In 4 mesi dal Policoro al Napoli e alla doppietta in Serie A
Sono interista dal lontano 20 dicembre 1959, era domenica. Non accadde nulla di particolare in ‘quella domenica’, tranne la mia nascita e la vittoria dell’Inter a Vicenza per 2-0.

Questo giusto per identificarmi come nerazzurro da ormai quasi 60 anni. Me le ricordo, io, le due finali di ‘coppa dei campioni’, (come si chiamava allora) vinte nel ‘64 e ‘65; televisore rigorosamente a valvole (che dovevano prima riscaldarsi) in bianco e nero, enorme, alimentato da una scatola metallica rettangolare, lo ’stabilizzatore’, che evitava i numerosi e dannosi sbalzi di tensione della corrente elettrica di quei tempi. E non c’era sky o dazn o altro, ma un unico canale. In sintesi posso tranquillamente dire che, pur con le immagini sfuocate di allora, ‘io c’ero’!

Non è comunque dell’Inter che voglio parlare, tranquillizzo i sostenitori di altre squadre, ma di una bella storia, di una favola, vera. Vissuta da vicino.

Ero un bambino e la mia famiglia si trasferì a Policoro (MATERA) dove vivo ancora oggi. Fu mio padre, dirigente d’azienda ed ex calciatore semi-professionista nonché grande appassionato di calcio (e dell’Inter), a trasmettermi questo amore per il ‘pallone’ che poi si impossesserà di me in maniera prepotente. Per me, oltre alla scuola, non esisteva altro se non le partite di calcio, i palloni, le porte, le reti, gli album di ‘figurine Panini’ e, naturalmente, l’Inter e il Policoro.

La profonda passione di mio padre per il calcio lo portò a diventare presidente della locale squadra, il Policoro appunto. All’epoca, parliamo degli anni a cavallo fra la fine degli anni 60 e i primi anni 70, Policoro era un neonato paesino della costa jonica lucana, sorto nel 1959 sulle spoglie dell’antica colonia greca di Heraclea, a seguito della riforma fondiaria promossa dal governo negli anni 50 e contava allora solo qualche migliaio di veri e propri ‘pionieri’ più che abitanti.

In breve, con la passione ed i sacrifici, si arrivò ai vertici del calcio dilettantistico lucano.

Una domenica di gennaio del 1968 il Policoro, primo in classifica in promozione lucana, affrontava la U.S. Santarcangiolese (compagine di Sant’Arcangelo, paesino della provincia di Potenza) e si narrava già di un attaccante di questa squadra che faceva meraviglie…..

Quella partita la vidi ma me la ricordo poco, avevo 9 anni, so solo che mio padre rimase affascinato da tale Andrea Esposito, classe 1950, ala sinistra della U.S. Santarcangiolese. A fine partita parlò con i dirigenti di quella squadra e iniziarono così le trattative per l’acquisto del ragazzo dal sinistro micidiale. Bene, in poche settimane, terminato il campionato vinto dal Policoro, l’acquisto fu perfezionato per l’astronomica cifra di 700.000 lire (si, proprio settecentomila lire, circa 350 euro…..) ma quelli erano i prezzi allora, anzi questa cifra destò scalpore all’epoca, per un ragazzo neanche ventenne.

Andrea Esposito (per noi ragazzi era e sarà sempre solo ‘Esposito’) venne quindi al Policoro che si apprestava a partecipare all’Eccellenza lucana a girone unico regionale. Anticamera della IV serie o serie D, l’omologa dell’attuale serie C2. Esposito non tradì le aspettative e cominciò a segnare gol a raffica, fu capocannoniere e grazie ai suoi gol il Policoro (neanche 5.000 abitanti), vinse il campionato e si presentò alla ribalta del calcio semiprofessionistico della serie D, misurandosi con ‘squadroni’ come Matera, Brindisi, Trani, realtà per noi inimmaginabili.

Alla fine di quel primo anno in serie D, retrocedemmo all’ultima giornata in un match casalingo ‘epico’ col Matera. C’era in palio la salvezza (per noi) o la promozione in serie C (per il Matera). Vinsero loro 1-0 al termine di una vera ‘battaglia’ calcistica.

L’anno successivo fummo ri-promossi in serie D e questa volta grazie anche alle 18 reti di Esposito ci salvammo, teniamo presente che allora i gironi erano a 16 squadre.

Fu l’anno della consacrazione del ragazzo di Sant’Arcangelo, Andrea Esposito, classe 1950. Molte squadre di categorie superiori gli avevano messo gli occhi addosso e avevano sguinzagliato i loro osservatori. Tra queste il Napoli. Il Napoli del presidente Ferlaino, di Altafini, Zoff, Juliano, Sormani….i soli nomi ci mettevano soggezione! In paese non si parlava d’altro…..

La trattativa prese piede, gli fecero un provino nientemeno che al mitico ‘San Paolo’ e dopo aver sparato un paio di cannonate a Dino Zoff che neanche le vide, Andrea fu preso. L’operazione, che sembrava destinata a chiudersi in breve, prese invece una strada contorta. I dirigenti ‘sornioni’ del Napoli per tirare sul prezzo, sapendo di avere a che fare con una squadretta di provincia, tardarono a chiudere la trattativa fino all’ultimo minuto prima della chiusura delle contrattazioni (ci fu un vero e proprio inseguimento dei dirigenti del Policoro a Ferlaino fino nelle cucine dell’hotel di Viareggio dove allora si svolgeva il calciomercato) ma alla fine, si riuscì a chiudere per 20.000.000 di lire (anche se qualcuno giura di meno….). Cifra ragguardevole per l’epoca, che permise al Policoro di ripianare i debiti di quella stagione in serie D e programmare la successiva.

Ovviamente dopo il passaggio di Esposito al Napoli che fece epoca, il Policoro, che giocava ancora una volta in serie D, non faceva più tanta notizia, tutti (e dico tutti) i policoresi, erano sempre attaccati a radio e tv e stampa per sapere cosa accadeva a Napoli, al ‘nostro’ Andrea Esposito.

Ricordo come fosse ora la sera di agosto 1971, quando Andrea venne a casa nostra a salutare mio padre e mia madre prima di partire definitivamente per Napoli, sapeva di dovere molto a mio padre che lo aveva preso dalla Santarcangiolese e da lì tutto quel che ne seguì. Eravamo seduti in salotto e io ero ovviamente estasiato da quella visita inaspettata. Ricordo come fosse ora le parole di mio padre (veneto da generazioni ma che viveva ormai al sud da anni) col suo dialetto lucano storpiato :“guagliò mi raccomando non fa u’ fesso, questa occasione capita una volta sola nella vita e tu puoi arrivare molto lontano, dipende solo da te, non fa u’ fesso!”. Lui sorrise e annuì : “non vi preoccupate presidè, lo so, vi ringrazio di tutto e farò del mio meglio”.

Ricordo che aveva un problema ad un ginocchio già ai tempi della serie D, infatti lo portavano a Taranto presso una clinica specializzata a fare le infiltrazioni, ma era giovane e forte e reggeva lo stesso. Allora non era come oggi, un intervento al menisco ti teneva lontano dai campi per molto tempo, poi la riabilitazione ecc. insomma era una cosa seria per i mezzi della medicina dell’epoca, così si preferiva andare avanti ad infiltrazioni di cortisone, anziché operare.

L’inizio al Napoli non fu dei migliori, la concorrenza in serie A era forte e lui aveva fatto solo qualche panchina e qualche apparizione in coppa Italia. Tutti aspettavamo l’esordio in serie A!

Il 5 dicembre 1971 il napoli gioca a Vicenza per l’ottava di campionato (ancora Vicenza….come nella vittoria dell’Inter del 20 dicembre 1959). Esposito è in panchina, le cose per il Napoli di Chiappella già non andavano benissimo in campionato e quel giorno a Vicenza si rivelerà poi un incubo, fra i peggiori ricordi della storia del club partenopeo! Il Napoli sta perdendo 3-2 e finalmente Chiappella al 58° fa entrare Andrea Esposito al posto di Panzanato. Beh tutti si aspetterebbero che come nelle favole lui entra, segna 2 gol e il Napoli vince la partita……macchè, tutt’altro. Il Napoli fu bombardato e la partita terminò 6-2 per il Vicenza. Una tragedia, i tifosi erano inferociti!

Esposito però, in effetti quella mezz’ora la giocò bene, così un po’ per la crisi della squadra, un po’ perché il ragazzo fremeva e giocava bene, la domenica successiva, 12 dicembre 1971, 9° giornata, c’era Napoli-Roma, la Roma di herrera, che era in periodo ottimo di forma ed in testa alla classifica. Chiappella non sapeva a che santo votarsi…insomma una situazione critica e lo lanciò dall’inizio.

Beh, fu così che la favola prese forma, Chiappella lo mette titolare col suo mitico numero 11. Lo aveva caricato per tutta la settimana dicendogli : ” Domenica ti faccio giocare con la Roma. Fammi un gol!”

La Roma inizia bene, domina, ma le cose partite male per il Napoli, cambiano.

Al 42° Esposito, si proprio lui, il ragazzo del Policoro segna l’1 a 0.

Noi di Policoro giocavamo a Matera in campo neutro in serie D. Ricordo benissimo che un nostro tifoso all’improvviso, ascoltando tutto il calcio minuto per minuto alla radio (unica trasmissione per le notizie in diretta sul calcio di quell’epoca), comincia a saltare come impazzito gridando: ‘Esposito….Esposito….ha segnato Andrea!!!’. Noi ragazzi dapprima increduli poi come impazziti di gioia cominciammo a saltare ed abbracciarci anche noi. La favola si era realizzata, Esposito alla prima partita da titolare in serie A aveva segnato!! Non parliamo poi di cosa successe quando nel secondo tempo segnò la sua seconda rete…. Un tripudio, tanto che la gente sulla tribuna di Matera non capiva e anche le squadre in campo non si rendevano conto di cosa stesse accadendo, anche perché la partita che si disputava lì non aveva nulla di cui esultare.

Poi cominciarono a capire anche loro, nella panchina del Policoro iniziarono ad abbracciarsi e gioire per le reti di Andrea Esposito alla Roma, in serie A!

Finale: Napoli batte Roma 4-0. 2 reti di Esposito, una di Altafini e una di Pogliana.

Tornati a casa io e mio padre subito in tv a guardare ‘novantesimo minuto’ con Maurizio Barendson, registrammo le sue parole, col registratore a bobine (non esistevano i videoregistratori allora), parlò dell’impresa del ‘giovane Esposito proveniente dal Policoro che aveva segnato una doppietta alla Roma!’ Devo avere ancora da qualche parte quella bobina registrata….

Policoro era in tripudio. Fu festa appena appresa la notizia, per quella domenica sera e per alcuni giorni successivi non si parlò d’altro in paese.

Ricordo l’ora ed il punto esatto dove mi trovavo, quando pescai per la prima volta la figurina panini di Andrea Esposito con la maglia del Napoli, era introvabile e tutti noi ragazzi gli davamo la caccia, io ne trovai addirittura due quella sera, fu una gioia incontenibile per me!! Il giorno seguente ne portai una a scuola per mostrarla agli amici invidiosi e, com’era ovvio, sparì fra mille mani…..ma ne avevo un’altra a casa! (eh eh eh)

La domenica successiva, Napoli-Torino, ancora in casa. Tutti a studiare i giornali per capire che lo avrebbe marcato…. Mozzini, lo avrebbe marcato Mozzini, terzino del Torino, uno ‘tosto’.

In una favola che si rispetti, a questo punto entrano in campo il Real Madrid, il Barcellona, il Chelsea che vogliono accaparrarsi questo giovane asso. Invece non andò così.

La favola, finisce qui.

Esposito parte ancora titolare, ma il ginocchio famoso, già durante la partita con la Roma aveva fatto ancora crack. Gioca contro il Torino praticamente da fermo e viene sostituito. Fu l’ultima partita da titolare di Esposito col Napoli. A fine partita disse a Ferlaino “presidente non posso continuare così, devo operarmi al ginocchio, altrimenti faccio solo brutte figure”.

Venne operato al ginocchio, avrebbe dovuto rientrare a marzo, contro la Juventus, ma non giocò, ginocchio di nuovo gonfio. Per lui solo uno spezzone di partita nella finale di Coppa Italia a Roma, contro il Milan a campionato ormai finito.

L’anno successivo passò alla Reggina in serie B, da qui al Messina che lo girò subito al Siracusa, alla Juve Stabia…. insomma serie C, poi ancora in D, infine Eccellenza lucana. Finì la carriera, sempre tormentato dal suo maledetto ginocchio sinistro, a 44 anni, nell’Eccellenza lucana, lì da dove era partito nel lontano 1969. Un’ultima soddisfazione la ebbe, nella sua partita d’addio in Eccellenza, la sua squadra vinse 3-0 con un suo gol e una doppietta di suo figlio. Aveva espresso il desiderio di lasciare il calcio giocando insieme al figlio, magari in una partita in cui avessero segnato entrambi. Così andò.

Il 27 aprile 2018, a soli 67 anni, Andrea Esposito da Sant’Arcangelo, classe 1950, mitica ala sinistra del Policoro e del Napoli, ci ha lasciati. I ragazzi di quegli anni, tutti gli sportivi lucani e in particolar modo io che ho vissuto da vicino questa storia, non potremo mai dimenticarlo.

Ciao Andrea, eroe per un giorno.