INTRODUZIONE: “Dai Andy, solo un piede non basta"... Queste parole riecheggiavano ogni giorno nei campetti di Amburgo, città portuale e seconda per popolazione in tutta la Germania. Andy, ancora un bambino, umiliava ragazzini di 2/3 anni più grandi con estrema facilità, grazie al suo sinistro, che non lasciava scampo a nessuno. Il padre viste le qualità del figlio, propose al figlio degli allenamenti mirati per migliorare il tanto agognato piede destro. Andy non ci pensò due volte. Allenamento su allenamento, il padre intravedeva i miglioramenti del figlio. "Non ti montare la testa figliolo" diceva in tono solenne a Andy. In cuor suo però, sapeva che suo figlio sarebbe diventato un fuoriclasse.

INFANZIA: Ci troviamo in Germania, più precisamente ad Amburgo, e, stranamente nevica. La temperatura è da clima artico, si gela. In queste condizioni non proprio favorevoli, nasce Andreas Brehme, unico figlio della famiglia. Come abbiamo già raccontato, cresce nei campetti dove le sfide 1 vs 1 sono all'ordine del giorno. Si sta ore ore con il pallone, il buio della notte non spaventa i ragazzini. La madre, premurosa ma anche molto preoccupata, mandava il padre in avanscoperta con l'intento di riportare il figlio casa. Non era una missione facile, anzi. Non esistevano gli smartphone, e quindi il padre doveva visionare tutti i campetti della zona. Quando lo trovava, non si faceva notare, si nascondeva dietro un muretto e guardava estasiato il figlio giocare. Poi insieme, trotterellavano verso casa parlando ovviamente di pallone... Gli diceva:" Papà, io voglio diventare come Gerd Müller"... Il padre se la rideva, e gli rispondeva che per diventare come l'attaccante tedesco avrebbe dovuto lavorare sodo. "Io ti vedo più terzino: tecnico e bravo sui calci piazzati". Tornati a casa, gli aspettava una bella zuppa calda. E si, anche la ramanzina della mamma. Comunque, il padre ci aveva visto giusto.

GIOVANILI E PRIME ESPERIENZE CALCISTICHE: Andy, a soli 5 anni, entra a far parte del settore giovanile del HSV Barmbek-Uhlenhorst, squadra che al tempo militava nella 2. Bundesliga. Gli allenamenti con il padre danno i suoi frutti e all'età di 18 anni finisce in prima squadra, dove viene schierato titolare sin dalla prima partita. "Ruolo"?... Terzino sinistro, ma la sua duttilità gli permetteva di essere schierato anche in mediana. Giocatore tecnicamente superiore, ambidestro e ottimo tiratore di calci piazzati. E poi aveva una qualità che lo avrebbe contraddistinto per il resto della sua carriera: i gol decisivi. Per info chiedere all'Argentina. Resta due anni totalizzando 10 gol in 66 presenze, non male per un ragazzino. Il suo livello rispetto ai compagni è abissale, non può restare. Diverse big di Germania mettono gli occhi su questo ragazzo, ma lui sceglie il Saarbrücken, dove può crescere senza troppe pressioni sulle spalle. Resta solo un anno, ora è cresciuto e vuole la Bundesliga. Sa che per mettersi in mostra deve andare in una squadra che può offrirgli un ruolo da protagonista, da leader. Bussa alla porta il 1.FC Kaiserslautern, che si assicura le sue prestazioni per una cifra intorno ai 127 mila marchi tedeschi (circa 65 mila euro). Il primo anno è entusiasmante sia dal punto di vista personale sia per la squadra, infatti il club conclude il campionato in 4 posizione. Ha un feeling particolare con Hans Peter Briegel, giocatore chiave di quella squadra. Giocatore di una fisicità devastante, verrà in Italia dove farà le fortune del Verona, vincendo uno scudetto da protagonista. I due, nonostante non giochino nello stesso ruolo, si intendono a meraviglia sia in campo e fuori. Gli anni passano, il Kaiserlautern vive di alti e bassi, e quindi Brehme decide che è il momento di cambiare aria. Ora è un giocatore completo, sa che deve fare il salto di qualità.

ADDIO BAYERN E ARRIVO A MILANO: Il Bayern Monaco non ci pensa due volte, e lo porta in Baviera. Qui inizia a vincere i suoi primi trofei. Nel biennio al Bayern conquista una Bundesliga (1986-1987) e la prima edizione della Supercoppa di Germania (1987). In questi due anni lega particolarmente con Lothar Matthäus, giocatore semplicemente straordinario, aveva tutto: tecnica, grinta,... Lothar era il più spavaldo, quello con la battuta sempre pronta, mentre Andy preferiva starsene in silenzio ad ascoltare. Due persone caratterialmente diverse, ma unite dallo stesso obbiettivo: vincere. Due compagni di avventura, inseparabili, insieme avrebbero condiviso esperienze indimenticabili. In questi due anni però, ha un atteggiamento piuttosto rinunciatario, bada più alla fase difensiva anche per colpa degli allenatori. Con Heynches, nel secondo anno dell'esperienza bavarese, viene schierato spesso terzino destro. Iniziano i primi screzi. I due hanno visioni diverse. Intanto, Matthäus approda a Milano, sponda nerazzurra. Colpo clamoroso. Lothar, vuole gente valida per puntare allo scudetto, e, sapendo del difficile rapporto dell'amico Andy con l'allenatore, chiede alla società meneghina di fare uno sforzo e portare anche lui in terra milanese. Sono ancora insieme. La stagione 88-89 rimarrà per sempre nei cuori dei tifosi interisti. Il campionato è a senso unico, l'Inter conquista 58 dei 68 punti disponibili. Eguaglia record su record, sono un macchina da guerra. Con Giovanni Trapattoni in panchina, Brehme dà il meglio di se. L'anno successivo, l’Inter parte bene, vincendo subito la Supercoppa Italiana contro la Sampdoria, con il risultato di 2 reti a 0. Grandi prestazioni, sia della squadra e sia di Andy anche nell'anno successivo, ma il tricolore va al Napoli, che conquista il suo secondo scudetto della storia. Quell’anno ai due teutonici si aggiunge Klismann, che si conferma grande attaccante anche in Italia, realizzando 13 centri in campionato. Per tutti, loro tre saranno ricordati come il “il trio tedesco”. Finisce la stagione… È il momento di Italia ’90.

MONDIALI AZZURRI: 56 anni dopo i mondiali tornano ad essere ospitati in Italia. L’atmosfera è magica, si respira aria di festa, e l’Italia è la grande favorita: gioca in casa, tutto il pubblico dalla sua parte, e il tecnico Azeglio Vicini può contare su 22 campioni: Maldini, Baresi, Vialli,… Una corazzata.
Quella squadra ha tutto: la classe di Mancini, il talento di Baggio…
Chiunque entrava dalla panchina, anche se tutti avrebbero meritato un posto da titolare, dava il 101%, per provare a mettere in difficoltà il Ct. Tutti pensano che quello fosse l’anno buono, ma purtroppo, non andò così.
La Germania viene da due finali perse consecutive, una ferita che era ancora aperta. Quella di Italia 90’, sarebbe stata l’ultima partecipazione da parte della Germania Ovest (poco dopo si riunifica con l’est). I Tedeschi, nel loro cammino, non commettono passi falsi: 1° posto nel girone con ben 10 reti segnate. Brehme e Matthäus incantano il popolo italiano con giocate di rara bellezza. La Germania agli ottavi elimina i Paesi Bassi, dove Brehme mette il suo zampino: riceve la palla al limite dell’area, se la sposta sul destro e fa partire un tiro a giro che si insacca nel palo più lontano. Gli allenamenti con il padre sono serviti, ormai se calcia di destro o sinistro non fa differenza, anche se lui predilige calciare di potenza con il mancino, e di destro i tiri più precisi, angolati. Altro suo gol in semifinale, ma per arginare l’Inghilterra servono i rigori. La lotteria degli 11 metri, premia i Tedeschi.
Dall’altra parte del tabellone, contro ogni pronostico, l’Argentina elimina l’Italia, proprio ai rigori.

FINALISSIMA: La finale è Germania dell’Ovest contro Argentina, proprio come 4 anni prima. Il Bel paese è a pezzi, l’Italia vuole la vendetta… Risultato: in finale, 70.000 spettatori che fischiano l’inno argentino, e Maradona non la prende benissimo. Tutta Napoli però, è dalla parte del suo condottiero. Non lo tradirebbero, neanche per tutto l’oro del mondo. La partita, è una delle finali più brutte di sempre. Regna la noia, tanta tattica e pochissime palle gol. Le squadre vogliono portare la partita ai supplementari. Ma cambia tutto all’84’: palla in profondità per Völler, che viene strattonato da Sensini… L’ arbitro, il vero protagonista della finale, assegna il penalty. La trattenuta c’è, ma il contatto è molto lieve. Dubbio che tutt’ora esiste. Gli argentini vanno su tutte le furie. La Germania è consapevole, che se dal dischetto Matthäus segna, per la terza volta sarà campione del mondo, perchè ormai entrambe le squadre sono stremate, sono come un pugile alle corde. Difficile ipotizzare una reazione della Selección, quando mancano pochi minuti al termine. Colpo di scena: Matthäus ha dolore ai piedi a causa degli scarpini, non se la sente di calciare. Cede quel pallone, pesante come un macigno, al suo fedele amico, ha massima fiducia in lui. Brehme contro Goycochea, portiere di riserva subentrato a Nery Pumpido nella terza giornata. Questa scelta obbligata si rivelò vincente. Tre interventi miracoli contro la Jugoslavia, e ai rigori contro l’Italia ne para due. Brehme sa che quello potrebbe essere lo spartiacque della suo carriera: Osannato e venerato a vita dai tedeschi, oppure criticato e insultato dal suo stesso popolo. Ma Brehme non pensa a nulla in quel momento, è troppo concentrato. All’ultimo decide di tirare con il destro: il tiro è lento e incrociato, ma molto angolato . Goycochea, il para rigori, la sfiora appena. È gol. Brehme e tutto l’Olimpico partono in un urlo liberatorio. La Germania è sul tetto del mondo per la terza volta.

RITORNO IN GERMANIA E ADDIO AL CALCIO: Brehme torna a Milano da campione del mondo e da miglior terzino sinistro in circolazione, ma ormai non è più un ragazzino. Viene premiato con il terzo posto nella classifica del pallone d’oro, dietro a Schillaci e all’ amico Matthäus. Nella stagione 90/91 vince un trofeo che mancava nel suo palmares: La coppa Uefa. Decisiva la gara di andata, dove l’Inter si impone sulla Roma per 2 a 0. L’annata successiva, disastrosa per il club, Brehme saluta i nerazzurri, dove ha passato gli anni migliori della sua carriera. Si accasa al Real Saragozza, dove però rimane solo un anno. Poi, invece di racimolare soldi in club statunitensi ( vedi Müller, Beckenbauer), fa una scelta di cuore, e torna lì, dove tutto è iniziato. Decide di concludere la carriera al Kaiserlautern. La squadra , è una delle migliori di Germania, infatti vince la coppa nazionale contro i Karlsruhe. E poi, nel 1998, la stagione che rimarrà per sempre nella storia del club. Vengono da una promozione, vogliono puntare alla salvezza, ma non sanno che arriverà qualcosa di molto più grande. Brehme gioca poco, ma dentro lo spogliatoio è il leader indiscusso, tutti lo ascoltano. Il Kaiserlautern vince entrambi gli scontri diretti con il Bayern Monaco, e resiste all’attacco di tutte le inseguitrici. Sono clamorosamente campioni di Germania per la 4 volta. Brehme decide, che vuole chiudere la sua carriera in quel momento magico, indimenticabile. Dopo tantissime soddisfazioni, all’età di 38 anni appende le scarpe al chiodo.

ALLENATORE, PROBLEMI FINANZIARI E SALVEZZA: I problemi iniziano da allenatore, dopo il ritiro dal calcio giocato. Brehme guida il Kaiserlautern per due stagioni (2000-2002), dopo lascia il club, in quel momento in una spinosa situazione economica. I problemi però, arrivano anche per lui. All’Unterhaching lo esonerano dopo solo una stagione. Gli dà un’altra chance il suo amico ed ex allenatore Giovanni Trapattoni, che lo fa suo vice allo Stoccarda. La squadra non decolla e Trapattoni viene esonerato. Brehme, finisce nel dimenticatoio. Deluso, inizia a rifugiarsi nell’alcool e i debiti si fanno sempre più grandi ( circa 250 mila euro), frutto di investimenti sbagliati. Deve ipotecare la casa ed è costretto a dichiarare bancarotta. Beckenbauer, conscio di quello che Andy aveva fatto per il calcio tedesco, chiede pubblicamente di aiutarlo. Olvier Strube, vecchio compagno di squadra, gli offre in maniera abbastanza provocatoria un ruolo nella sua azienda di pulizie. Il ruolo? Pulire bagni… Sembra la fine, quando il Bayern appare nelle vesti di salvatore, e gli offre il ruolo di osservatore. Brehme è salvo. Proprio lui, consiglia all’Inter di investire su Shaqiri, scelta che si rivelerà a dir poco pessima. Il Vojvodina, squadra miltiante nella Superliga ( serie A serba), lo ingaggia come rappresentante del club. Tuttavia nel 2018 abbandona per dissidi con la dirigenza.


CONCLUSIONE: Al momento Andy è senza lavoro, ma ormai il peggio è passato. Spesso si concede a interviste, in cui descrive tutto il suo amore per l’Inter e per l’Italia. Ha fatto tanto per la Germania, e alla fine è stato giustamente aiutato. Andy, uno dei migliori terzini di sempre, stava per combinarla grossa, ma per fortuna tutto si è risolto. Andy, non farci più questi scherzi
Casomai torna al calcio giocato: Il piede ci delizierebbe ancora.