“Se gli intellettuali di sinistra snobbano il calcio è perché questo castra le masse e ne devia l’energia rivoluzionaria”. Eduardo Galeano, 1995.

Era circa la metà del 1800 quando Karl Marx classificava la religione come oppio dei popoli, ovvero un sistema (di credenze) al quale l’uomo accorreva perché materialmente insoddisfatto, trovando in esso, quasi come fosse una droga, una condizione artificiale per poter meglio sopportare la situazione in cui viveva. I tempi però cambiano, vecchi miti cadono per essere sostituiti da altri. Citando Nietzsche possiamo dire che ad un certo punto della nostra storia come umanità Dio è morto, e la religione ha lasciato il suo posto al calcio, sport che più di tutti ha assunto il ruolo di “narcotico”.
Celebri restano le battaglie di Pasolini contro la strumentalizzazione “repressiva” del calcio, come, ad esempio, l’attacco sferrato ad Helenio Herrera nel 1969 (quando quest’ultimo allenava la Roma), il quale riteneva il pallone mezzo di fondamentale importanza per impedire ai giovani e ai lavoratori di fare la rivoluzione. A circa dieci anni di distanza tutti avrebbero assistito ad Argentina ’78: il Mundial Militare. La manifestazione più oscurantista e propagandistica della storia del calcio, che si fece sfacciatamente oppio.

Antefatti Mundial: progetto “gabbia dorata”
La costruzione della gabbia dorata, che avrebbe dato al mondo un’immagine distorta della situazione argentina e al popolo un motivo per andare avanti, parte da lontano. Nel 1953 la FIFA aveva deciso di alternare l’assegnazione dei mondiali ogni quattro anni tra Europa e Sud America, sollecitata da Antonio Rotili, rappresentante dell’Argentina all’interno dell’organizzazione e uomo di Juan Domingo Perón, che aveva già in mente di sfruttare la manifestazione.
Nel 1964 la FIFA si riunì a Tokyo per assegnare il mondiale del 1970 che spettava ad un paese sudamericano. Nonostante i rapporti non idilliaci tra le due nazioni, Messico e Argentina raggiunsero un accordo, chi avrebbe perso avrebbe preso automaticamente l’edizione successiva. I centroamericani vinsero le votazioni e Stanley Rous, presidente della FIFA, potè già affermare che ai sudamericani sarebbero spettati quelli del ’78.

L’organizzazione di regime
Al momento dell’assegnazione, ovvero nel 1964, Perón era già in esilio da molti anni e la vita politica del Paese si rivelò alquanto turbolenta negli anni a venire, con il succedersi di diversi regimi militari fino al ritorno al potere del generale nel 1973, il quale, però, morì l’anno successivo lasciando il potere a sua moglie Isabelita. In questi anni l’organizzazione del mondiale era portata avanti da José López Rega, fidato peronista, e Pedro Eladio Vásquez, segretario dello sport.
Tutto cambiò nel 1976, successivamente al colpo di stato messo a segno da Videla e all’instaurazione di un regime terroristico basato su repressione, detenzione e tortura degli oppositori. In un clima così teso lo svolgimento della manifestazione più seguita al mondo prendeva ancora più peso: attraverso lo spettacolo e le vittorie l’Argentina aveva l’opportunità di nascondere il marcio ai media e di distrarre il popolo, drogandolo.
L’ammiraglio Emilio Massera convinse Videla che un regolare svolgimento dei Mondiali nel Paese avrebbe avuto per il regime un’importanza politica-propagandistica assoluta. Venne creata l’EAM 78 (Ente Autárquico Mundial ’78), l’organismo che avrebbe diretto tutte le attività riguardanti la manifestazione. Secondo la legge 21.349 i Mondiali diventavano evento di primario interesse nazionale. Ogni spesa era un’urgenza legittimata, dai 100 milioni di dollari previsti, ne furono spesi 520.
Carlos Lacoste, capitano di vascello e vero dirigente dell’organizzazione aveva solo un obiettivo, ovvero creare una condizione artificiale: gli osservatori internazionali dovevano avere l’immagine di un Paese efficiente, ordinato, tranquillo e credere che tutto ciò che si diceva erano balle.

Tutto ciò che si diceva
Tutto ciò che si diceva però non erano balle. Il regime da una parte organizzava il mondiale e dall’altra continuava la repressione. Nei mesi precedenti all’inaugurazione, le uccisioni e i sequestri aumentarono, così come la segretezza. L’ESMA, uno dei principali centri di detenzione segreta, diretto dalla Marina, distava poco meno di un chilometro dal Monumental di Buenos Aires. Alcune testimonianze dicono che le torture erano sospese solo durante le partite dell’Argentina, così come i cosiddetti voli della morte.
La FIFA, nonostante delle notizie arrivassero, dichiarò l’autonomia dello sport rispetto alla politica. In Francia, nei Paesi Bassi e in Svezia, dagli ambienti della sinistra nacquero movimenti che spingevano a boicottare il Mundial. Ma in tanti altri Paesi, cosi come in Italia, anche le manifestazioni delle Madri di Plaza de Mayo furono ignorate. La pubblicità di regime riuscì nel suo intento e gli stessi giocatori furono tenuti all’oscuro circa la gravità delle condizioni del Paese. Il Mondiale si giocò e partecipano tutti.

Le favorite
Le favorite alla vittoria finale sono quattro: il Brasile, la Germania Ovest (campione nel ’74), l’Olanda (finalista nel 74’) e l’Argentina perché gioca in casa.
La Seleçao ha steccato in Germania quattro anni prima. Claudio Coutinho che siede in panchina rinnova totalmente l’organico e si affida ai giovani: Zico, Roberto Dinamite, Toninho Cerezo, Reinaldo e Dirceu.
I tedeschi iridati sono ancora nelle mani di Schön, ma hanno perso Müller, Overath, Breitner e Beckenbauer, la sensazione è che non sono più quelli di una volta. Stessa percezione la restituiscono gli orange, la rivoluzione del calcio totale è finita, non c’è Cruijff che ha scelto di non partecipare perché riflette su cosa fare della sua vita, e il gioco involve, ma la difesa è forte.
Poi ci sono i padroni di casa che ha una pressione pazzesca devono fornire un motivo valido ai tifosi per sorridere e soddisfare il regime. 
Prima del Mondiale, Videla accoglie l’albiceleste alla Casa Rosada, vuole un truppa di combattimento, una vittoria per il popolo argentino. Menotti, tecnico della squadra dal 1974, iscritto al partito comunista, sa di essere uno strumento di potere, ma non lascia perché ha un impegno morale verso i suoi e verso i cittadini. Crea una selección di spirito che fa affidamento su Passarella, il capitano, Gallego e sopratutto Kempes. Maradona resta fuori.

Si gioca (in un atmosfera surreale)
Il gruppo 1 composto da Argentina, Italia, Ungheria e Francia è quello più difficile.
Ma gli azzurri, eliminati nel ’74 al primo turno, stupiscono per un gioco brillante e per un processo di rinnovamento che li porterà poi a trionfare nell’82. La squadra di Bearzot, costruita sul blocco Juve, le vince tutte, e Bettega proprio contro l’albiceleste segna la rete più bella del torneo. Al secondo posto si piazzano i padroni di casa.
Il gruppo 2 (Germania Ovest, Polonia, Messico e Tunisia) vede i tedeschi arrancare ma passare come secondi, la Polonia qualificarsi come prima sotto la stella del giovane Boniek, e resterà alla storia per la prima vittoria di una squadra africana in un Mondiale: la Tunisia.
Il gruppo 3 è quello del Brasile (con Spagna, Austria e Svezia), i verdeoro, mai come prima, faticano a segnare, passano come secondi ma a tabellino ci finiscono solo due reti in tre incontri. Gli austriaci sono primi.
L’ultimo raggruppamento che vede di fronte Olanda, Scozia, Perù e Iran è quello delle sorprese. Perché gli orange rischiano una clamorosa eliminazione al primo turno, per una sconfitta pesante e inaspettata rimediata contro gli scozzesi che non passeranno il turno solo per la differenza reti. Al primo posto chiude un convincente Perù.

Le fasi finali 
Tutte le qualificate sono divise, ancora, in altri due gruppi. In quello A vengono inserite Italia, Austria, Germania Ovest e Olanda. Mentre nell’altro ci finiscono Polonia, Perù, Argentina e Brasile.
Gli azzurri sbattono contro i legni tedeschi chiudendo senza reti la prima e vincono con l’Austria, gli olandesi si riprendono, travolgono l’Austria e pareggiano con la Germania. Italia-Olanda decide chi passa il turno. Gli azzurri vanno in vantaggio ma sono rimontati e ribaltati: non mancheranno le polemiche intorno la figura di Zoff. Gli italiani in campo protestano per il comportamento antisportivo degli avversari sull’infortunio del portiere, comportamento che successivamente ha portato alla rete, e gli italiani a casa accusano il numero 1 di aver subito due gol dalla distanza parabili. Di fatto Olanda in finale, e Italia a giocarsi la finalina col Brasile.
Il Brasile coinvolto nell’episodio più controverso del Mondiale. Alla prima i verdeoro superano il Perù agevolmente, stessa cosa con qualche difficoltà in più fanno gli argentini con la Polonia. Poi c’è il Superclasico de las americas e si chiude con un scialbo 0-0. L’ultimo turno diventa, allora decisivo, ma decidono che non sarà giocato in contemporanea. Gli uomini di Coutinho superano i polacchi per 3 a 1. La Seleccíon per passare deve battere il Perù con quattro gol di scarto.

La marmelada peruana
Raccontano di pesanti pressioni fatte ai giocatori peruviani prima della partita, di finanziamenti elargiti dal governo argentino a quello peruviano. Di certo c’è che la squadra rappresentativa del Perù fu disturbata tutta la notte dai tifosi locali e durante il tragitto per arrivare allo stadio: avrebbe dovuto impiegare 15 minuti ma ci mise due ore. 
Alla fine l’albiceleste vinse 6 a 0 e al centro dei riflettori ci finì Ramon Quiroga, portiere del Perù, nato a Rosario ma naturalizzato, il quale, peraltro, giocò una partita onesta. Una partita, però, che passo alla storia come marmelada peruana. L’Argentina andò in finale.

Argentina-Olanda (la finale del Mundial)
Argentina e Olanda si giocarono la finale il 25 giungo a Buenos Aires, stadio Monumental. Il fervore nazionalistico era alle stelle, l’oppio funzionava alla grande. In campo le squadre se le diedero di santa ragione, anche grazie a Sergio Gonella, arbitro italiano che decise d’interpretare la partita all’inglese.
Ci pensò Kempes a sbloccare il risultato alla fine del primo tempo. Per quanto ci provassero gli olandesi non trovavano il gol, lo fecero al cardiopalma: all’81esimo. E a pochi secondi della fine presero anche un palo. 1-1 ai regolamentari.
Nei supplementari il clima sugli spalti diventa incandescente, la droga è salita nel pubblico, c’è un fervore patriottico che i ragazzi di Menotti avvertono: cominciano a volare. In campo il gioco è caotico e violento. Gonnella permette tutto, gomitate comprese, come quella sferrata da Passarella a Neeskens. Gli olandesi rispondono colpo su colpo, ma gli undici argentini sono trainati da uno spirito diverso, stanno giocando per qualcosa di diverso che va oltre il calcio: segnano due gol e chiudono la partita.
L’Argentina è campione del mondo. È lo stesso generale Videla ha consegnare, allo stesso tempo, a Passarella la coppa e all’opinione pubblica internazionale il prodotto finito della sua macchina propagandistica: una Nazione forte e vincente, un popolo entusiasta e patriottico che non ha nulla da recriminare.

I peccati del futuro
È il calcio che si fa religione, la religione condizione artificiale per sopportare la vita senza reagire. La storia di quel mondiale invecchia, ma non invecchiano i peccati. Negli occhi della gente l’innocenza di uno sport, che tante volte di innocente non ha nulla perché strumento nelle mani di chi esercita il potere. Argentina ’78 è stata un episodio, non ve ne vengono in mente altri giocati non troppi anni fa? Non assisterete ad altri a breve?
Mondiali organizzati in Paesi governati da una politica autoritaria che vuole le masse docili, gli oppositori in galera, i lavoratori schiavizzati e che si pulisce la faccia e l’immagine con il calcio.