Partiamo da un presupposto fondamentale: ciò che è successo in campo alla signora Elena Proietti (colpita con un pugno da un calciatore e rimasta praticamente senza un orecchio e senza un occhio) mentre svolgeva la sua mansione di arbitro in una partita di un campionato regionale umbro, è terribile, e a lei va tutta la solidarietà del caso, perché ciò che le è successo non dovrebbe mai più ripetersi su nessun campo da calcio. E questo rende anche comprensibile, visti anche gli ultimi avvenimenti di aggressioni ai danni di ufficiali di gara, il suo desiderio di mettersi in gioco in prima persona per denunciare la frequenza e la gravità di questi episodi. A lei va un forte plauso per il suo coraggio, perché dopo aver vissuto certe esperienze in prima persona spesso si vorrebbe solo dimenticare tutto e riprendere a vivere, facendo finta che nulla sia successo. Detto questo, entriamo nel merito della vicenda, approfondendola sotto diversi punti di vista.
 
  • Perché Elena Proietti è stata allontanata dall'Associazione Italiana Arbitri?

La ragione è molto semplice: nel regolamento associativo dell'AIA  (in particolare all'art. 40, comma 4, lettere d ed e) c'è scritto chiaramente che gli associati non possono in alcun modo rilasciare interviste o dichiarazioni pubbliche, in qualsiasi forma, inerenti la loro attività all'interno dell'associazione, se non con preventiva autorizzazione del Presidente dell'AIA (in questo caso Marcello Nicchi). La signora Proietti ha violato reiteratamente questa norma, presenziando a più interviste in programmi televisivi su reti nazionali senza le necessarie autorizzazioni. E qui entra in gioco l'art. 54, che parla delle sanzioni applicabili dall'AIA. Esse sono, in ordine crescente di gravità:

  1. il rimprovero;
  2. la censura;
  3. la sospensione fino a un massimo di due anni;
  4. il non rinnovo tessera.
Quindi, il fatto che a Elena Proietti non verrà rinnovata la tessera è semplicemente l'applicazione di una regola interna dell'AIA che sarebbe stata applicata a prescindere su chiunque, in ogni caso. Può anche darsi che qualcuno all'interno dell'Associazione abbia giudicato lesive o ingiuste le parole della Proietti, ma ciò in questa situazione è del tutto ininfluente, in quanto la violazione avviene nel momento stesso in cui si rilasciano interviste o dichiarazioni inerenti l'attività arbitrale senza la necessaria autorizzazione da parte di Nicchi. Quindi, Elena Proietti ha violato il regolamento dell'AIA, e come chiunque infranga una regola si deve assumere le conseguenze della sua decisione, sapendo anche cosa essa potrebbe comportare. Ora, qualcuno potrebbe obiettare che la nostra Costituzione, precisamente all'Art. 21, prevede la libertà di espressione. Questo è senz'altro vero, però nel momento in cui si diventa arbitri e si entra a far parte dell'AIA, bisogna prendere visione del regolamento associativo e accettare tutto ciò che esso comporta, nel bene (ad esempio con i mezzi previsti dall'Associazione per sostenere giuridicamente ed economicamente gli arbitri che subiscano danni fisici o reputazionali nello svolgimento delle loro mansioni) e nel male (tutti gli obblighi determinati dall'attività arbitrale). Per fare un paragone molto semplice, è come essere assunti da un'azienza ed essere costretti a mantenere il segreto aziendale. Ora, l'AIA non è un'azienda, ma il principio è lo stesso: nel momento in cui si diventa associati, si accettano le norme contenute nei vari regolamenti dell'AIA, almeno fino a quando si rimane all'interno dell'Associazione.
 

Ora arriviamo però al punto più delicato:

  • L'AIA poteva agire diversamente?

Qui sorge un problema: il regolamento parla di violazioni, ma non associa a ciascuna di esse una pena minima o massima. Quindi, in teoria, ogni violazione potrebbe essere sanzionata con uno qualsiasi dei quattro provvedimenti di cui sopra, e la decisione del provvedimento da adottare viene presa dagli organi competenti (Commissioni Disciplinari interne all'AIA) basandosi anche sulla giurisprudenza degli episodi simili accaduti in passato, ma certamente con ampi margini di libertà d'interpretazione. Quindi la risposta è: sì, l'AIA poteva anche decidere di comminare una sanzione più leggera. E probabilmente, visti i presupposti, sarebbe stato il caso di essere più comprensivi, viste le circostanze dell'accaduto. La questione più spinosa, però, va ricercata all'interno delle motivazioni del provvedimento disciplinare, dove c'è scritto testualmente "(…) il comportamento tenuto nell’intera vicenda dall’associata appare alquanto strumentale, dettato da fini personali e politici (...)". Ora, il problema è che la causa dell'adozione del provvedimento disciplinare contro Elena Proietti dovrebbe essere semplicemente il suo aver partecipato alle trasmissioni televisivenon ciò che all'interno di esse è stato detto o dichiarato. L'AIA in questo caso, come in molte altre circostanze passate, dimostra di peccare molto nelle sue capacità di relazionarsi con l'esterno. Nel caso in cui nelle motivazioni del provvedimento avessero parlato solo dell'infrazione della Proietti, non ci sarebbe stato nulla da ridire, ma nel momento in cui si mettono in mezzo motivazioni che poco c'entrano con il motivo del contendere, la Commissione Disciplinare commette un clamoroso autogol. L'ennesimo da parte dell'AIA negli ultimi mesi: basti pensare a quanto successo durante l'ospitata di Nicchi alla Domenica Sportiva dopo la prima giornata di campionato, dove anziché fare più chiarezza sui falli di mano il presidente ha ulteriormente contribuito ad aumentare la confusione; oppure al fatto che ancora oggi l'AIA rifiuta di pubblicare, dopo ogni giornata, un resoconto delle motivazioni delle decisioni arbitrali, come invece già avviene in altri grandi campionati (es. la Premier League). E l'elenco sarebbe ancora lungo.

 

Riassumendo: Elena Proietti ha commesso un'infrazione partecipando a delle trasmissioni televisive senza autorizzazione, e quindi era lecito e sacrosanto (anche per non creare uno scomodo precedente) che venisse sanzionata. Se ci sono delle regole, vanno rispettate, altrimenti l'anarchia comincia a prendere il sopravvento. E' però abbastanza grave la decisione da parte della Commissione Disciplinare dell'AIA, che ha deciso di propendere per il massimo della pena: era un'ottima occasione per mostrare finalmente un po' di buonsenso, ed è stata malamente sprecata per i soliti motivi, gettando le basi per ulteriori polemiche su tematiche che da anni rappresentano il vero tallone d'Achille dell'AIA. E il fatto che gran parte dei membri delle varie Commissioni disciplinari siano nominati, direttamente o indirettamente, da Nicchi, di certo non aiuta a smorzare le polemiche in merito...