Forse immatura e a volte anche un po' dispotica, ma la dedizione verso quella sfera resta indubbiamente qualcosa di reale e profondo: un'intangibile essenza, il cui significato va ben oltre quell'élite di milionari dediti ad accumulare pile d'oro, neanche fossero zio paperone. Il calcio è tanto altro: è voglia di vivere.

Non solo il vil denaro
Sapete, ho sempre pensato di conoscere (quantomeno dignitosamente) il mondo del calcio. Le sue regole, il suo passato, il suo presente e anche il tipo di manto che ricopre ogni singolo stadio d'Italia. La verità, però, è che fino a qualche mese fa neanche immaginavo quanto il calcio potesse essere importante. Certo, ho sempre saputo che il settore calcistico, in Italia, rappresenta la terza industria più importante, che dà lavoro a migliaia di persone e via dicendo, ma c'è qualcosa, al di là dell'aspetto (seppur importantissimo) pratico che mi stava sfuggendo. Un qualcosa di cosi profondo, ma allo stesso tempo cosi semplice e noto, che ancora oggi mi sembra assurdo come questo passi quasi del tutto inosservato.

Aprire gli occhi
Era febbraio e nonostante ciò ricordo che c'era un sole tale che mi costrinse a denudarmi, finendo per rimanere a maniche corte. In breve, finì per ritrovarmi alla presentazione di questo libro, volto a far conoscere il mondo del calcio dei disabili e delle persone cieche (no, non quelle di Praga). E devo ammettere che già nei giorni precedenti ero rimasto positivamente colpito dalla dedizione e dalla perseveranza che gli addetti a questo progetto avevano lasciato trasparire, nelle varie locandine di propaganda e di presentazione dell'evento. Però, sapete, è come quando su Facebook leggi la notizia di un uomo che ha salvato un gattino e provi tanta tenerezza e gioia nel sapere che esistano persone tali. Nulla di simile a quello che provai quel giorno.
Tornando a noi: ricordo che arrivai al centro sportivo dove si sarebbe tenuta la presentazione di mattina, più o meno alle nove. Ed essendo una domenica mattina vi lascio immaginare il mio stato in quel momento. Nonostante ciò presi parte alla canonica conferenza stampa, che fluentemente si concluse tra domande e risposte senza dubbio toccanti ed illuminanti. Il bello, però, doveva ancora venire.

La bellezza nella semplicità
Finita la conferenza, a mia insaputa e sorpresa, ci spostammo tutti sul campo, e lì vidi qualcosa che mi sconquassò nel profondo: qualcosa di cosi semplice, ma allo stesso tempo cosi forte che (non mi vergogno ad ammetterlo) trascinò di peso una lacrima lungo la mia guancia destra.
Bambini, semplicemente bambini che giocavano a pallone. Bambini di ogni età e con diverse disabilità, uniti nel rincorrere  freneticamente una sfera bianca e nera, con il solo obbiettivo di gettarla in rete ad ogni costo. Certo, il campo era delimitato in maniera diversa, c'erano le transenne e il pallone era leggermente diverso (all'interno di questo vi erano dei campanellini in modo da aiutare i bambini a capire la direzione della sua traiettoria), ma era sempre calcio! L'inconfondibile calcio a cui tutti siamo abituati: urli, gomitate, cross, tiri, gol... il solito.
In quel momento capii la reale importanza di questo sport: il calcio è amore. Il calcio è quel qualcosa che unisce intere generazioni: oltre la nazionalità, oltre l'età, oltre le disabilità... il calcio, ma ancora più in generale lo sport, ci dona l'occasione di sentirci gli uni più vicini con gli altri, a prescindere da qualsiasi possano essere le nostre differenze.
Questo è il vero significato dello sport e di conseguenza del calcio
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