Non è la favola dei frtelli Grimm. Non sono un asino, un cane, un gatto ed un gallo che viaggiano verso Brema a caccia della propria libertà e dignità. Erano i nuotatori della squadra azzurra, che nel freddo gennaio del 1966 perirono su di una pista di atterraggio dell'aeroporto di Brema, allora Germania comunista.
Ma un po' di musica c'era; il Festival di Sanremo era in programmazione, e con tante belle canzoni. Quell'anno vinsero Modugno e Cinquetti con "Dio come ti amo". Ma sembrava che Dio in quel momento fosse in vacanza, o seguisse altri intendimenti. 
Fu un Sanremo un po' dimenticato per alcune performance uniche. Ad esempio Lucio Dalla cantava: Paff... Bum", in coppia con gli Yardbirds, un gruppo inglese, che fu il nucleo dei futuri Led Zeppelin. E io ricordo un cantante simpatico e bravo che si chiamava Remo Germani, allora cantò "Così come viene". Un inno alla vita ed una esortazione ad uscire dalla disperazione.   

Avevo solo dieci anni, ma i ricordi tristi difficilmente se ne vanno via, te li ritrovi tutta la vita. Irruppe in piena serata il Telegiornale, con la notizia che a Brema sette nuotatori azzurri avevano perso la vita, con i loro dirigenti e con il giornalista Nico Sapio, al quale ancora oggi viene dedicato un importante meeting di nuoto. 
Bruno Bianchi, liberista e capitano della squadra, Andrea Chimisso, dorsista, Sergio De Gregorio, liberista e delfinista, Carmen Longo, ranista e mistista, Luciana Massenzi, liberista e dorsista, Chiaffredo "Nino" Rora, dorsista e liberista, Daniela Samuele, mistista e delfinista, con il loro tecnico Paolo Costoli, dovevano partecipare ad una manifestazione internazionale, che li vedeva gareggiare contro Americani, Sovietici, Tedeschi ed altre nazioni di livello mondiale.
Alcuni atleti, non avevano preso parte alla trasferta per motivi diversi, Bubi Dennerlein (napoletano), era fuori forma, Daniela Beneck aveva problemi personali, un'altra atleta non ebbe il permesso di spostare l'esame universitario. La mitica Novella Caligaris fu reputata troppo giovane. 

Le cause della tragedia non furono mai chiarite. E comunque allora la Germania Orientale, appena rinchiusa cinque anni prima dalla cortina di ferro innalzata dal muro di Berlino, era un'inesplorabile statalità graniticamente appesa alle convinzioni sulla propria sovranità politica egocentrica. Non fu nemmeno facile ottenere le salme, come se morire a bordo  di un aereo tedesco fosse una colpa e non una mancanza di qualcuno. Qualcuno ventilò grossi problemi strutturali e tecnici di quell'aereo, ma nessuno poteva indagare, il muro dei tedeschi era impenetrabile. 
Intanto il Festival continuava la sua corsa, come se nulla fosse successo, incontrando due anni dopo una tragedia tutta sua, il suicidio di Luigi Tenco, come una maledizione per non avere onorato in qualche modo le vite di quei giovani italiani, che portavano in giro per il mondo la nostra orgogliosa italianità. Erano atleti di ottimo livello, venivano da diverse città. Torino, Roma, Genova, Trieste, Venezia, alcuni di livello europeo, come Chiaffredo Rora, detentore di un record continentale, e considerato uno degli uomini di punta della nostra Nazionale. Le loro età oscillavano dai 18 anni di Daniela Samuele, ai 22 di Bruno Bianchi.  
In quel momento, vennero in mente altre tragedie, come quella di Superga del 1949, dove il Grande Torino scomparve senza neanche un sopravvissuto, oppure quella di Monaco di Baviera del 1958, dove la squadra del Manchester United fu decimata, ma si salvò da quell'incidente, insieme ad altri giocatori, un certo Bobby Charlton, futuro campione del mondo con la nazionale Inglese del 1966. Da allora, Bobby non prese più un aereo, costringendo le squadre dove giocava a viaggiare separati, lui in treno e nave, gli altri in aereo. 
Altre tragedie "sportive" si sono susseguite negli anni seguenti, La nazionale dello Zambia, la squadra brasiliana della Chapecoense, con il loro carico di giovani vite spezzate. 
Ma quella tragedia mi rimase scolpita dentro, perchè mi ero appena svegliato nell'osservazione del mondo e seppur già sapessi che la vita e la morte esistono insieme e ci camminano a fianco, mi trovai tristemente scosso. E scosso anche nel vedere che il Festival continuava imperterrito, come se quanto successo non li riguardasse, ma erano solo il ripetersi del motto Inglese: "The show must go on"; lo spettacolo deve continuare, perchè la logica del successo e del profitto non hanno regole morali stringenti, ma solo esternazioni di facciata. 

Nel 2010 Remo Germani, il mio cantante preferito di quel Festival, ci ha lasciato. E la notizia della sua dipartita da questo mondo mi ha intristito e riaperto quella vecchia ferita. Vorrei donare un fiore a quei giovani dai sogni distrutti dall'indifferenza e dalla precarietà politica di allora, dove il mondo si divideva tra destra e sinistra, senza pensare che in mezzo c'erano le vite di esseri umani e del loro futuro.
Un dolce pensiero.