Citando le parole di Josè Mourinho: "arrivi all'Inter come professionista, e ne esci come interista" frase che potremmo pensare di associare anche ad Antonio Conte. Certo la storia è completamente diversa (come è profondamente diverso il passato dei due allenatori, ovviamente) ed è molto difficile da mettere propriamente a confronto con quella del Vate di Setubal, in grado (quest'ultimo) di riportare una Champions League ad una società che aveva perso la garra e la volontà di provare a vincerla. 

Non c'è dubbio che l'arrivo di Antonio Conte si sia fatto sentire, con una seconda posizione nel campionato scorso per alcuni maliziosi viziata dall'abbandono della Juventus nel finale, dato che era già matematicamente campione (altrimenti il distacco sarebbe stato molto più ampio), con una finale di Europa League persa più per malaugurio che per demeriti (le "gufate" a volte funzionano, e questo lo sanno bene i tifosi di qualsiasi squadra), e con uno scudetto che inizia ad avvicinarsi dopo 11 anni quest'anno, salvo imprevisti che i nerazzurri per primi scongiurano da tempo. La parola "scudetto" in casa Inter è tabù, ma questo fa anche un po' parte della cautela che caratterizza qualsiasi tifoso dopo il trauma dello scudetto buttato via all'ultima giornata in quel 5 maggio che nessuno vorrebbe mai rievocare.

Antonio Conte aveva un compito arduo, complesso, in cui ha tuttora molto da perdere ma anche tanto da guadagnare: ed ha costruito la sua Inter con passione, dedizione, al netto di critiche feroci e spesso immotivate che arrivarono fin dalla prima sconfitta con la sua gestione.
Ma il punto, secondo me, nel capire la gestione del mister è che si tratta di una gestione vera, per l'appunto: non di un Gasperini che viene boicottato dopo neanche 4 mesi di lavoro, non quella di uno Spalletti costretto suo malgrado a schierare formazioni azzardate più per necessità che per convinzione. L'atteggiamento di Conte è completamente nuovo e molti, peraltro, dicevano che quella mentalità fosse inapplicabile all'ambiente Inter. Il coach che vediamo oggi è, di fatto, più che un professionista: si è interistizzato, esaltando l'ambiente e pur dovendo fare i conti con l'eredità, comunque pesantissima, di un passato ai rivali più acerrimi di sempre, quelli della Juventus.

Al momento non oso fare previsioni o dire che è tutto a posto, lo scudetto l'ha vinto (le ultime gare lo suggeriscono, la sicurezza della squadra c'è, si vince in modo netto ma anche all'italiana, cioè giocando poco e male), ma nemmeno il contrario si può dire con certezza (il timore supremo di tutti noi: che l'Inter non ce la faccia a reggere la pressione e che possa vincerlo chiunque altro).
Restiamo a guardare, quindi, queste ultime giornate, con la passione che ci accomuna, reggendo le inevitabili gufate che arriveranno dai rivali come da una stampa spesso poco filo-interista (per usare un eufemismo) e vedremo cosa succederà.
Di fatto, Conte è ad un passo da uno dei momenti forse più importanti della sua carriera, e da qui in poi, come dire, o la gloria o l'infamia senza vie di mezzo.