrebbe rischiare di urtare ulteriormente il giocatore, capace sì di grandi giocate (e quando è in giornata diventa quasi immarcabile) ma anche di momenti di difficoltà dal punto di vista mentale, che rischiano di compromettere la parte finale della stagione. 

Il passaggio del turno, se pur complicato, resta possibile, perchè in fondo, come dice Gasperini, basterà vincere a Madrid (e in questa semplice frase c'è tutto lo spirito del gruppo nerazzurro).