Arrivato in sordina tra lo scetticismo generale alla Juventus, ancora in piena crisi post-Calciopoli, nel 2012 Conte è stato capace di vincere un incredibile scudetto (al quale poi ne seguiranno altri 7 consecutivi) ed è andato via nel 2014 per "differenti vedute" rispetto alla società riguardo al mercato. Approdato in Nazionale un anno dopo, chiamato a risollevare le sorti degli azzurri dopo la distrastrosa spedizione mondiale in Brasile, è uscito dalle scene in una calda e afosa giornata di luglio; cacciato via dai clamorosi errori di Zaza e Pellè dagli 11 metri, che negarono la semifinale di Euro 2016 all'Italia, la quale si sarebbe portata in dote lo scalpo della Germania campione del mondo. Deciso a vincere (e convincere) fuori dai confini di quella Serie A che l'ha reso grande, oltrepassa la Manica a fine 2016, portando in due anni il Chelsea dal decimo posto alla conquista della Premier League 2016-2017, al quinto posto nella stagione 2017-2018. Insomma, Antonio Conte è così: tutto o niente, zero o cento, bianco o nero; anzi, da quest'anno nero o azzurro.

Già, perchè in tempi non troppo sospetti, anche grazie alla mediazione dell'amico ed ex collega ai tempi della Juve Beppe Marotta, ha sposato il progetto Inter; un cantiere da anni in costruzione e che finalmente spera quest'anno di potersi definire completato. I nerazzurri non si sono ancora del tutto sollevati dalla "depressione post-triplete", nonostante il susseguirsi di allenatori, giocatori e proprietà più o meno fruttuosi per l'ambiente; tuttavia questo (almeno nelle speranze della società e dei tifosi) deve essere per forza l'anno buono: dopo tutto l'obiettivo di tornare nell'Europa dei grandi è stato ormai raggiunto ed è tempo di alzare l'asticella. Come? Ingaggiando appena dopo la fine del campionato un top manager del calibro di Conte, un segnale indubbiamente forte, almeno per quanto riguarda la panchina, con l'obbligo di dare un segnale altrettanto forte sul mercato, per rafforzare quella rosa che troppo spesso negli ultimi anni è implosa tra dicembre e gennaio mandnado alle ortiche tutto ciò che di buono aveva mostrato nelle battute iniziali di stagione.

Poste le dovute premesse, analizziamo con la dovuta calma ed oggettività la situazione. Già a gennaio (e oltre tutto a parametro zero) l'Inter si è assicurata le prestazioni di Diego Godin, un nome che di certo non necessita di presentazioni e che soprattutto, permette di formare un muro potenzialmente invalicabile con De Vrij e Skriniar davanti alla porta di Handanovic: difesa sistemata. Avanzando nel 3-5-2 del mister salentino troviamo i neo acquisti Valentino Lazaro dall'Hertha Berlino, Nicolò Barella dal Cagliari e Stefano Sensi dal Sassuolo. Costo totale delle tre operazioni: 37 milioni subito, 50 nel prossimo esercizio ed eventualmente altri 5 di bonus, ai quali vanno aggiunti i 25 milioni versati al Sassuolo per il riscatto di Politano. Fino a questo punto, il tutto procede in modo lineare: 62 milioni di euro spesi sul mercato per regalare a mister Conte un giocatore di esperienza e caratura internazionale e tre giovani, già relativamente affermati ma dal futuro più che roseo (quattro, se contassimo anche Agoumè, aggregato alla squadra Primavera).

Avanzando ulteriormente iniziano ad arrivare i problemi: uno su tutti ha un nome e un cognome ben precisi (e fino a qualche mese fa aveva anche la fascia da capitano al braccio): Mauro Icardi. L'argentino è un corpo estraneo a questa squadra; vuoi per le dichiarazioni della moglie-agente, vuoi per i suoi comportamenti durante tutta la passata stagione, o forse per il suo scarso rendimento, il risultato rimane sempre lo stesso. Sarebbe stato folle pensare che Antonio Conte lo avrebbe accettato nella sua Inter, tuttavia sarebbe stato ancora più folle credere che una società così seria, forte e ben strutturata avrebbe gestito tanto male questo caso. Ormai non si parla più di vendere il ragazzo, ma di svenderlo alla prima società che bussi alle porte di Marotta e soci; questo ovviamente si sa, ed è per questo che non arrivano offerte per il giocatore, il cui valore in campo non si discute, ma che vede il suo valore economico sgretolarsi giorno dopo giorno. Se solitamente la pazienza è la virtù dei forti, in questo caso lo è anche dei furbi, e fino ad ora l'Inter non lo è stata.

Forse è eccessivamente scontato, e un pizzico arbitrario, puntare il dito solo su Icardi, ma di fatto è da questo enorme e apparentemente insormontabile problema che sono nati tutti gli altri, che ad oggi affliggono la Beneamata: l'esclusione ufficiale di Nainggolan dal progetto per motivi simili, le esclusioni ufficiose di Perisic e Politano e le trattative imbastite ormai molte settimane fa per Lukaku e Dzeko che sembrano arrivate a dei punti morti. Insomma, è presto per giudicare l'operato di tutti, ma ad oggi una domanda sorge spontanea: è stato un bene ingaggiare Conte o forse i tempi sono ancora troppo acerbi? Mi spiego meglio, il valore del mister non si discute, né tantomeno quello di Marotta, ma c'è da considerare che se si vuole imbastire un progetto immediatamente vincente bisogna disporre dei dovuti mezzi per portarlo a termine: così come non è saggio fare all-in se non hai abbastanza fiches per pagare la giocata, non lo è ordinare a Conte di rivoluzionare una squadra, senza poi acquistare sul mercato le pedine di cui necessita. In conclusione, miei cari lettori, lascio al tempo (e a chi di voi se la sentisse di fare pronostici) l'ardua risposta, ma non nego che ad oggi, primo di agosto, ho più di qualche perplessità.