I corsi d'acqua, i laghi, i mari e gli oceani del mondo, sono popolati da creature affascinanti vestite di abiti eleganti, squame dalle colorazioni vivide e sgargianti: i pesci. In natura ne esistono ben ventiduemila specie diverse e alcune di esse sono davvero bellissime. Il “Pesce mandarino”, per esempio, contraddistinto da una accesa livrea arancione striata di azzurro, oppure lo “Zanclo cornuto”, che deve le sue fortune, più che alle bande verticali giallo-bianco-nere da cui è attraversato, ad una lunga, sottile pinna di dimensioni leggermente sproporzionate rispetto al resto del suo corpo. Una caratteristica che lo rende singolare e allo stesso tempo ricercatissimo, proprio come un lineamento particolare può rendere estremamente attraente e carismatico un volto. Già, non solo i colori, anche le forme distinguono i pesci. Alcuni di essi, infatti, devono il proprio soprannome alla loro eccentrica struttura. Un caso eclatante è quello della “Lactoria cornuta”, il famoso “Pesce scatola” al quale, nel 2005, si ispirarono i tecnici della Mercedes Benz per realizzare la concept car Benz-Bionic. Un altro caso clamoroso è quello della “Tetraodontidae”, il notissimo e velenosissimo “Pesce palla”, reso commestibile solo da un'adeguata e attenta preparazione. 

Ecco, le analogie tra il mondo del calcio e la fauna ittica sembrerebbero estinguersi nella sagoma di questo strano abitante marino, simile a quella di un pallone, se non fosse che molte specie di pesci trascorrono buona parte della loro vita in gruppo. I raggruppamenti, spesso denominati banchi, nella maggior parte dei casi si formano per permettere a queste creature di difendersi meglio dai predatori, oppure, al contrario, per agevolarle nella ricerca del cibo. Questo perché la capacità di elaborazione delle informazioni di un singolo pesce è limitata, mentre quella del banco è superiore alla somma delle sue parti. 

Ci sono squadre di calcio che assomigliano ai banchi di pesci. Ci sono squadre di calcio in grado di esprimere un gioco di un livello superiore rispetto a quello che mai potrebbero esprimere i propri singoli componenti. Ci sono squadre di calcio che sono massima espressione d'intelligenza collettiva. 

Ci sono squadre di calcio come l'Atalanta.

Gli undici uomini vestiti di nerazzurro, da un paio di stagioni a questa parte, ogni volta che solcano il terreno di gioco evocano nell'immaginario del fortunato spettatore un'entità a se stante: un essere dalle sembianze femminili. Si staglia sul terreno di gioco una bellissima creatura, una dea, una ragazza dalla folta chioma, provocante e attraente; un'aggressiva e virtuosa cacciatrice: Atalanta la bergamasca. 

Corre la giovane figlia di Iaso, la protetta di Artemide, allevata da un'orsa e adottata in tenera età da un gruppo di abili cacciatori. Corre tanto e caccia bene. Senza tregua, marca la propria preda a tutto campo, la incalza, e se essa si divincola o reagisce, lei non scappa, non indietreggia, ma riattacca. La strategia utilizzata per colpire è sempre la stessa: disposizione a 3-4-3, sviluppo del gioco sulle fasce laterali, triangolazioni, traversoni bassi e ripartenze veloci. È in questo modo che Atalanta, vivace giovane dal carattere forte ed intrepido, si muove scaltra su tutto il territorio italico, habitat all'interno del quale è sempre più difficile sfuggirgli o scampargli.

A Ferrara, Genova, Roma, Reggio Emilia, Brescia... non fa differenza: capitolano una dopo l'altra le sue vittime. Non basta essere Lucifero in persona per evitare di essere colpiti dai suoi schiaffi in pieno volto e non sono più sufficienti le (per una volta gialloblu) “parme”, gli scudi rotondi in dotazione all'esercito romano, a ripararsi dalle sue acuminate frecce, strumenti di offesa scagliati dalla sua faretra, scoccati dal suo arco, con la stessa forza e precisione con cui Gomez e Ilicic scaraventano i propri tiri verso la porta avversaria. 

Tra l'altro, il “papu” e lo sloveno non sono solamente bellici utensili di offesa in disponibilità alla bella bergamasca, bensì, dettandone i tempi e le giocate, ne coadiuvano il movimento e l'aiutano a distendersi sul campo. Dirigono, cioè, gli altri componenti della squadra.

Osservandoli in azione, allora, viene da chiedersi se il paragone poc'anzi formulato tra i nerazzuri e i banchi di pesci, nella maggior parte dei casi formati da sensori poco intelligenti, particelle tra loro identiche, tutte dotate della stessa voce in capitolo nel decidere i movimenti dei compagni, sia azzeccato in tutto e per tutto. Infatti, escludendo l'argentino e lo sloveno dall'affiatato gruppo bergamasco, sostituendoli con gli altri giocatori in rosa, il risultato non sarebbe il medesimo. Caldara, Gagliardini, Conti, Kessié, Petagna, Mancini, Cristante, Spinazzola ed altri ancora, hanno lasciato la dea, cacciatrice provetta, senza arrecarle alcun danno e senza metterla in affanno, ma la proprietà commutativa, lo si azzarda, per i due fari del reparto offensivo nerazzurro non troverebbe applicazione: partiti loro, Atalanta si trasformerebbe in una bella che non baila.

Pare allora più appropriato, rimanendo in ambito zoologico, accostare i bergamaschi ai branchi di zebre. È vero, il blu non è un colore che naturalmente adorna questo animale (che oltretutto è preda, non predatore), eppure l'analogia è presente ed importante: i ricercatori hanno scoperto che tra le zebre, gli esemplari femmina con cuccioli hanno un peso decisionale notevole sugli spostamenti del branco, un po' come Gomez e Ilicic lo hanno all'interno del sistema di gioco atalantino. A Bergamo, inoltre, c'è un'altra zebra madre, quella che Atalanta (abbandonata dal padre sul monte Pelio, rea di non essere nata maschio) ha adottato e rimodellato a sua immagine e somiglianza: Gian Piero Gasperini, la capobranco.
Sarà proprio il Gasp, come sempre è accaduto da giugno 2016 in avanti, a dirigere la battuta di caccia della sua giovane e bella creatura in Champions League, nella campagna europea. Prossimo all'orizzonte è un sanguinoso scontro, inedito nel regno animale, tra pipistrelli andalusi e zebre, animali certamente appartenenti a dimensioni diverse: gli uni all'aria, gli altri alla terra. I primi, che a differenza dei rivali a stare in cielo ci sono abituati (e che in un paio di occasioni, nel 2000 e nel 2001, hanno quasi toccato la stratosfera), guardano sottosopra e dall'alto gli avversari, anche con un pizzico di presunzione. Eppure, che il risultato finale vada a loro favore è tutt'altro che scontato.

Forse, il modo in cui terminerà la battuta di caccia europea della squadra bergamasca può suggerircelo la mitologia.
Il padre biologico di Atalanta, Iaso, voleva che la figlia si sposasse. Tuttavia, la giovane non aveva alcuna intenzione di convolare a nozze, dato che un oracolo le aveva predetto che se si fosse sposata avrebbe perso le sue incredibili abilità di cacciatrice. Per accontentare il padre e allo stesso tempo scongiurare questa ipotesi, Atalanta decise allora, sicurissima delle sue capacità, di promettersi in sposa esclusivamente a chi l'avesse battuta in una gara di corsa, disciplina nella quale si considerava imbattibile (un po' come i nerazzurri, non trovate?). In effetti, per lungo tempo tutti quelli che ci provarono vennero sconfitti (e perirono, perché la pena prevista per l'insuccesso era la morte), finché Melanione, seppur con uno stratagemma suggeritogli da Afrodite, riuscì nell'impresa di giungere prima di lei al traguardo. 

Non potrebbe essere che le zebre nerazzurre (sì, se siamo riusciti ad immaginarcele a pois, possiamo anche visualizzarcele in questa inedita combinazione cromatica) siano destinate a soccombere proprio quando si troveranno a fronteggiare qualche bestia in grado di correre più velocemente e meglio di loro?

A giudizio di chi scrive andrà così.
D'altronde, in Champions League, i giocatori atalantini non brillano più degli altri sul piano squisitamente tecnico, anzi, e questa inferiorità, prima o poi, finiranno per scontarla.