Un test amichevole il Trofeo Naranja che mette alla prova un Inter ancora spuntata, senza Lukaku, e lancia di nuovo la giovane promessa Esposito.
Un trofeo che due anni fa vide il "battesimo" di quella che poi sarebbe diventata la grande Atalanta di Gasperini.

L'Inter riparte da poche certezze, una su tutte, Handanovic, un signor portiere, ha preso un difensore Top come Godin, ringiovanito la mediana con innesti di quantità e qualità ma ha ancora un grande punto interrogativo lí davanti, cancellato solo in parte dall' arrivo di Romelu Lukaku. La Milano neroazzurra forse puó permettersi il lusso di rinunciare a calciatori del calibro di Icardi Perisic e Nainggolan? Forse puó, avendo schierato in panchina il vero TOP PLAYER che si chiama Antonio Conte.

La sua Inter caratterialmente c'è e sa soffrire. L' atmosfera caliente, in tutti I sensi, del Mestalla fa da cornice a questa amichevole per niente banale che come da tradizione vede la presentazione della squadra locale di fronte al proprio pubblico.

L'Inter inizialmente, fedele al credo calcistico del suo Mister, si schiera con un 352 con D' Ambrosio a fare le veci di Godin, Dalbert e Candreva a spingere sulle fasce, in mezzo Barella e Sensi a completare la cerniera con Marcelo Brozovic. Davanti Lautaro Martinez e il jolly tuttofare Politano. 

Pronti via e l' Inter è già presa d' assalto, per due volte nei primi cinque minuti Soler va a centimetri dall'1 a 0. Per avere tracce nerazzurre bisogna aspettare il decimo minuto quando un gentile omaggio del portiere avversario Domenech favorisce Sensi non lucidissimo nell' occasione. Praticamente nulla l' intesa tra Politano e Martinez che non offrono spunti né pungono.

Il Valencia ha una marcia in piú e le sfuriate di Conte in panchina a poco servono e non bastano ad oliare meccanismi che appaiono ancora troppo inceppati. Al sedicesimo minuto Rodrigo e Soler si portano a spasso la difesa dell'Inter ma ancora non riescono a concretizzare.

Dopo venti minuti il caldo atroce frena la sfuriata dei Blanquinegres che rifiatano un po' e la partita si appiattisce fino al minuto 38 quando un indemoniato Carlos Soler si incunea tra i difensori interisti, raccoglie l' invito di Guedes e di testa firma l' 1 a 0.

Agli sgoccioli del primo tempo prova ad accendere la​ luce Sensi, uno dei piú positivi, che pesca Barella, poco cattivo nella circostanza, fermato da una prodigiosa diagonale di Gaya. L'Inter della prima frazione è tutta qui e nelle solite parate di Handanovic.

Nella ripresa gli uomini di Conte scendono in campo con un piglio leggermente piú propositivo. Le geometrie di Sensi mandano a piú riprese Candreva e Dalbert al cross ma l' area del Valencia è zona di dominio dei difensori in maglia bianca. Gli attacchi interisti sono sterili ed il Valencia a piú riprese si dimostra mortifero nelle ripartenze ma prima Handanovic e poi D' Ambrosio evitano il raddoppio. Il minuto sessanta potrebbe segnare la svolta, Lautaro resta giú e Conte in fretta e furia manda a scaldare il giovane Esposito, maglia numero SETTANTA voglia di stupire. Dall'altra parte si preparano altri due giovanissimi talenti: Kangin Lee e Ferran Torres. E gli ultimi venti minuti sono tutti di marca​​​ millennials. Prima Kangin perde un pallone che avvia il contropiede interista, palla per il frizzante Esposito che viene steso in area. Un rigore, forse generoso, che Politano realizza spiazzando Cilessen regalando un pareggio per la verità per nulla meritato. La contesa si chiude con un pallone sontuoso dello stesso Kangin che manda in porta Cheryshev, il russo salta Handanovic e chiude i giochi, se non fosse che un instancabile De Vrij si materializzasse proprio sulla linea di porta per spazzare.

Dopo una serie di rigori impeccabili da una parte e dall'altra arriva l'errore decisivo di Garay che spara in curva e consegna all' Inter il trofeo Naranja.

Una vittoria che fa morale ma che evidenzia come ancora ci siano lacune da colmare. Il carattere non basta, il tempo stringe, serve talento​​​​ e forse non solo quello di Lukaku e Godin. 

Per trovare un senso a tutta questa situazione, perché quest'Inter non si ritrovi da carnefice ad essere vittima di se stessa, per tornare grande c'è bisogno che questi colori in questa città, e no in un'altra, tornino a brillare...
Il senso forse è questo: l'Inter non vuole piú calciatori ma LEADER veri, fuori e dentro il campo.