Prendi 70 parti di Cassano, avendo avuto cura di tenerlo lontano da Adani, Vieri e Ventola per almeno una settimana, per far tornare entro parametri accettabili i valori di sguaiataggine nel sangue, aggiungici 30 parti di Brad Pitt; applica al tutto un fattore moltiplicativo di 0,8 senza dimenticare di tenere attiva la spunta sulla voce “mantieni proporzioni”.

Il risultato di questa operazione di ingegneria fisiognomica, a patto d’aver rispettato alla lettera i rapporti stechiometrici indicati, altri non è che (almeno dal punto di vista esteriore) uno dei giocatori che più di tutti nella storia recente della Juventus hanno messo in crisi i tifosi per quanto riguarda il doversi ricordare il suo nome.
Ebbene sì, se anche a te è capitato più di una volta, durante una discussione con gli amici, di avere in mente lui e di volerlo citare, e di non riuscire a ricordare il suo nome, nemmeno  ricorrendo all’ipnosi, sappi che sei in buona, anzi, in ottima compagnia. Benvenuto nel club degli smemorati di Arthur Melo!

Nata sotto pessimi auspici, a decretare anzitempo la fine dell’avventura juventina di questo giocatore (quello attuale è una copia sbiadita dell’originale) ci ha poi pensato Romero, elemento di punta della pluripremiata Antica Macelleria Bergamasca, gestita da un personaggio (Gasperini) che, tra aspetto e modi melliflui, dà, più che altro, l’ingannevole impressione di qualcosa che sta tra un parrucchiere per signora e un curato di campagna.
Giocatore, va comunque detto a parziale discolpa di Romero, che anche quando “giocava bene”, non è che avesse mai dato l’impressione di esserci stato chissà quanto, in Brasile. Giusto il minimo sindacale per farcelo nascere. Poi via! 

Tornando a bomba sui pessimi auspici su accennati, è giusto, per completezza, ricordare l’episodio che portò Arthur alla Juve, e cioè dello scambio con Pjanic. Episodio sicuramente lecito (precisazione aggiunta più per paramento del di dietro, che per reale convinzione), ma la cui “patologia” è risultata fin da subito chiara perfino a quelli che dopo 20 anni che giocano a Monopoli, ancora non hanno capito che spendere soldi per fare il tris di carte verdi (Via Roma, Corso Impero e Largo Augusto) e costruirci sopra le case è il modo migliore per andare in rovina. Scambio, lo ricordiamo brevemente, che permise in un colpo solo di rimettere a posto i bilanci esangui di Juventus e Barcellona. Come? Prendendo il Pjanic di allora, vispo e pimpante come una pianta grassa, cresciuta, non si bene in virtù di quale miracolo, nella Valle della Morte, alle 12:00 in punto (ora locale), e quotandolo ben 52 milioni. Il Barcellona, che di sicuro non aveva piacere di risultare da meno, in occasione dello scambio aveva quotato Arthur, che l’allenatore di allora, chissà per quale principio autolesionistico, faceva giocare solo nelle settimane composte da 6 giorni, ben 56 milioni. Plusvalenze a gogò, et voilà, i bilanci tornano belli rigogliosi, come la vegetazione nelle periferie di Chernobyl.

Dopo svariate occasioni in cui provare a mettersi in mostra, si è capita sostanzialmente una cosa: quando gli passi palla, indipendentemente che ci sia o meno un compagno che sia riuscito a smarcarsi, lui in modo automatico compie, palla al piede, una manovra circolare di alleggerimento verso la propria parte di campo. Ovviamente gli avversari gliela lasciano compiere volentieri, visto che è rivolta verso la sua parte di campo, e non ad attaccare. Lui questa traiettoria la compie esattamente allo stesso modo, anche infinite volte, se infinite sono le volte in cui gli passi la palla, come certe mosche che disegnano sempre la stessa traiettoria in aria al centro di una stanza d’estate, o come gli impiegati della dogana all’ingresso delle cittadelle medioevali: Hoè! dove andate? Chi siete? Quanti siete? Un Fiorino! Lui questo sa fare e questo fa. Hoè! dove andate? Chi siete? Quanti siete? Un Fiorino! Hoè! dove andate? Chi siete? Quanti siete? Un Fiorino!  Hoè… mavafangul’va!

Allegri, che la prudenza non è mai troppa, stravede per questo giocatore; ma quando lo metti in campo, e cominci a vedere che piega prende la partita, tra un retropassaggio e l’altro, sia pure nell’esaltazione per i suoi gesti tecnici strabilianti, persino se sei Allegri, dopo un po’ qualche domanda cominci a portela, ad esempio, come si possa mai sperare di vincere, non dico col Liverpool, ma neanche col Canicattì, se giochi di merda così [la rima era troppo allettante, chiedo alla redazione di passarci sopra e tenerla. Grazzzzie] Per cui, a malincuore, nel corso della stagione è sempre stato costretto a contare su gente come Cuadrado, che oltre a togliergli le castagne dal fuoco decine e decine di volte, per mitezza di carattere ha anche la pazienza di sorbirsi i rimproveri per aver osato troppo, della serie: stavolta ci è andata bene che Cuadrado sbagliando ha fatto gol, per rimediare all’errore di Cuadrado, che doveva essere da tutt’altra parte. Cuadrado, che non si ripeta più. Segnare va benissimo, ma saltare l’uomo, avanzare, verticalizzare, sono tutti errori che dobbiamo cercare di non fare più…
Prendete esempio da Arthur. Lui non gioca mai perché ci tocca di vincere, e quindi ci tocca di far giocare Cuadrado, ma pensate a quanto sarebbe bello se giocassimo tutti come lui, non prenderemmo un gol, e a fine partita ci sarebbe pure da spartirci decine e decine di Fiorini!