Arcadio in Italia è un nome che vedresti bene per il rampollo di una qualche famiglia nobile. Arcadio è stato il nome di un imperatore romano bizantino, di un vescovo e di un cardinale. Tanta roba, un nome di lignaggio. Arkadiusz, invece, in Polonia era il nome di un ladruncolo di strada che a giocare a calcio ci è finito quasi per caso. Ma il caso -o il destino se più vi pare-  certe volte ci vede dannatamente giusto. L’Arkadiusz di cui si parla, ma l’avevate già capito, è Milik, il centravanti del Napoli.

Non è stata semplice l’avventura di Arek - lui preferisce così- qui da noi. Anzi, possiamo tranquillamente definirla un travaglio. Il Napoli Milik l’ha preso nell’estate del 2016. 30 milioni e una missione impossibile: far dimenticare ai napoletani Gonzalo Higuain e i suoi 36 gol in una singola stagione, record assoluto in Serie A. Metteteci anche che per la città si erano fatti già  un paio di nomi impossibili tra i vari Lukaku, Lacazette e la fantascientifica ipotesi Cavani.
E lasciatemi indugiare su Cavani, perché se per qualche ragione non conoscete questa storia vi assicuro che vale la pena perderci qualche secondo.
Nell’agosto del 2016 dal nulla a Napoli cominciò a diffondersi una voce - Googlate per credere! - che arrivò in poco tempo a riempire le pagine dei principali giornali sportivi locali e talvolta nazionali. L’improbabile leggenda metropolitana diffusa in quei giorni raccontava di diversi avvistamenti del centravanti prediletto di Cristo in giro per la città seguiti dall’Hashtag #HoVistoCavani. Talvolta l’uruguayano si trovava all’aeroporto, qualche altra volta sul lungomare e in qualche caso addirittura in un albergo preciso di Via Partenope. Una vera e propria mania si diffuse per la città alimentando i sogni dei napoletani, fino al fin troppo prosaico comunicato del Paris Saint-Germain, che seccamente spiegava che il Matador in tutta semplicità non aveva mai lasciato Parigi.
Bene, ora è facile immaginare secondo quale scetticismo Milik raggiunse Napoli. Tuttavia, se c’è un luogo comune che non mi sento di smentire sulla mia città è che siamo gente dall’entusiasmo facile. 
Così a quel ragazzo così serio, tecnicamente lontano dal nostro umore esuberante, bastarono un paio di mesi, 11 presenza e 8 gol per prendersi il cuore dei suoi tifosi. Fin qui, ovvio, tutto bene. Tutto bene fino a una maledettissima partita con la sua nazionale in cui lascia il campo dolorante. Arek ha il crociato rotto. I medici parlano di un infortunio che andrà dai 4 ai 6 mesi.
È da quel momento che inizia il calvario del giovane bomber polacco. Al suo ritorno in campo è evidente che non è lo stesso giocatore ammirato fino a ottobre. Lento, spaventato e vittima di gerarchie completamente rivoluzionate da un Dries Mertens riscopertosi centravanti da 30 gol stagionali a quasi 29 anni. La stagione successiva deve essere quella del riscatto di Milik e non inizia per niente male in realtà, con un gol alla prima di campionato. Ci vuole poco però perché per l’attaccante le cose vadano male. Un nuovo infortunio. Milik si rompe l’altro crociato. Un altro infortunio. Un altro stop di mesi e addio alle ambizioni anche per quest’anno. 

Per molti - comprensibilmente, diciamocelo - Arek, al secolo Arkdiusz, Milik è un giocatore finito. Chi si riprende da due anni di infortuni gravi? Quello che questi “molti” probabilmente non sanno però è che Milik non è uno qualsiasi. Che sarà mai farsi un periodo a letto per uno che è rimasto orfano e si è ritrovato a fare il taccheggiatore all’età in cui gli altri bambini imparano a leggere? Così il ragazzo di Tychy, Slesia, Polonia, torna in campo prima della fine della stagione e stavolta lo fa in maniera diversa. Certo, la sua forma non è ancora perfetta, ma mette la palla dentro in più di un’occasione e con i suoi gol sembra restituire al Napoli la speranza, poi infranta in un terribile pomeriggio toscano, di tornare campione d’Italia.
L’anno dopo Milik inizia con tanta pressione addosso. Riuscirà il nostro eroe a diventare il bomber che tutti speravano? Beh forse sì. I gol arrivano presto e sono tanti, ma lo sono anche gli scettici. In pochi anni - non so dirvi perchè o forse sì ma sarebbe materiale per un articolo a sé- i napoletani sembrano essere diventati un poì più disillusi e non si fidano. Niente entusiasmi semplici. Così per qualcuno Milik è bravo, ma non abbastanza. Per qualcun altro segna troppo poco (nonostante alla 28esima giornata di campionato il polacco sia il centravanti con la migliore media gol per minuti giocati), per qualcun altro ancora Milik segna solo alle piccole. Ma Arek, come già detto, non è tipo da mollare e lui Napoli se la vuole prendere davvero. E così aspetta la sua occasione.

Il Napoli è forse la squadra col maggior numero di rivali in Serie A dopo la Juventus. Ma ci sono due rivalità che proprio non si possono lasciar passare. Beh sarebbero tre, ma una è quella con l’Hellas Verona che al momento si trova in Serie B. Le altre due sono la Juventus e la Roma. Non è importante se la squadra si trovi al primo, al secondo, o all’ultimo posto in classifica. Le partite con quelle due sono finali e il 31 marzo si gioca Roma - Napoli. Eccola l’occasione che Arek cercava.
Per qualcuno che non si intende di mistica una partita con la Roma in questo momento della stagione è una partita facile, ma c’è un altro luogo comune sui napoletani che non posso smentire. Siamo scaramantici. Maledettamente scaramantici. Provateci ad andare in un bar alla vigilia di Roma - Napoli e dire che abbiamo già la vittoria in tasca, ne vedrete delle belle. Così su questa partita ci sono gli occhi puntati di tutta la città e non è importante, non lo è per nulla, la crisi nera della Roma.
I tifosi del Napoli vedono davanti a loro una partita tosta, complicata, difficile da sbloccare. Ma anche in questo caso il senso comune non ha fatto i conti col ragazzo di Tychy. E a lui bastano due minuti per ridere in faccia al caso, quello stesso caso che gli ha regalato il sogno di diventare un calciatore. Gli bastano due minuti, un suggerimento al bacio di Verdi, uno stop a seguire di tacco destro e una conclusione micidiale di sinistro. 1 a 0 e via alle danze di una partita dominata dal Napoli che vincerà per 4 a 1. Gli bastano quei due minuti per fare gol, vincere una partita che conta come una finale e per prendersi quella città splendida e maledetta dove è caduto già due volte. 

Ma non vi deve stupire, del resto Arcadio è un nome di lignaggio. Il nome di un cardinale, di un vescovo e di un imperatore che, quasi dimenticavo, è anche un santo.